Il medico di Papa Wojtyla:
"Vi racconto gli ultimi istanti della sua vita".
Libero - 3 aprile 2014
Il 2 aprile 2005 moriva Giovanni Paolo II. Pubblichiamo un ampio stralcio dell’intervista di Wlodzimierz Redzioch con Renato Buzzonetti, il medico personale del Pontefice che lo ha assistito nelle ultime ore. La conversazione fa parte del libro “Accanto a Giovanni Paolo II”, appena pubblicato dalle Edizioni Ares (pp. 256, euro 15,90), che contiene 22 contributi esclusivi dei più stretti collaboratori del Papa polacco, tra cui il card. Dziwisz, il card. Ruini, il card. Sodano e il «portavoce» Navarro Valls.

Il volume svela molti particolari inediti su Giovanni Paolo II: dalle gite in incognito ai divertenti aneddoti su come celebrava il Natale con la famiglia pontificia. La parte conclusiva è riservata a suor Marie Simon Pierre Normand e a Florybeth Mora Díaz, le due miracolate risultate decisive per il riconoscimento della santità del Pontefice.
Lei è stato uno dei pochissimi ad avere assistito il Santo Padre nel periodo terminale della malattia. Che cosa ricorda di quei drammatici giorni?
«Furono giorni che hanno segnato profondamente la mia vita, ecco gli appunti essenziali di quei critici momenti, ancora vivissimi nella memoria e nel cuore:
- Giovedì 31 marzo 2005, verso le 11, mentre sta celebrando la Santa Messa nella cappella privata, il Santo Padre viene colto da un brivido squassante, cui segue una grave elevazione termica e un gravissimo shock settico. Grazie alla bravura dei rianimatori in servizio, la situazione critica viene dominata e controllata ancora una volta.
- Verso le 17 circa, la Santa Messa ai piedi del letto del Papa, che sta emergendo dallo shock. Celebra il cardinale Marian Jaworski con don Stanislao, don Mietek e mons. Rylko. Il Santo Padre ha gli occhi socchiusi. Il Cardinale di Leopoli gli somministra l’Unzione degli infermi. Alla consacrazione, il Papa solleva debolmente il braccio destro due volte, per il pane e per il vino. Accenna a battersi il petto con la mano destra al momento dell’Agnus Dei.
- Dopo la Messa, su invito di don Stanislao, gli astanti baciano la mano del Santo Padre. Questi chiama le suore per nome e poi soggiunge: «Per l’ultima volta». Il suo medico, prima di baciare la venerata mano, dice ad alta voce: «Padre Santo, Le vogliamo bene e tutti Le siamo vicini con tutto il cuore»...
- Successivamente il Santo Padre, essendo giovedì, vuole celebrare l’ora di adorazione eucaristica: lettura, recita di Salmi, canti a cura di suor Tobiana.
- Venerdì 1° aprile 2005, dopo la Santa Messa da lui concelebrata, il Santo Padre alle ore 8 chiede di fare la Via Crucis (segue le 14 stazioni facendosi il segno della Croce), si associa alla recita dell’Ora terza dell’Ufficio divino e alle ore 8,30 circa chiede di ascoltare la lettura di brani della Sacra Scrittura, letti dal Padre Tadeusz Styczen. L’assistenza medica continua senza sosta.
- Sabato 2 aprile, viene celebrata la Santa Messa ai piedi del letto del Santo Padre, a cui egli partecipa attentamente. Al termine Giovanni Paolo II, con parole biascicate e quasi non intellegibili, chiede la lettura del Vangelo di San Giovanni, che padre Styczen compie devotamente per nove capitoli. Uomo contemplativo, con l’aiuto dei presenti, recita le preghiere del giorno sino all’Ufficio delle letture dell’imminente domenica.
- Verso le 15,30, il Santo Padre sussurra a suor Tobiana: «Lasciatemi andare dal Signore...» in lingua polacca. Don Stanislao mi riferisce queste parole solo pochi minuti dopo».
Ha detto proprio così?
«Queste parole furono il suo «consummatum est». Non costituivano una resa passiva alla malattia né una fuga dalla sofferenza, ma dicevano la consapevolezza profonda di una Via Crucis che ormai si avvicinava al traguardo finale: l’incontro con Dio. Giovanni Paolo II non voleva ritardare questo appuntamento atteso fin dagli anni della prima giovinezza. Per questo lui aveva vissuto. Furono, dunque, parole di attesa e di speranza, di rinnovato e definitivo abbandono nelle mani del Padre.

Nelle stesse ore io e gli altri colleghi presenti dovemmo costatare che la malattia si avviava inesorabilmente verso l’ultima fase del suo corso. La nostra era stata una battaglia condotta con pazienza, umiltà e prudenza, ma estremamente difficile, perché eravamo tutti ormai intimamente convinti che si sarebbe conclusa con la sconfitta. La razionalità tecnica, la coscienza e la saggezza dei medici, l’illuminato affetto dei famigliari furono costantemente orientati dal totale e misericordioso rispetto per l’uomo sofferente. Non ci fu il cosiddetto accanimento terapeutico».
Potrebbe continuare con la cronaca di quanto avvenne la sera del 2 aprile?
«- Dopo le 16 il Santo Padre si assopisce e perde progressivamente coscienza.
- Verso le 19 entra in coma profondo e poi in agonia. Il monitor registra il progressivo esaurimento dei parametri vitali.
- Alle ore 20 inizia la Messa celebrata ai piedi del letto del morente Pontefice. Celebra mons. Dziwisz insieme con il cardinal Jaworski, don Mietek e mons. Rylko. Canti polacchi s’intrecciano a quelli che giungono dalla piazza San Pietro gremita. Un piccolo cero brilla sul comodino accanto al letto.
- Alle 21,37 il Santo Padre muore. Dopo pochi minuti di stupito dolore, viene intonato il Te Deum in lingua polacca e dalla piazza, d’improvviso, si vede illuminata la finestra della stanza da letto del Papa».
Lei fu testimone dell’agonia e della morte del Vicario di Cristo.
«È stata la morte di un uomo spogliato ormai di tutto, che aveva sperimentato le ore della battaglia e della gloria e che si presentava nella sua nudità interiore, povero e solo, all’incontro con il suo Signore. In quell’ora di dolore e di stupore, ebbi la sensazione di trovarmi sulle sponde del lago di Tiberiade.
Tutta la storia sembrava azzerata, mentre Cristo si accingeva a chiamare il nuovo Pietro. La linea isoelettrica dell’elettrocardiotanatogramma registrava la fine della grande avventura terrena di un uomo già invocato Grande e Santo dal popolo di Dio, ma sembrava delineare un nuovo orizzonte, aperto verso un futuro ch’era già cominciato».
A cura di Wlodzimierz Redzioch

 

 

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