Convertiti dalla paura
Quanto bene possa fare il pensiero dell'inferno ce lo dice quanto avvenne ai funerali di un famoso maestro della Sorbona di Parigi, Raimondo Diocré. L'episodio, clamoroso e famoso, fu, al dire di P. Tomaselli, riportato dai Bollandisti e analizzato rigorosamente in tutti i suoi particolari. Lo riportiamo qui nelle sue linee essenziali. Alla morte del famoso professore, avvenuta a Parigi, si prepararono solenni funerali nella Chiesa di Notre Dame.

Vi parteciparono professori e uomini di cultura, autorità ecclesiastiche e civili, discepoli del defunto e fedeli di ogni ceto. La salma, collocata al centro della navata centrale, era coperta da un semplice velo. Si iniziò a recitare l'ufficio dei defunti; arrivati alle letture bibliche, e precisamente alle parole: "Responde mihi: Quantas habeo iniquitates et peccata... " (Rispondimi, fammi capire, quante iniquità e peccati io ho…), si udì una voce sepolcrale uscire da sotto il velo: "Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato!". Con sgomento e paura si tolse il velo, ma la salma era ferma e immobile. Si riprese l'ufficiatura interrotta fra il turbamento generale. Arrivati al versetto predetto, il cadavere si alzò a vista di tutti e gridò: "Per giusto giudizio di Dio sono stato giudicato!". Spavento e terrore si impadronirono di tutti. Alcuni medici si avvicinarono allora alla salma ripiombata in piena immobilità, ma constatarono che il morto era veramente morto. A questo punto non si ebbe il coraggio di continuare il funerale, e si decise di rimandarlo all'indomani.
 Le autorità ecclesiastiche non sapevano cosa fare; alcuni dicevano: “È dannato e perciò non si può pregare per lui”; altri invece dicevano: “Non si può ancora parlare di dannazione certa, pur essendo stato accusato e giudicato”. Il Vescovo ordinò che si riprendesse a recitare l'ufficio dei morti. Ma al famoso versetto, nuovamente il cadavere si alzò e gridò: "Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all'inferno per sempre!". Ormai era sicuro che il defunto era dannato. Il funerale cessò e si credette bene di non seppellire la salma nel cimitero comune. Tra i presenti c'era un certo Brunone, discepolo e ammiratore di Diocré, che rimase profondamente scosso da quanto accaduto. Pur essendo già un buon cristiano, risolvette di abbandonare tutto e darsi alla penitenza. Con lui altri decisero la stessa cosa. Brunone divenne il fondatore dell'Ordine dei Certosini o Trappisti, Ordine tra i più rigorosi della Chiesa Cattolica. Ma a dissipare ogni dubbio e perplessità, è sufficiente ricordare che di inferno ha parlato   in  modo molto chiaro la stessa Vergine Santissima ai piccoli pastorelli di Fatima (  dieci, sette e  cinque anni). In merito già Paul Claudel diceva: "Una cosa mi turba profondamente ed è che i sacerdoti non parlano più dell'inferno. Lo si passa pudicamente sotto silenzio. Si sottintende che tutti andranno in Cielo senza alcuno sforzo, senza alcuna convinzione precisa. Non dubitano nemmeno che l'inferno sta alla base del Cristianesimo, che fu questo pericolo a rendere necessaria l’Incarnazione del Verbo e che la metà del Vangelo fa continui riferimenti a questa tragica realtà”.
Se io fossi un predicatore, proverei in primo luogo il bisogno di avvertire il gregge addormentato dello spaventoso pericolo che sta correndo: l’eterna dannazione.

 


Una breve riflessione sull’inferno
Prima di procedere oltre è il caso di chiedersi: è bene o è male riflettere sull'inferno? La domanda si impone perché, in tempi in cui tutto è visto e risolto all'insegna di un buonismo ad oltranza, incalza sempre più la protesta di tanti che ritengono inopportuno se non addirittura dannoso, almeno per alcune classi di persone, indugiare su certi argomenti. Per esempio, non si ripete un po' dappertutto che ai piccoli non si deve parlare dell’ inferno per non terrorizzarli? Non si sostiene continuamente che agli uomini bisogna parlare di amore e non di timore? Innanzitutto queste proteste o obiezioni spesso sono ipocrite e pretestuose. Si afferma,come citato sopra, che non si devono spaventare i piccoli col pensiero dell'inferno e poi si mostrano loro, specie alla televisione, cartoni animati e film con mostri spaventosi e  scene di orrore ben più devastanti. Si pensi pure a certe feste diffuse e incoraggiate in tutti i modi, come Halloween, o a certe pratiche come le sedute spiritiche, sataniche e simili, organizzate purtroppo anche per i bambini! Diremo poi che, naturalmente, dette proteste sono spesso in pieno contrasto con quanto suggeriscono le Scritture e il comportamento dei Santi. In verità, usando discrezione e prudenza, si possono e si devono insegnare, magari gradualmente, anche le più crude verità, perché anche queste appartengono al deposito delle verità in cui  credere per la salvezza eterna. Vediamo, ora, in breve perché è salutare intrattenere mente e cuore nella considerazione dell'inferno. Dalle innumerevoli e più diverse esperienze dei Santi si ricava la certezza che il pensiero dell'inferno fa bene. Cominciamo con l’esempio di Santa Teresa D’Avila e ascoltiamo le sue parole: "Mi accade intanto che quando sono afflitta da qualche contraddizione o infermità, basta che mi ricordi di quella visione perché, le mie sofferenze,mi sembrino subito cose da nulla, persuadendomi che ce ne lamentiamo senza motivo". E aggiunge: "Questa (la visione e la discesa all'inferno) fu una delle più grandi grazie che il Signore m'abbia fatto, perché mi ha giovato moltissimo per non temere le pene della vita e per incoraggiarmi a sopportarle”.
 Anche Santa Faustina Kowalska afferma: "Scrivo questo (allude alla descrizione di quanto ha visto e sofferto nello scendere all’inferno per ordine di Dio) affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina Kowalska, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l'inferno".
 La storia dunque insegna che furono tanti i Santi che, per timore dell'inferno, ritrovarono la via del bene e della salvezza. Si pensi all'impressione salutare che ancora suscita il Quadro dell'anima dannata che è nella Chiesa dei Lazzaristi a Napoli: una grande immagine del Crocifisso, in carta incollata su tela, con il bordo inferiore bruciato dall'impronta delle mani infuocate di una dannata che sarebbe apparsa al suo amante nel 1711 a Firenze.
In conclusione, anche il parlare di inferno è misericordia di Dio. Salva più anime il pensare e parlare dell'inferno che il predicare per ore l’amore, credetemi.

 

L'inferno visto da Santa Teresa d'Avila


 

Nella visione della Santa si evidenziano vari e importanti elementi riguardanti l'inferno:
a) Il luogo dove si troverebbe l'inferno, il cui ingresso è costituito da un cunicolo lungo, è stretto, simile a un forno basso, buio e angusto. Un luogo pestilenziale dove non c'è più né speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendersi. Il suolo, tutto melma puzzolente, è pieno di rettili schifosi. Non c'è luce, ma tenebre fittissime e intanto tutto ciò che può dar pena alla vista si vede ugualmente.
b) Le pene sofferte dai dannati. L'anima è investita da un fuoco che Teresa non sa descrivere; il corpo (la Santa è lì con l'anima e il corpo) è straziato orrendamente da dolori intollerabili. Ma tutto questo è ancora niente di fronte all'agonia dell'anima che soffre un'oppressione, un'angoscia, una tristezza e un vivo e disperato dolore "che non so - dice la Santa – come esprimermi ". "Dire che si soffrano continue agonie di morte è poco, perché almeno in morte pare che la vita ci venga strappata da altri, mentre qui è la stessa anima che si fa in brani da sé. La sofferenza più atroce è il pensiero che queste pene non hanno né fine né mitigazione alcuna". I supplizi peggiori sono il fuoco e la disperazione interiore. Le pene e le afflizioni sono sentite in spirito ma si soffre veramente, come se si soffrisse nel corpo.
c) Dette pene sono tali da superare ogni umana immaginazione: a paragone di esse, le sofferenze più atroci di questa terra sono un niente. Quanto vien detto sull'inferno e i suoi supplizi non ha nulla a che vedere con la realtà, perché totalmente diversa. È certo che "quanto si medita sui tormenti dell'inferno, su quello che i demoni fanno patire, o che si legge nei libri, non ha nulla a che fare con la realtà, perché totalmente diversa, come un ritratto messo a confronto con l'oggetto ritrattato. Quasi neppure il nostro fuoco si può paragonare con quello di laggiù ".
d) Oltre ai castighi diciamo così comuni per tutti i dannati, ci sono pure spaventosissimi castighi per ogni vizio particolare.
e) È la stessa anima dannata che si dilania, che si fa in brani da sé. "Non vedevo - dice la Santa - chi me li faceva soffrire (detti tormenti), ma mi sentivo ardere e dilacerare, benché il supplizio peggiore fosse il fuoco e la disperazione interiore".

 


Santa Veronica Giuliani
 

Ed ecco adesso in breve quanto di più notevole si ritrova nelle visioni di Santa Veronica:
a) L'inferno è luogo “oscurissimo” ma dà incendio come fosse una gran fornace. In tutte le altre visioni il paesaggio, per così dire, è sostanzialmente sempre quello, anche se cambiano alcuni dettagli. Anche quando si ritrova in un luogo deserto, oscuro e solitario essa non sente altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi che, ad ogni colpo, sembrava sprofondasse tutto il mondo. Come quando si ritrova "in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti... Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme... La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili". Si tratta sempre di inferno come dice Gesù: "Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Così il tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno ". Tormento per i dannati è appunto la giustizia di Dio e il rigoroso suo sdegno.
b) I dannati sono coloro che hanno rifiutato Dio e la sua legge, e hanno scelto di servire il proprio io. I demoni li tengono come bestie legate di diversa specie. Bestie che, in un subito, divengono agli occhi della Santa creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che le davano più terrore che non gli stessi demoni. La Santa li vede precipitare, dannati per sempre, in quell'abisso come una pioggia. L'inferno, secondo la Santa, lo si merita soprattutto per il peccato di ingratitudine. Le anime cioè, pur essendo nell'abbondanza di tanti beni, quasi mai sanno riconoscere la provenienza e quasi mai si ricordano di Colui che tutto ha fatto e ha donato.
c) Anche all'inferno c'è un ordine: chi ha peccato di più ed è più gravemente responsabile, soffre più spaventosamente degli altri che hanno peccato meno e con meno responsabilità. Per S. Veronica esiste un inferno superiore, cioè l'inferno benigno, e un inferno massimo. Esistono perciò vari reparti, raffigurati forse in quelle montagne, l'una diversa dall'altra, dalle quali i dannati si precipitano nell'abisso. Infatti la montagna si spalanca e nei suoi fianchi aperti la Santa vede una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestano le anime le quali urlano disperate. A questa montagna seguono altre montagne più orride, le cui viscere sono teatro di atroci e indescrivibili supplizi. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. "E a quest'arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati". In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l'inferno. All'improvviso il torchio piomba sulle anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell'altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi non conformi al Vangelo, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d'un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d'immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. "I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai un vivente può immaginare".
d) Nel fondo dell'abisso ci sono i gerarchi dell'inferno. Qui, infatti, la Santa vede un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell'abisso. La Santa nota che il muto cuscino della sedia erano Giuda e altre anime disperate come lui. Alla domanda agli angeli di chi fossero quelle anime, ella riceve questa terribile risposta: "Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi". Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati.
e) La visione di Satana forma il tormento dell'inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Qui i beati sono felici nella visione di Dio che è la fonte e la radice di tutti i loro beni; nell'inferno i dannati, oltre ad essere tormentati incredibilmente dai demoni che dispensano pene e sofferenze inaudite nel loro odio, soffrono indicibilmente soprattutto per la visione di Satana, il loro massimo nemico e artefice in parte della loro dannazione.
f) Nell'inferno vi è pure la pena dei sensi: la Santa parla di fiamme e fuoco, di stridi e rumori, di fetore e fumo orrendo. Pene da non potersi paragonare a nessuna pena della terra. Grande mistero l'inferno e terribile realtà. "Molti - come disse la Madonna a Sr. Veronica - non credono che vi sia l'inferno, ed io ti dico che tu medesima che ci sei stata non hai compreso niente di cosa sia".

 


Beata Caterina Emmerick

 


a) L'inferno è un immenso antro tenebroso, illuminato appena da una scialba luce quasi metallica. All'entrata ci sono enormi porte nere con serrature e catenacci incandescenti. All'inferno si sprofondano cavernose prigioni, si estendono orrendi deserti, laghi smisurati rigurgitanti di mostri paurosi, orribili.
b) I demoni sono imprigionati dentro una sfera, che risulta di tanti settori concentrici. Al centro dell'inferno si sprofonda un abisso tenebroso, dov'è precipitato Lucifero in catene, e dove sta immerso tra cupi vapori.
c) L'inferno è un carcere di eterna ira dove si soffrono supplizi in una indefinita varietà di manifestazioni e di pene. E perciò urla di orrore si elevano senza posa da quella voragine paurosa. In questo mondo di desolazione e di tenebre, si dibattono esseri discordi e disperati. Questi hanno sempre presente il pensiero che i tormenti sofferti sono il frutto naturale e giusto dei loro misfatti.
d) Quanto si sente e si vede di orribile nell'inferno è l'essenza, la forma interiore del peccato rivelato appieno in tutta la sua spaventosa virulenza.
e) L’inferno è l'opposto del cielo: il cielo è come un giardino bellissimo di fiori e di frutti squisiti che comunicano la vita. La vita eterna è come alimentata da un cibo... Siamo di fronte all'albero della vita, come lo era già nell'Eden? La visione della Emmerick presenta tratti teologici molto originali.


L'inferno visto dai tre veggenti di Fatima


 

a) L'inferno appare come un grande mare di fuoco nel quale sono immersi demoni e dannati e nel fuoco ondeggiano nell' incendio, sollevati dalle fiamme, cadendo da tutte le parti.
b) I dannati emettono grida e gemiti di dolore e di disperazione che terrorizzano e fanno tremare di paura.
c) Demoni e dannati appaiono come braci di forma umana, trasparenti e nere o abbronzate. I demoni si distinguono per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di bracia. Le differenze notate (come braci trasparenti e nere o abbronzate) rispondono molto probabilmente alle diverse forme di tormenti dati per i peccati specifici. Oppure vogliono contrassegnare la maggiore o minore colpevolezza dei dannati.
d) Dai demoni e dannati escono fiamme e nuvole di fumo. Evidentemente il fuoco infernale permea tutto l'essere, quasi come ad identificarsi con esso. Da notare che la tenera età dei veggenti non ha impedito alla Madonna di presentare loro uno spettacolo così orrendo. Ciò dice qualcosa a una certa pedagogia che, per risparmiare alle anime uno spavento salutare, lascia che esse corrano il rischio della dannazione eterna.


L'inferno visto da Santa Faustina Kowalska

 


a) L'inferno è un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Orribili caverne e voragini di tormenti dove ogni supplizio si differenzia dall'altro.
b) Le pene principali che straziano i dannati sono sette. La perdita di Dio: è la cosiddetta pena del danno, quella che costituisce veramente l'inferno; i continui rimorsi di coscienza. I dannati saranno torturati dal ricordo dei peccati commessi, dal ricordo dei tanti aiuti ricevuti e non accettati. Avrebbero potuto salvarsi così facilmente e invece... La consapevolezza che tale stato spaventoso non cambierà mai. La tremenda disperazione con l'odio contro Dio e le bestemmie e le imprecazioni. Essi saranno sempre lontani da Dio e nel fuoco. Non usciranno più da quel carcere di disperazione e di morte. Il fuoco: è la pena che riassume tutte le pene che vanno sotto il nome di "pena del senso", quel fuoco puramente spirituale, acceso dall'ira di Dio che penetra l'anima senza annientarla. Con il fuoco c’è l'oscurità continua con un orribile fetore soffocante e la compagnia continua di satana.
c) Queste sono pene che soffrono tutti i dannati, ma non è questa la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima, a seconda del peccato commesso, viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. E qui Suor Faustina aggiunge: quanto rivelato e scritto sull'inferno è solo una pallida ombra della realtà.

 

 

 

 

 

 

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