Fra due settimane, il mondo celebrerà la Pasqua, memoria della resurrezione di Cristo,
fondamento della fede cristiana. Vengono in mente le parole di Paolo (di Tarso): «Senza la resurrezione,
vana sarebbe la nostra fede». Come dargli torto?
La Chiesa si accinge a riproporre solennemente i riti della settimana santa: occasione per
riflettere sul mistero di Cristo.
Eppure il mondo attorno a noi appare distante, indifferente: quasi persuaso, in cuor suo, di poterne
fare a meno, accontentandosi (chi più chi meno) di quanto l’organizzazione sociale della vita offre già.
Abbiamo allora cercato chi - non accontentandosi - ha scelto “diversamente”. In particolare abbiamo
voluto incontrare Suor Maria Maddalena, claustrale nel Monastero Francescano di Dugnano. Di lei ci
aveva colpito una frase pronunciata, più di un anno fa, durante la celebrazione della sua
Professione religiosa:
«Grazie al cielo mi sono liberata degli affanni del mondo che voi ben conoscete». L’abbiamo incontrata
nel parlatorio del monastero. Una donna minuta, vivace, che - come un fiume in piena - ci ha raccontato
la sua vita cominciata a Desio, 43 anni fa, in una famiglia semplice (padre operaio,
mamma casalinga, seconda di tre sorelle). Una vita intensissima. È lei stessa a raccontarcela,
facendo subito una premessa.
«Noi viviamo spesso in un inganno. La menzogna è pensare alla vita come un prodotto da consumare.
E al mondo come un grande ipermercato dove puoi acquistare quello che vuoi, quello che ti serve o ti piace.
E per far questo, noi stessi, siamo disposti a diventare un “prodotto” che il mondo può vendere e consumare.
Non è un pensiero filosofico: è stata la mia prima vita. Nata in una famiglia cattolica, quando avevo
15 anni, mio padre si ammalò gravemente. Toccò anche a me affrontare il mondo, cercare un lavoro,
un reddito. Lavorare di giorno e studiare la sera. Tre anni di istituto professionale per diventare arredatrice.
Trovai occupazione in uno studio d’architettura importante. Un ambito estremamente gratificante: avevo a
che fare con personaggi molto in vista della città in cui vivevo. Rapporti giusti, frequentazioni giuste:
impensabili per una del mio ceto sociale. Mi pareva tutto un altro mondo: scintillante, inebriante per la
sensazione che dava e il gusto di poter avere tutto, di essere qualcuno che contava davvero. L’unica cosa
che non reggevo erano le otto ore passate al tecnigrafo. Allora non c’erano computer per disegnare.
Cercai altro, frequentai una scuola per diventare igienista dentale. Allora, in tutta Italia erano solo due
le scuole con questo indirizzo. Mi diplomai e divenni libera professionista. Lavorai per diversi studi dentistici.
Ero bravissima nel mio lavoro. Un “prodotto” apprezzato per qualità ed efficienza. Pronta a lavorare anche
sabato e domenica. Frequentavo medici famosi, clienti facoltosi. Guadagnavo bene, benissimo, tanto da
permettermi casa, auto, vacanze. Non mi facevo mancare nulla, ero interessata a tutto: libri, archeologia,
incontri filosofici, organizzavo feste mondane. Avevo molti amici, un uomo da amare. E nonostante non mi
sentissi ancora appagata, l’unica preoccupazione era difendere, conservare quell’immagine di successo
che mi ero costruita. L’apparenza lacera l’esistenza…, ed ero ormai lontanissima dalla mia famiglia, da ciò
in cui credevano mio padre e mia madre.
Poi, a 26 anni, dopo una serata trascorsa ad un piano-bar, improvvisa una malattia cronica, degenerativa.
Dolori lancinanti, morfina, chemioterapia, farmaci, controlli medici, ospedali.
Il “prodotto” si era guastato. Non era più né efficiente né efficace. Non più adatto all’ipermercato. Gli amici
più cari, i colleghi si allontanarono. Chi ritrovai vicino furono innanzitutto i miei familiari. Nonostante le
amarezze che avevo loro procurato. Poi, l’incontro con un amico di famiglia, un Capitano dei carabinieri,
un uomo di fede e di preghiera. Mi vide, si accorse del mio stato, mi invitò a pregare. Mi fidai di lui, mi
ritrovai a Lourdes al posto suo. Non pensavo a guarigioni. Ci ero andata solo fidandomi di lui. Mi ritrovai
in quella grotta e, senza sapere perché, mi sorpresi a piangere a dirotto. Mi ero sentita come “abbracciata”,
da Maria. Provai, uscendo dall’acqua, una strana sensazione che non so descrivere.
Tornai a casa, pronta a riprendere le mie cure, i miei esami. Soltanto dieci giorni dopo ci si accorse
che stavo guarendo da quella malattia che per sette anni mi aveva tormentato. Ricordo ancora lo shock
del medico, la commozione di amici e parenti. Vidi che ciò che mi era accaduto diventava motivo
di “conversione”, del loro ritorno alla fede in Dio. Cambiarono tutte le mie amicizie, cambiò la mia vita.
Ripresi a lavorare come baby-sitter, per soli 400 euro al mese. Quei bambini, nonostante la malizia di cui
sono capaci, mi hanno fatto riscoprire il dono della “semplicità”. Anche l’uso del mio tempo libero cambiò.
Invece che alle Maldive, ad Assisi. Cercavo una risposta, un segno. Entrai in un monastero: non c’ero mai
entrata prima. Vidi, sul viso di una giovane suora, una luce, una pace, una felicità, una libertà mai vista prima.
Rimasi come folgorata da quella bellezza. Piansi. Non capii subito, ma lì iniziò quel cammino che mi ha portato
fin qui. Quello che desidero ora è essere un dono d’amore per gli altri. Lo stesso amore con cui Gesù, il buon pastore, mi ha cercato, preso sulle spalle, lavata, guarita, adornata a festa, sposata. Lo dico sempre ai ragazzi che vengono al monastero. Gesù non è un personaggio dei fumetti: Gesù c’è davvero e ama ciascuno di noi così come siamo, menzogne ed iniquità comprese. Per questo il mio nuovo nome è ora Suor Maria Maddalena di Gesù».
Il racconto è finito. Ringraziando mi accingo ad uscire, non senza registrare le poche parole con cui Suor Maria Anita ha partecipato al colloquio.
«Agli uomini del nostro tempo, apparentemente contenti di ciò che il mondo regala loro, direi che occorre
ritrovare il coraggio di dirsi la verità, domandandosi se questo “accontentarsi” soddisfa davvero il loro cuore.
Di non trascurare il loro desiderio di felicità, di “redenzione”. Di guardarsi attorno, perché Dio si fa incontro a ciascuno di noi attraverso le persone, attraverso un sorriso più che mille prediche. E che, oggi come ieri, ci
sono dei San Paolo che cadono da cavallo».
Salutiamo con affetto Suor Maria Maddalena di Gesù per la sua testimonianza...........