Lo cita in continuazione. Lo combatte senza risparmio. Non lo ritiene affatto un mito, ma una persona reale, il più insidioso nemico della Chiesa
ROMA, 13 maggio 2013 – Nella predicazione di papa Francesco c'è un soggetto che ritorna con sorprendente frequenza: il diavolo.
È una frequenza pari a quella con cui lo stesso soggetto ricorre nel Nuovo Testamento. Ma nonostante questo, la sorpresa resta. Se non altro perché con i suoi continui richiami al diavolo papa Jorge Mario Bergoglio si distacca dalla predicazione corrente nella Chiesa, che su di lui tace oppure lo riduce a metafora.
Anzi, è tanto diffusa la minimizzazione del diavolo, che essa proietta la sua ombra sulle stesse parole del papa. L'opinione pubblica sia cattolica che laica ha registrato finora con noncuranza questo suo insistere sul diavolo, o al più con indulgente curiosità.
Invece una cosa è certa. Per papa Bergoglio il diavolo non è un mito, ma una persona reale. In una delle sue omelie mattutine nella cappella della Domus Sanctae Marthae, ha detto che non solo c'è un odio del mondo verso Gesù e la Chiesa, ma che dietro a questo spirito del mondo c'è "il principe di questo mondo":
"Con la sua morte e resurrezione Gesù ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. L’origine dell’odio è questa: siamo salvati e quel principe del mondo, che non vuole che siamo salvati, ci odia e fa nascere la persecuzione che dai primi tempi di Gesù continua fino a oggi".
Al diavolo bisogna reagire – dice il papa – come ha fatto Gesù, che "ha risposto con la parola di Dio. Con il principe di questo mondo non si può dialogare. Il dialogo è necessario fra noi, è necessario per la pace, è un atteggiamento che dobbiamo avere tra noi per sentirci, per capirci. E deve mantenersi sempre. Il dialogo nasce dalla carità, dall’amore. Ma con quel principe non si può dialogare; si può soltanto rispondere con la parola di Dio che ci difende".
Francesco parla del diavolo mostrando di avere chiarissimi in testa i suoi fondamenti biblici e teologici
Le bacchettate di Papa Francesco
“Ci sono anche i cristiani da salotto, no? Educati, tutto bene, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annuncio e con il fervore apostolico”. La “bacchettata” di Papa Francesco questa volta è toccata al popolo dei fedeli, quelli “da salotto” appunto, cattolici solo per moda, che per questo Pontefice avrebbero bisogno di una bella strigliata.
Parole chiare, dirette, Bergoglio non usa mezzi termini, va dritto al problema. Proprio come quando aveva chiesto, sempre ai cristiani, di non lamentarsi, ma di affrontare il dolore con gioia. Metodi bruschi per un Papa dirà qualcuno, ma efficaci, da buon vecchio gesuita, dirà certamente qualcun altro, per arrivare al nocciolo del problema e affrontarlo subito, senza perdite di tempo.
E nei suoi primi 60 giorni di governo infatti Francesco non ha perso tempo, ha cercato di dare speranza ai più deboli ma ha soprattutto cercato di dare un vero scossone al mondo cattolico e non solo. Nel mirino di Bergoglio sono finite svariate categorie sociali che di giorno in giorno son diventate protagoniste nei discorsi del papa argentino. Le parole del Pontefice hanno toccato proprio tutti: dai vescovi alle suore, dai burocrati del Vaticano ai governanti e ai ricchi e potenti di tutto il pianeta.
In una delle sue ultime omelie Francesco si è rivolto a preti e vescovi, ribadendo quei concetti che erano arrivati già nei primissimi giorni successivi all’”Habemus Papam”: no agli arrampicatori, no al carrierismo, no ai conti in banca, perché fanno male alla Chiesa. Oppure parlando alle suore, nei giorni scorsi, il Papa aveva chiesto: “siate madri, non zitelle”, invitando le consacrate a sentirsi più appartenenti alla Chiesa.
Un Pontefice dal pugno duro e che non fa sconti quindi, abituato a vivere in mezzo ai poveri di Buenos Aires che non accetta oggi di veder ricchezze e opulenza tra gli ecclesiastici. E non solo: chi sta in alto, i potenti, devono essere al servizio dei più deboli, ha ripetuto più volte Francesco, “il denaro deve servire e non governare”, ha ribadito ieri invocando una riforma finanziaria.
Parole da “rivoluzionario” che suonano come il desiderio di un anziano pontefice: quello di voler provare a cambiare qualcosa e ritrovare quel famoso vento di cambiamento che aveva iniziato a soffiare con Giovanni Paolo II e che oggi con Francesco potrebbe trovare ancora più vigore.