1 - SAN GIUSEPPE

Andate a Giuseppe. Gen, 41, 55.

1. Andiamo a Giuseppe.

È volontà di Gesù, è desiderio di Maria. Tutto circondato d'umiltà e di silenzio, Giuseppe è un gran dono che il Cielo ha fatto all'umanità, la quale ha tanto bisogno di rac­cogliersi nell'umiltà e nel silenzio. Giuseppe dà al mondo una grande lezione: le cose più grandi, le cose più belle non sono quelle che gli uomini ammirano, che gli uo­mini magnificano, bensì quelle che il Signo­re guarda con compiacenza, perché gli ralle­grano il cuore.

Giuseppe ha rallegrato il cuore di Dio.

2. Andiamo a Giuseppe per fargli onore.

Egli ne ha diritto; non solo perché la glo­ria e la gioia che egli ha tributato al Signore meritano anche quaggiù il loro plauso, ma anche perché, glorificando lui, noi im­pareremo a glorificare il Signore ed a porre i nostri affetti là dove è bene stabilirli.

Giuseppe, discendente di stirpe regale, custode dei più preziosi oggetti d'amore del­la terra e del Cielo, Giuseppe passa quaggiù quasi in punta di piedi, incurante di sé, e tutto assorto nella sua eccelsa missione.

La volontà di Dio è la sua luce.

3. Andiamo a Giuseppe per averlo pro­tettore.

Giuseppe, fedelissimo al Signore, sarà fe­dele anche ai suoi fratelli. Egli sa, pur negli splendori di Dio, quella che è la nostra batta­glia: sa le infermità e le miserie nostre.

E siccome egli custodì per ciascuno di noi il pegno della redenzione, Gesù Salvatore, a Gesù, alla salvezza, vuol condurre noi suoi poveri figliuoli, incerti, turbati e forse catti­vi. Andiamo, andiamo a Giuseppe.

O Giuseppe santo, modello singolare di vita secondo Dio, modello che Egli ci ha dato per dimostrarci la pia semplicità della vita che a Lui piace, guarda a noi con cuore pa­terno, a noi che nel tuo mese vogliamo onorarlo per imparare ad onorare il Signore. Ac­coglici dunque, ed aiutaci con amorosa cu­stodia: insegnaci ad amare, insegnaci a sa­crificarci per il tuo Gesù, frutto benedetto del seno di Maria.

LETTURA

Ecco come santa Teresa di Gesù, la rifor­matrice del Carmelo, nella sua «Vita» parla della devozione a san Giuseppe:

Io presi per mio avvocato e patrono il glorioso san Giuseppe, e mi raccomandai a lui con fervore. Questo mio padre e Protetto­re mi aiutò nella necessità in cui mi trovavo e in molte altre più gravi, nelle quali era in giuoco il mio onore e la salute dell'anima mia.

Ho visto chiaramente che nel suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo fin'ora d'averlo pre­gato di alcuna grazia senza averla subito ot­tenuta.

Ed è cosa che fa veramente meraviglia il ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli sia di anima che di corpo da cui, per l'intercessione di questo Santo, mi ha liberata. Sembra che ad altri Santi Iddio abbia concesso di far grazie soltanto in questa o in quell'altra necessità. Il glorioso san Giuseppe invece - ed io lo so per esperienza - estende il suo patrocinio sopra qualsiasi bi­sogno. Il Signore vuole fare intendere con ciò che a quel modo che era a Lui soggetto in terra, dove come padre e custode gli poteva comandare, così faccia ancora in cielo quanto gli domanda. Questo d'altronde han ricono­sciuto per esperienza anche altre persone che dietro mio consiglio si raccomandarono al patrocinio di lui».

FIORETTO. Santificherò con affettuosa e viva pietà il mese di san Giuseppe, impegnandomi a pra­ticare ogni giorno in onore del santo Patriar­ca qualche particolare atto di ossequio.

GIACULATORIA. San Giuseppe, prega per noi.

O Santo, l'anime presso il tuo cuore, pregando, trovino fiamma d'amore.

2 - GIUSEPPE GIUSTO

Cum esset iustus. Essendo giusto... Matt., 1, 19.

1. Giuseppe è giusto.

Lo dice lo Spirito Santo, ed è tutto il suo elogio, tutta la sua grandezza.

Il mondo parla spesso di giustizia e la giu­stizia magnifica a parole, ma, in sostanza, il mondo è tutto posto nell'ingiustizia. Il moti­vo è evidente: il mondo dimentica pratica­mente Iddio, e quindi in nessun modo può farsi servitore fedele della giustizia, la quale solo in Dio può avere stabile fondamento.

Giuseppe invece è tutto di Dio: e chi sta con Dio e a Dio vuol bene naturalmente fa quel che Dio vuole.

Giuseppe sta attento al cenno di Dio.

2. Egli vive di Dio.

C'erano allora i suoi fratelli, i figli d'Isra­ele, che si dicevano figli di Dio, ma purtrop­po della legge di Dio avevano completamen­te dimenticato lo spirito. S'erano attaccati alla giustizia legale; alla giustizia che considerava soltanto la lettera della legge, ma della leg­ge ignorava l'anima. Erano rimasti alla scor­za dell'albero; avevan timore di giungere al midollo.

Non così Giuseppe che, studiando di gior­no e di notte il codice della legge, aveva, per­ché era semplice e amante, scoperto le vene più profonde del pensiero di Dio, sì che le sue azioni erano il riflesso del suo pensiero, della sua fede.

L'albero buono dà frutti buoni.

3. Egli è sicuro di Dio.

La giustizia, quando è vera, è sinonimo di santità. I giusti sono i santi: e Giuseppe è giu­sto in tal senso. E perciò, abbandonato com'è al volere divino, non può temere. Gli uomini temono, in quanto si affidano agli uomini: ma chi si affida a Dio non sarà confuso in eterno.

Giuseppe si studia, con tutta l'anima, di far piacere a Dio, e Dio vuol far piacere a Giuseppe. La giustizia genera la pace, la pace assicura la gioia.

Giuseppe giusto, insegna anche a me le austere dolcezze della giustizia cristiana, la quale, tu lo dimostri, non poggia sulla forza, ma sull'amore. Per esser giusti bisogna ama­re. Ora lo sento, o amabile patrono; sento che, per far la volontà di Dio e passare tra fratelli con la veste della giustizia, occorre alimentar nel cuore la fiamma della carità. Ottienila tu a quest'anima, che ne ha tanto bisogno!

LETTURA

Giulio Salvadori, il poeta santo dell'età nostra, ha cose delicatissime intorno a san Giuseppe. «Il padre di famiglia - a Nazaret - è un falegname: e se dai tratti che abbiamo di lui dobbiamo dire quale fosse il più bel pregio umano della sua indole, possiamo dire l'umil­tà con mansuetudine e dolcezza: l'umiltà che splende nel soave sorriso. È l'uomo del lavo­ro ordinato e paziente che, compiuto il suo dovere amorosamente, s'addormenta tran­quillo in Dio: ma insieme è lo sposo e il cu­stode amante, che conosce i dolori e le trepidazioni di chi ama davvero, che sa al caso sacrificarsi tutto per quelli che ama più di se stesso. Umile nella dignità del sangue regale, semplice e prudente, mite e forte, verginalmente casto, visibilmente paziente e obbedientissimo alla volontà divina, egli meritò davvero il gran nome di giusto». FIORETTO. Esaminerò con cura la mia coscienza, e se mi rimorde di qualche fallo grave, mi con­fesserò subito.

GIACULATORIA. Giuseppe giustissimo, prega per noi.

Dal santo stelo di tua giustizia pura letizia sboccia nel Cielo.

3 - GIUSEPPE SILENZIOSO

Nel silenzio la forza. Is., 30, is.

1. Il silenzio è custode di giustizia.

Chi è dissipato, chi parla molto, chi è assor­bito da mille cose, difficilmente sarà virtuo­so. Sarà per lo meno superficiale: e la super­ficialità non è amica della giustizia, del bene. Per fare il bene bisogna pensare, bisogna co­noscersi e conoscersi bene e sinceramente; ma soprattutto bisogna mettersi spesso a tu per tu con Dio.

Per far questo è bene circondarsi di silen­zio. Giuseppe ha fatto così: pur fedele al suo dovere, sapeva lasciarsi il tempo per gl'inte­ressi dell'anima, per gl'interessi di Dio. l col­loqui col Cielo gli rendevano amabile anche il soggiorno sulla terra.

2. Il silenzio è garanzia di pace.

Perché il silenzio mantiene facilmente l'or­dine.

Provate ad ordinare una qualsiasi cosa, provatevi soprattutto ad ordinare le vostre idee su qualsiasi argomento, senza il silenzio. Non lo potete. Dopo tutti i vostri sforzi, finirete per combattere ancora contro il disordine.

Il silenzio raddoppia le forze, agevola l'azione, dà precisione all'azione, fa cogliere con sicurezza gli scarti e le ombre. Il silenzio riposa.

Giuseppe sa e fa tutto questo. Nessuno si accorge di lui perché, mite, lavora nel racco­glimento: non è di peso a nessuno. Arriva a far da sé quanto deve fare. Evita scosse e con­trattempi: così, naturalmente.

3. Il silenzio è pegno di fecondità.

E la prima fecondità è quella che riguarda lo spirito. Il mondo è nello stupore dinanzi a colui che opera molte cose e che fa rumore intorno a sé.

È il diavolo che cerca il rumore e l'ap­pariscenza. Il Signore preferisce il silenzio. E nel silenzio lo spirito si ritrova, lo spirito vive e produce. Che cosa deve produrre lo spirito? Giuseppe risponde con la sua vita. Deve dar vita alla santità. La santità è la su­prema fecondità dello spirito. E il silenzio la desta, la coltiva, la difende.

Giuseppe, nella tua vita così santa, fe­dele custode del silenzio, dammi la pace che viene dal fuggire lo strepito degli uomini e del mondo. Che bene potrò mai avere dalle cose materiali, dalle soddisfazioni d'un'ora? Mostrami tu che nel raccoglimento del mio spirito è la fonte inesauribile dei buoni pen­sieri, degli ardenti desideri, dei casti affetti, dei generosi propositi. E meditando sulla tua vita, mi rallegri anch'io nel silenzio del cuo­re.

LETTURA

Il filosofo cattolico Ernesto Hello ha scritto pagine profonde intorno alla silenziosa vita di san Giuseppe. Nel suo libro Fisionomie di Santi, medita: «San Giuseppe, l'ombra del Padre! Colui sul quale l'ombra del Padre cadeva spessa e profonda; san Giuseppe, l'uomo del silenzio, colui al quale la parola appena s'avvicina! Il Vangelo non dice di lui che poche parole: «Era un uomo giusto!», il Vangelo, così sobrio di parole, diviene anche più sobrio, quando si parla di Giuseppe. Si direbbe che quest'uo­mo, avviluppato di silenzio, ispiri il silenzio. Il silenzio di san Giuseppe fa il silenzio intorno a san Giuseppe. Il silenzio è la sua lode, il suo genio, la sua atmosfera.

Dov'egli è, regna il silenzio. Quando l'aquila aleggia, dicono alcuni viaggiatori, il pellegrino assetato indovina una sorgente là dove cade la sua ombra nel deserto. Il pel­legrino scava e l'acqua zampilla. L'aquila aveva parlato il suo linguaggio, aveva vol­teggiato. Ma la cosa bella era stata una cosa utile; e colui che aveva sete, comprendendo il linguaggio dell'aquila, scavando la sabbia, aveva trovato l'acqua...

Quando l'ombra di san Giuseppe cade in qualche parte, il silenzio non è più lontano. Bisogna scavare la sabbia, che nel suo signi­ficato simbolico rappresenta la natura uma­na; bisogna scavare la sabbia, e voi vedrete scorrere l'acqua. L'acqua sarà questo silen­zio profondo, nel quale sono contenute tutte le parole, questo silenzio vivificante, rinfrescante, calmante, dissetante, il silenzio sostanziale; là dove l'ombra di san Giusep­pe è caduta, la sostanza del silenzio zampil­la, profonda e pura dalla natura umana sca­vata».

FIORETTO. Mi imporrò qualche momento di silenzio durante la giornata, per abituarmi a vincere le intemperanze della lingua.

GIACULATORIA. Il silenzio è la tua lode.

In pio silenzio di casto amore bevi l'assenzio del tuo dolore.

 

 4 - GIUSEPPE POVERO

Io sono povero... Ps. 87, 16.

1. Giuseppe è povero.

È povero secondo il mondo, che di solito giudica la ricchezza dal possesso d'abbondan­te materia. Oro, argento, campi, case, non sono queste le ricchezze del mondo? Giusep­pe non possiede nulla di tutto ciò. Egli ha, a stento, quel che è necessario alla vita; e per vivere si deve industriare con il lavoro delle sue mani.

E pure Giuseppe era figlio di David, figlio di re: i suoi antenati avevano splendori di ric­chezze. Giuseppe tuttavia non sospira e non recrimina: non piange su beni caduchi. È con­tento così.

2. Giuseppe conosce le ricchezze della po­vertà.

Precisamente perché il mondo valuta le ricchezze dell'abbondante materia, Giusep­pe stima le sue ricchezze dalla mancanza dei beni terreni. Non c'è pericolo ch'egli attacchi il cuore a ciò che è destinato a perire: è troppo grande il cuore, ed ha in sé tanto di divino, che davvero egli non intende avvilir­lo abbassandolo al livello della materia. Quan­te cose vi ha nascoste il Signore, e quante ne fa intravedere, e quante ne dà a sperare!

3. Giuseppe apprezzala libertà dei pove­ri.

Chi non sa che i ricchi sono schiavi? Solo chi guardi alla superficie può invidiare i ric­chi: ma chi dà alle cose il loro giusto valore, sa che i ricchi sono irretiti da mille e mille cose e persone. La ricchezza è esigente, è pesante, è tiranna. Per conservare la ricchez­za bisogna adorar la ricchezza.

Quale umiliazione!

Ma il povero, che i veri beni nasconde nel cuore e sa contentarsi di poco, il povero si rallegra e canta! Gli rimane sempre il cielo, il sole, l'aria, l'acqua, i prati, le nubi, i fiori...

E trova sempre un pezzo di pane e una fon­tana!

Giuseppe viveva come i più poveri!

Giuseppe povero, ma tanto ricco, fammi toccar con mano il vuoto, la falsità delle ric­chezze terrene. A che mi gioveranno nel gior­no della morte? Non con esse mi presenterò al tribunale dell'Eterno, ma con le opere che furono la mia vita. Voglio essere anch'io ric­co di bene, anche se dovrò vivere nella po­vertà. Tu fosti povero e con te furono poveri Gesù e Maria. Come si può rimanere incerti nella scelta?

LETTURA

San Francesco di Sales scrive sulle disposi­zioni interiori del nostro Santo.

«Che san Giuseppe sia stato in tutte le oc­casioni sempre perfettamente sottomesso alla divina volontà nessuno ne dubita. E non lo vedete voi? Guardate come l'Angelo lo gui­da come vuole: gli dice che bisogna andare in Egitto, e ci va; gli comanda di ritornare, e ritorna. Dio vuole che sia sempre povero, ciò che forma una delle più grandi prove che ci possa dare; egli si sottomette amorosamen­te, e non per un certo tempo, poiché lo fu per tutta la vita. E di qual povertà? d'una pover­tà disprezzata, reietta, bisognosa... Egli si sot­tometteva umilissimamente alla volontà di Dio, nella continuazione della sua povertà e della sua abiezione, senza lasciarsi in nes­sun modo vincere né abbattere dal tedio inte­riore, il quale senza dubbio gli muoveva fre­quenti attacchi; egli rimaneva costante nella sottomissione».

FIORETTO. Non mi lamenterò se oggi dovrò soppor­tare qualche privazione.

GIACULATORIA. Amatore della povertà, prega per noi.

Le acute spine che t'offre il secolo, sono lietissime rose divine.

5- GIUSEPPE CASTO

Beati i puri di cuore. Matt. 5. s.

l. Giuseppe è casto.

Grande cosa la purezza, sempre, ma so­prattutto prima che Gesù venisse. Allora era retaggio di pochissimi: una vera particolaris­sima grazia di Dio. Esser puri voleva già dire esser prediletti dal Signore. Giuseppe fu un prediletto. Nelle sue mani il giglio fioriva come per miracolo.

Il peccato d'origine ha scatenato nell'uo­mo il fòmite dell'impurità: l'equilibrio dello stato di grazia s'è cambiato in tempesta di tutti i giorni.

Ma Giuseppe è giusto, è tutto di Dio; e Dio lo guarda e Dio lo custodisce. E' vergine; e la purezza lo incanta e l'esalta.

2. Dio si compiace in lui.

Perché Dio vuole abitare nel cuore dell'uo­mo: per questo lo ha creato così bello e così grande, per questo vi ha nascoste possibilità illimitate di amore. Voleva farne il suo trono, perché proprio lì la creatura si ricordasse di Lui, da cui è ogni bene, ogni dono; voleva farne il suo altare...

E l'uomo sacrifica agli idoli e dimentica, offendendolo, il suo Creatore.

Giuseppe si dà al Signore: e quel che è del Signore dev'esser sacro. Iddio ne è geloso. A Lui di preparare le vie al suo servo fedele.

3. Dio compie in lui cose mirabili.

Perché Giuseppe è così luminosamente puro, sarà chiamato in qualche modo a co­operare con Dio all'opera immensa della re­denzione.

Il Redentore nascerà da una vergine: Giu­seppe sarà lo sposo della Vergine e il custode del Redentore.

Premio più grande non avrebbe potuto avere. Qual consolante promessa per tutte le anime caste! Essere familiari di Gesù e di Maria.

Chi non vorrà con tale visione - che è cer­tezza del possesso del Regno divino - rive­stirsi di purità?

Giuseppe castissimo, per i santi pegni che ti furono affidati, ti supplico di pre­servarmi da ogni macchia d'impurità: puri­ficami la mente, il cuore, la volontà, il corpo, la vita.

Ricordami il candore dell'Immacolata, ri­cordami Gesù, agnello senza macchia; par­lami della sua desolata terribile passione, sì che io voglia sempre quel ch'Egli vuole e meriti anch'io per la purezza del cuore d'es­sere un giorno ammesso nella beatitudine del suo Regno.

LETTURA

«Chi e qual uomo sia stato il beato Giu­seppe - così san Bernardo - lo puoi dedurre da quell'appellativo col quale meritò d'esse­re onorato, sì che fu detto e creduto padre di Dio; deducilo dal suo stesso nome che vuol dire accrescimento. Ricòrdati anche di quel gran Patriarca venduto in Egitto, e sappi che questo Giuseppe da quello ha ereditato non solo il nome, ma la castità, l'innocenza e la grazia.

Se infatti quel Giuseppe, venduto per in­vidia dai fratelli e condotto in Egitto, figurò la vendita del Signore, questo Giuseppe, fuggendo l'insidia di Erode, portò Cristo in Egit­to. Quello, serbandosi fedele al suo Signore, non gli fece ingiuria, questo, riconoscendo vergine la Madre del suo Signore, fedelmen­te la custodì con la sua continenza. A quello fu data l'intelligenza del mistero dei sogni; questo fu finto confidente e partecipe degli arcani celesti».

FIORETTO. Sarò modesto nei miei sguardi, soprattut­to per le vie.

GIACULATORIA. Giuseppe castissimo, prega per noi.

Luce castissima t'inonda il viso, candido raggio di paradiso.

6 - GIUSEPPE UMILE

Dio dà la grazia agli umili. Giac.. 4, e.

1. Giuseppe è umile.

Nei misericordiosi disegni di Dio, egli de­v'essere il custode di Gesù che si chiamerà «l'umile di cuore ». È logico che a quell'uf­ficio il Signore scelga di preferenza chi a Lui in qualche modo rassomigli.

Del resto la prontezza con la quale Giu­seppe ascolta la parola di Dio, comunque il Signore gliela manifesti, è la riprova delle sue serene disposizioni d'umiltà. Egli è abituato a far della parola di Dio la sua meditazione: sa quindi che il bene ci viene da Lui per tutte le vie e che il male viene unicamente da noi. Per questo, più che mai egli aderisce a Dio.

2. E l'umiltà lo rende forte.

Quando si è abituati a contare unicamente su di noi, si è portati a due eccessi: o ad esal­tarsi troppo o a troppo deprimersi. È anche questa una forma di debolezza, una forma d'impotenza.

Ma quando ci si appoggia sul Signore, non c'è motivo di diffidenza, non c'è motivo di scoramento. Il Signore ci conosce e conosce le nostre necessità e non ignora la nostra po­vertà. Ci siamo abbandonati a Lui, e Lui non ci abbandona. È Padre, il Signore, come nes­suno. Chi sta con Lui è al sicuro: ha la forza di Dio.

3. L'umiltà attira la grazia.

La forza di Dio, messa a servizio dell'uo­mo, si chiama grazia. La grazia ha dunque in alto le sue sorgenti: chi si abbassa sente giun­gere sino alle più riposte profondità il flusso benefico; ma chi s'innalza mette una barriera tra lui e Dio. L'acqua celeste non giunge più ad irrigare e fecondare.

Giuseppe aveva il cuore fiorente come giardino privilegiato. E in lui il Signore tro­vava le sue compiacenze.

Giuseppe umile, guarda a me che son tanto superbo. Dovrei vergognarmi delle mie miserie, mentre, piuttosto che superarle con l'aiuto della grazia divina, cerco di nascon­derle e insieme decanto i miei supposti meri­ti e ostento le mie così dette qualità. Come sono meschino, e di quanta compassione ho bisogno! Tu che nutristi il Redentore e lo difendesti dai nemici perché fosse la nostra salute, di' al tuo Gesù che chiuda gli occhi sulla mia ostinatezza e la vinca con la pa­zienza del suo amore.

LETTURA

«Il fondamento della devozione era per san Giuseppe, come per Maria, l'umiltà ».

Fatta questa affermazione, il padre Faber - il piissimo e dottissimo oratoriano inglese - osserva: «Tuttavia l'umiltà di Giuseppe differiva da quella della sua casta sposa. C'era, in que­sta sua umiltà, meno oblio di sé stesso. Il suo sguardo era sempre fisso sulla sua propria indegnità...

Giuseppe era, in qualche modo, la personi­ficazione del disinteresse. Egli era sempli­cemente la provvidenza visibile di Gesù e di Maria. La sua grazia particolare era il possesso di se stesso.

Quest'anima rifletteva nella sua calma tra­sparente tutte le immagini dei celesti oggetti che lo circondavano. Giuseppe non era una luce che brillava; era piuttosto un odore che si esalava nella casa di Dio».

FIORETTO. Nasconderò volentieri ciò che torna a mio onore, pensando alle mie molte miserie.

GIACULATORIA. O Giuseppe, umile di cuore, prega per noi.

Di te dimentico t'unisci ai cori lieti degli angeli, e Gesù adori.

7 - GIUSEPPE MANSUETO

I mansueti erediteranno la terra. Ps., 36, tt.

l. Giuseppe è mansueto.

È mansueto perché è umile. I superbi sono intolleranti e insofferenti, pronti allo scatto, alle rappresaglie, al disprezzo, alla durezza, all'egoismo. Ma gli umili sono proprio alla mano: fratelli ai fratelli, amici a tutti, pronti a chiudere gli occhi su gli altrui falli, contenti di sentirsi in pace con tutti, felici di veder sorridere, asciugando le lacrime altrui.

Giuseppe non lo possiamo pensare che mansueto.

Gesù ebbe in odio gli orgogliosi, i prepo­tenti: se ha voluto crescere sotto gli occhi di Giuseppe, è segno che in Giuseppe la mitez­za di cuore era abito giocondo e festevole. L'abito di Gesù.

2. Giuseppe sa compatire.

Caratteristica dei mansueti è quella di sa­persi mettere al posto degli altri. Grande sa­pienza! Noi abbiamo, d'ordinario, due pesi e due misure. Severissimi con gli altri, indul­gentissimi con noi. I santi fanno il contrario. Giuseppe, santo, ha goduto inoltre della fa­miliarità di Gesù, ch'è quanto dire, ha visto in atto la mansuetudine di Dio. Arricchito dei doni del Cielo, questi doni sarà lieto di met­tere a profitto dei fratelli, meno privilegiati di lui, sapendo che, nel pensiero del Padre, ogni dono non è di uno solo ma di tutti i suoi figliuoli. La mansuetudine nasce da questa considerazione che Gesù inculcherà senza stanchezza: Uno il Padre di tutti, Dio; e voi siete tutti fratelli.

3. Giuseppe, mansueto, sa aspettare.

Non muove foglia che Dio non voglia... Chi è nervoso, violento, prepotente, chi vuol spezzare piuttosto che piegare, o meglio, che convincere, perde facilmente la pazienza e fa male agli altri e a sé. Sapere aspettare è un grande atto di fiducioso amore verso Dio, è un grande atto di carità verso gli altri che pos­sono riprendersi, ricredersi, mutarsi in meglio. È tanto paziente il Signore! Giuseppe lo sa e, anche quando non riesce a intendere, sa aspet­tare.

Giuseppe, mansueto nella gioia e nella tristezza, rispettoso di Dio e dei fratelli, esorta l'anima mia a saper veder le cose nel grande luminoso specchio della divina volontà: nul­la la turberà e tutto la rinsalderà nell'amore della virtù, nella certezza della celeste prote­zione, perché Dio è provvidenza materna, perché Dio sa trarre il bene anche dal male.

LETTURA

«L'infanzia di Gesù fu la croce di san Giu­seppe» nota con fine intuito il padre Faber. «Betleem gli tenne il posto del Calvario; i tur­bamenti e gli strapazzi che l'Incarnazione portò con sé ricadono in gran parte su di lui. I tesori di Dio sono affidati alla sua sola vigi­lanza. Il dubbio, il timore, l'ansietà, la pre­mura, gli occhi degli uomini, le gravi respon­sabilità, sono le prove che pesano su coloro i quali hanno passato il primo periodo dell'età virile, e più pesantemente del solito su di un cuore tenero e affettuoso come quello di san Giuseppe. Egli dovette, nel timido rispetto di un contemplativo, trovare il coraggio di un apostolo. Per circa trent'anni l'Incarnazio­ne gli lascia appena un giorno di pace; e quando a Nazaret egli gustò una specie di inquieta tranquillità, i fuochi dell'amor divi­no, attizzati dalla vicinanza di Gesù divora­vano la sua vita in silenzio».

FIORETTO. Riceverò con pazienza sgarbi o osserva­zioni, che potranno ferirmi durante la giorna­ta.

GIACULATORIA. Giuseppe, mite di cuore, prega per noi.

Per tuo modello, contempli pio Gesù, l'Agnello mite di Dio.

8 - GIUSEPPE OBBEDIENTE

Sia fatta la tua volontà. Matt., 6. 10.

l. Giuseppe è obbediente.

L'obbedienza è figlia dell'amore e del­l'umiltà. Chi sa stare al proprio posto, aman­do, trova grande riposo e singolare ricchezza nella pratica dell'obbedienza. Per questo l'ob­bedienza assicura la vittoria e la disob­bedienza conduce alla sconfitta.

Giuseppe ha obbedito al Signore, perché egli era pio, e la pietà consiste fondamen­talmente nel piegarsi amorosamente al beneplacito dell'Altissimo. Gesù dirà un gior­no ai suoi discepoli: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti». Giuseppe queste pa­role le portava nel cuore: Iddio le aveva se­minate in terreno ottimo.

2. Giuseppe è obbediente nella prova.

Chi pensa alla vita del padre putativo di Gesù, non appena il Signore gli si rivela per i suoi reconditi fini, non può non riconoscere che la vita di Giuseppe fu vita di responsabilità paurose. E Dio comanda, senza dimostra­zioni e senza chiedere consensi. Sono ordini che Egli comunica. Giuseppe non deve che obbedire. Iddio si fida di lui, e Giuseppe non delude la divina attesa.

La sua obbedienza è pronta, amorosa, to­tale. Sa che obbedendo egli rimane nel vero bene.

3. Giuseppe obbediente è obbedito.

È la ricompensa, questa, di colui che ri­mane fedele al comando. Si dice che non sa comandare chi non sa obbedire. E appunto perché Giuseppe ha obbedito trova con faci­lità la via di farsi obbedire. Ha la delicatezza del comando; ne sa scoprire l'opportunità e gli sa dare la necessaria fermezza.

Giuseppe ha obbedito a Dio: e a Lui han­no obbedito la Madre e il Figlio di Dio. Davvero, divina ricompensa!

Giuseppe obbediente, piega tu con la tua ferma dolcezza la caparbietà del mio spirito. Io cerco la mia volontà e troppo poco la vo­lontà di Dio, quando soprattutto mi si mani­festa attraverso gli ordini de' miei superiori. Ch'io intenda che ad obbedire ho tutto da guadagnare, e tutto da perdere nel disob­bedire; ch'io intenda che nulla riposa quan­to la volontà di Dio filialmente amata e pra­ticata.

LETTURA

Scrive Ernesto Hello: «Nessuna parola di lui, di Giuseppe, nella Sacra Scrittura! Mardocheo, che fece fiorire Ester dalla sua ombra, è uno dei suoi precur­sori. Abramo padre d'Isacco rappresentò an­ch'egli il padre putativo di Gesù. Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu la sua immagine più espressiva. Il primo Giuseppe difese in Egit­to il pane naturale. Il secondo Giuseppe di­fese in Egitto il pane soprannaturale. Tutt'e due furono gli uomini del mistero; e il sogno disse per loro i suoi segreti. Tutt'e due furo­no istruiti in sogno, tutt'e due previdero le cose nascoste.

Inchinati nell'abisso, i loro occhi vedeva­no attraverso le tenebre. Viaggiatori nottur­ni scoprivano le strade attraverso i misteri dell'ombra. Il primo Giuseppe vide il sole e la luna protesi dinanzi a lui. Il secondo Giu­seppe comandò a Maria e a Gesù; Maria e Gesù obbedivano.

In qual abisso interiore doveva vivere l'uo­mo che sentiva Gesù e Maria obbedirgli!». FIORETTO. Sarò con prontezza obbediente ai miei su­periori, comunque e qualunque cosa possano comandarmi.

GIACULATORIA. Giuseppe obbedientissimo, prega per noi.

Consenti all'arduo cenno divino: ecco, a te piegasi Gesù Bambino.

9 - GIUSEPPE SPOSO

Essendo Maria sposa a Giuseppe... Matt. 1, is.

1. Giuseppe è vero sposo di Maria.

La Madonna aveva bisogno nella sua ver­ginale maternità di uno sposo, non secondo la carne, ma secondo la Legge e soprattutto secondo lo spirito. Aveva bisogno di prote­zione, come aveva bisogno di custodia il suo divin Figliuolo.

Ora se ella è lo specchio di giustizia, egli, Giuseppe, per esser scelto dal Signore, dovrà riflettere in qualche modo la stessa giustizia. Solo così egli è degno di stare a fianco di Maria e di aspettar con lei, trepidando ed amando, che venga al mondo Gesù.

2. Giuseppe è sposo nella carità.

Ciò che fa il matrimonio è l'amore: inutile pensare a una comunione di vita, senza vo­lersi bene. Ma l'amore è tanto più bello, alto, prezioso, quanto più è puro: la purezza solle­va l'amore umano alle altezze dell'amore angelico.

Tale fu l'amore di Giuseppe per Maria. Vero matrimonio il loro, ma innalzato sino al Cielo dalle sante disposizioni e dal candore dei loro cuori.

La Madonna vive all'ombra luminosa di Giuseppe, che ne difende gli splendori im­macolati e allontana da lei qualsiasi sospetto o insidia.

3. Giuseppe è sposo nel dolore.

Se Dio gli ha affidato Gesù e Maria, i più santi pegni che Dio abbia al mondo, non è solo per fargli onore, apprezzandone la santa vita: ma è altresì per metterlo in qualche modo a parte dell'opera laboriosa della redenzione che è ormai cominciata. Nella casa di Nazaret, se Gesù sarà destinato alla croce, di croce vi­vranno Maria e Giuseppe. La povertà, la per­secuzione, la fuga, il lavoro, ecco i doni nu­ziali del giusto Giuseppe.

Giuseppe santo, sposo castissimo di Ma­ria Vergine, insegnami che l'amore vero si nutre di rinuncia e di sacrificio, poiché ama­re non significa prendere ma dare... Io voglio dare, se tu mi aiuti, il meglio di me stesso per il compimento dei miei doveri, e dimostrare prima di tutto al Signore la purezza della mia carità, e cercare non il mio ma il suo beneplacito e quello di quanti mi vogliono bene.

LETTURA

Il padre Faber ha intorno a san Giuseppe, nella sua opera «Betlemme o i Misteri della Santa Infanzia», pagine piene di tenerezza. Eccone un saggio: «San Giuseppe - nonostante i suoi primi anni siano nascosti in una oscurità che la sua futura grandezza abbellisce ai nostri occhi - era senza dubbio molto avanti nella santità anche prima del suo fidanzamento con Ma­ria: non poteva essere altrimenti, se si tien conto della scelta che Dio aveva fatto di lui da tutta l'eternità. Durante i nove mesi nei quali Maria portò nel suo seno Gesù, le gra­zie debbono essersi accumulate su di lui ol­tre ogni nostra immaginazione. La compagnia di Maria, l'atmosfera di Gesù, la continua presenza di Dio incarnato devono averlo fat­to salire in santità più alto di tutti i Santi, for­se degli stessi Angeli. La nascita di Nostro Signore e la vista del suo volto benedetto deb­bono essere stati per lui come una nuova santificazione. Il mistero di Betlemme, bastava da solo per metter Giuseppe nella schiera dei Santi più alti».

FIORETTO. Avrò maggior rispetto per i miei genitori e, comunque, per i miei famigliari.

GIACULATORIA. Sposo della Madre di Dio, prega per noi.

Alla purissima Vergine Sposa tu sei, castissimo, e giglio e rosa.

10 - GIUSEPPE PRUDENTE

L'uomo prudente sa tacere. Prov., 11, 12.

1. Giuseppe è prudente.

La prudenza è detta virtù normativa, per­ché diventa norma, regola di vita.

È norma, è regola di vita in quanto essa deve condurre all'ultimo fine, all'eterna vita. Senza prudenza si rischia di sciupare, di per­dere la beatitudine del Cielo.

Giuseppe sa lo scopo della sua vita: deve vegliare su Gesù e Maria e così, compiuta fedelmente la sua impareggiabile missione, presentarsi al trono del suo Dio.

La prudenza è guida al dovere; il dovere amato e praticato per amor di Dio assicura il premio eterno.

2. Giuseppe custodisce il suo segreto.

Il Signore ha parlato più volte al cuore del suo servo fedele, che senza esitare è stato pronto al cenno del Padre. Non ha discusso: con Dio si obbedisce. È la più elementare pru­denza: star sicuri alla parola del Signore. Ma Giuseppe non ha sparso ai quattro venti il suo segreto. Nessuno è messo a parte del mistero in cui vive la famiglia nazarena. Sarebbe esporre il Redentore alla rappresaglia, alla vendetta, alle ire del maligno e de' suoi satel­liti. La prudenza di Giuseppe è la difesa di Cristo.

3. Come pratichiamo noi la prudenza?

Giuseppe, così privilegiato, poteva dirsi, di fronte a noi, in posizione di favore per ri­maner aderente alla sua via, per giungere alla sua meta. E pure con quanta delicata premu­ra è stato ossequiente ai celesti voleri... E noi? Noi siamo distratti da mille cure che non sono, purtroppo, le cure dell'anima e ci mettiamo ogni giorno al rischio di sbagliar la via... E tuttavia non ci preoccupiamo che si avvicina anche per noi irrimediabilmente il rendicon­to. Gli anni che passano ci uniscono a Dio o ci allontanano da Lui? Viviamo per Lui o vi­viamo per il mondo? Guardiamo al cielo o guardiamo ostinatamente alla terra?

O Giuseppe, prudentissimo servo del Si­gnore, non permettere ch'io mi smarrisca lun­go la via. È imprudenza per me che io non mi renda conto se quel che io faccio, amo e de­sidero sia o no secondo il pensiero di Dio; è imprudenza che io butti via le mie forze ed i miei anni, senza guidarli verso il Cielo... Se il Signore mi chiamasse ora all'improvviso, o caro Santo, che cosa mi sarebbe prepara­to? Protettore mio dolcissimo, insegnami la più elementare prudenza; a viver cioè sotto l'occhio di Dio.

LETTURA

Medita ancora Giulio Salvadori: «È l'uomo, Giuseppe, del dovere fatto per amor di Dio e del prossimo, a cui Dio dette d'esser difensore della Vergine nella sua di­vina maternità e custode del Fanciullo divi­no contro ogni offesa del mondo. È lo sposo che sa rispettare ed amare veramente l'in­comparabile compagna datagli da Dio e, anche contro l'apparenza, non sospetta di lei perché in lei ha fede incrollabile: la fede, il rispetto, l'amore di chi intende l'augusta di­gnità dell'anima di colei che può chiamare sua sposa; l'amore veramente nobile e puro incapace d'ombre della terra, perché prove­niente dal sereno che non si turba mai.

Egli è il custode che può assumere degna­mente il nome di padre, e riceverlo da una Madre come Maria, perché non guarda a fa­tiche, né a strapazzi, né a dolori, né al ri­schio della vita per salvare il Fanciullo che gli è stato affidato; pronto per questo a la­sciare la patria e andare in paese straniero, sconosciuto, idolatra, obbediente senza indu­gi all'avviso divino, perché anche il suo amo­re è pronto senza indugi al sacrificio. E in­sieme è l'uomo della visione, che nell'umile pazienza è sostenuto dall'anticipazione del­la gloria futura, dalla presenza sensibile del­l'aiuto divino, dalla vita della speranza».

FIORETTO. Sorveglierò le mie parole, per non manca­re alla prudenza cristiana.

GIACULATORIA. Giuseppe prudentissimo, prega per noi.

Con cuor prudente passi, ed al Cielo volti fidente lo sguardo anelo.

11 - GIUSEPPE PADRE

Tuo padre ed io, dolenti, andavamo in cerca di te. Luc., 2, 48.

1. Giuseppe è padre...

padre putativo, ma padre; non secondo la carne, bensì secondo lo spirito. Egli ha avuto davvero per il suo Gesù viscere tenerissime di paterno amore, che ne ha stretto e costretto tutta la vita, nell'ansia di dare al suo piccolo celeste Bimbo quanto questi da lui poteva e doveva attendersi, secondo le disposizioni del suo unico Padre, Dio.

Il suo amore per il divin Fanciullo è lo stesso amore ch'egli nutre fervente per il Divin Padre... «Chi vede me vede anche il Padre mio». Non possiamo dire dunque: «Chi ama me ama anche il Padre mio?»

2. Giuseppe dà tutto se stesso.

L'amore paterno tanto e più vero quanto più si dà per i figliuoli; quanto più si dimen­tica per ricordarsi di loro.

Giuseppe, sin da quando Maria è nell'at­tesa del Figlio di Dio incarnato, non si appartiene più. Vive unicamente per loro, vive uni­camente di loro. Se fossimo anche noi capaci di rimaner fedeli con tutte le nostre forze a quelli che sono i nostri doveri, piuttosto che seguire scioccamente i nostri capricci, quan­to più feconda sarebbe la nostra vita e presso Dio e presso gli uomini!

Giuseppe è l'esemplare dell'uomo tutto applicato - e soprannaturalmente applicato - al proprio dovere.

3. E lietamente si dà al dovere.

Non è tanto il dono che conta quanto il modo col quale si dà. Tante volte si dà perché non se ne può fare a meno; ma lo sforzo per dare, o di sé o delle proprie cose, stanca e, talvolta, irrita.

Giuseppe dà con benigno sorriso, che fa più accette le cure e le premure di cui circon­da la Madre ed il Figlio. Sente la gioia e la ricchezza di dare: di dare per amor di Dio. È questo il segreto della piena è perfetta pater­nità.

Giuseppe santo, dal tuo cuore paterno voglio apprendere la gioia della generosità. Secondo il tuo esempio, fa'ch'io apprezzi la preziosità del sacrificio, che è frutto d'amo­re, non dimenticando mai che Gesù è morto per volerci bene e che la sua Vergine Madre e tua tenera Sposa lo ha visto morire.

Quando imparerò la santa lezione?

LETTURA

Nelle sue «Elevazioni sulla vita e la dottri­na di Nostro Signor Gesù Cristo» Mons. Carlo Gay ha tutto un capitolo su san Giuseppe. Stralciamo alcuni brani più significativi.

«Dio ha affidato a Giuseppe non soltanto quel che Egli ha di più prezioso in tutto l'uni­verso, ma ciò che sorpassa il prezzo di tutti gli universi possibili: Gesù, suo Figliuolo, Maria sua Madre. Giuseppe è lo sposo di Maria, egli è il padre putativo, il padre lega­le, il padre per adozione e per amore, il pa­dre che nutre Gesù. È il luogo vivente nel quale vivranno Gesù e Maria, il quadro libe­ro, animato, amante nel quale essi si muove­ranno; il firmamento senza nubi nel quale brilleranno. Lui non brillerà affatto, ma farà brillare i due astri, di cui la sua vita e il suo cuore sono come l'atmosfera e la sfera. C'è una analogia sorprendente tra la vita e l'ani­ma di Giuseppe e il seno dell'eterno Padre.

Questo seno del Padre è il luogo increato dove nasce, sboccia e si consuma tutto il mistero di Gesù e di Maria; l'anima e la vita di san Giuseppe sono, a modo loro, il luogo creato dove questo mistero adorabile si posa, dimo­ra, cresce».

FIORETTO. Mi ricorderò tra giorno che Dio è mio Pa­dre.

GIACULATORIA. Tu che nutristi il Figlio di Dio, prega per noi.

Dice a te solo il Padre Dio: E' tuo figliuolo il Figliuol mio.

12 - GIUSEPPE CUSTODE

Sarà glorificato chi è custode del suo Signore. Prov- 27, 18.

1. Giuseppe è custode di Gesù.

Egli fu creduto padre, proprio perché cu­stode di Lui: e questa divina custodia è stata la sua vita e la sua gloria.

Si può dire che la custodia accresca quasi la responsabilità di fronte a chi è semplice­mente padre. Il padre risponde del proprio fi­gliuolo: Giuseppe deve rispondere del Figlio di Dio. Tremendo compito.

E pensare che quel tenero Bimbo, il quale è nientemeno il Salvatore, aspettato da secoli dal Cielo e dalla terra, è insidiato da tutte le potenze del male. Giuseppe lo sa. È come dir­gli: «Sta' attento! il nemico non dorme».

2 - Giuseppe veglia Gesù.

Quando un bambino è molto malato, il padre e la madre lo vegliano con ansia dolo­rosa. Gesù bambino è bello, è sano, è amabi­le: più d'ogni altro figlio dell'uomo. Ma la sua condizione è peggiore che se fosse malato: lo cercano per farlo morire. E Giuseppe contro i potenti del mondo, lui così povero, debole, solo, lo deve difendere, deve assicu­rarne la vita. Teme? Non teme; veglia. Fa tut­to quel che deve fare: al resto penserà il Si­gnore.

3. E noi come custodiamo Gesù?

A ciascuno di noi, quando diventiamo cri­stiani, il Padre celeste affida nel cuore il suo Figlio divino. Questi prende dimora nell'ani­ma nostra vivificata dalla grazia. Dobbiamo vegliarlo e custodirlo per non perderlo, per non esporlo alla rabbia dei suoi nemici.

Poveri noi, quanto dissimili dal fedele Giu­seppe! È molto se abbiamo almeno la consa­pevolezza della presenza di Gesù in noi. Poco o nulla facciamo per Lui, sì che con facilità desolante accogliamo il nemico e cacciamo l'Ospite santo!

O Giuseppe, fedelissimo custode, quan­to mi vergogno della mia umiliante pigrizia, della mia fredda indifferenza! Ho Dio nel cuore e non me ne ricordo; ho Dio nel cuore e non gli voglio bene; ho Dio nel cuore e l'of­fendo! 0 mio amabile protettore, ricordami le tue tenerezze per il divino Fanciullo; ricor­dami le tue veglie e le tue fatiche, perché im­pari a sacrificarmi per chi si è sacrificato per me!

LETTURA

Mons. Dadolle nelle sue «Meditazioni per l'anno liturgico» così descrive la vita fami­liare di san Giuseppe:

«In apparenza e per il mondo, quella dei due santi sposi è la vita più semplice. Giu­seppe guadagna il pane del giorno; Maria, così come una donna del popolo, si occupa delle faccende di casa. L'Angelo dell'Incar­nazione ha tuttavia compiuto il suo messag­gio; la pienezza dei tempi è giunta. L'editto di Cesare chiama a Betlemme i discendenti di David. Maria dà al mondo il suo Dio fatto uomo. O Giuseppe! quale non fu la tua emo­zione nell'ascoltare i primi vagiti del Bambi­no, e nel tendersi verso di te, tremanti, le pic­cole mani di Colui che ha l'azzurro del cielo! E, nel corso della sua infanzia, quale beati­tudine quando Gesù riposava nelle tue brac­cia, sorridendo alle caste carezze, e quando, Parola incarnata, imparava a balbettare la tua lingua o quando tu, per iniziarlo al mestiere di falegname, guidavi la mano del Cre­atore dei mondi!

Tuttavia, questi giocondi misteri non sono tutta la vita dello sposo verginale di Maria. Essa è la Madonna dei dolori, e Giuseppe è largamente associato ai suoi misteri doloro­si... Nella santa Famiglia, durante trent'an­ni, è stata fatta dai tre quella Via Crucis che noi oggi facciamo per commemorazione».

FIORETTO. Custodirò nel mio cuore Gesù, che è presente in me con la sua grazia.

GIACULATORIA. O pio custode, prega per noi.

Tu vegli tenero i tuoi Tesori: gli angeli tremano... tu guardi e adori.

13 - GIUSEPPE ESULE

…E fui come un pellegrino. Giobbe 19, ts.

1. Giuseppe ha conosciuto l'esilio.

È uno dei più cocenti dolori per un' anima ben nata l'esser costretto lontano dal proprio paese. Il paese nativo, la patria, ti si presenta col volto di una madre; e si sta tanto male lontano dalla mamma. C'è la nostalgia della patria come c'è quella della madre. Giuseppe non si unisce a coloro i quali affermano che la patria è dove si sta bene. Questa è la filo­sofia dei senza cuore. Il cristiano è e vuol es­ser l'uomo del cuore, perché è figlio della carità, perché è l'uomo della carità. Non vie­ne da Dio? Non è fratello di Cristo? E Dio e il suo Cristo non sono la carità viva e infini­ta? Giuseppe, che va in Egitto, per obbedire al Signore e salvare la Madre e il Figlio di Dio, ha l'occhio umido di pianto.

2. Giuseppe soffre le durezze dell'esilio.

Si ha un bel dire, a star lontani dalla pa­tria, c'è sempre, anche nella migliore delle ipotesi, qualcosa da soffrire. Come sarà stata accolta la sacra Famiglia in terra d'Egitto? Il nuovo Giuseppe, seguendo le vie del­l'antico Giuseppe, avrà avuto anch'egli le sue ore d'agonia. Per fortuna, su i poveri fuggia­schi vegliava benigno il Cielo.

Ma le sofferenze, le privazioni, la solitu­dine non eran per ciò meno pungenti. Il Si­gnore per lo più consola nel dolore; ma non sempre, anzi molto di rado, allontana quag­giù la causa del dolore. Giuseppe soffre nel­l'esilio e più soffre poiché, nel tormento, gli son compagni i due cari esseri affidatigli dall'Altissimo.

3. Non siamo esuli anche noi?

Il cristiano non ha quaggiù, secondo le parole di Paolo apostolo, una città permanen­te.

Egli invero non è cittadino della terra, ma cittadino del Cielo; la terra è l'esilio, il Cielo è la patria.

O non siamo noi forse di quelli che si trovan così bene sulla terra che al Cielo non guardan neppure e del Cielo non hanno pun­to desiderio?

Domandiamocelo: e arrossiamo di esser tanto lontani dall'esempio del pio Giuseppe e degli altri santi di Dio.

Giuseppe buono, che sai le prove del­l'esilio e il tormento dell'incertezza, della novità, dell'indifferenza, forse del disprezzo, in terra straniera, suggeriscimi le tue sante disposizioni, perché anch'io tragga profitto dalla mia condizione d'esilio. Il cristiano non può riposarsi che in Dio; e in Lui solo tro­vare la profonda gioia della vita che non muore. Non permettere che io mi attacchi alla terra, che debbo un giorno, chi sa quanto presto! lasciare: mettimi invece nel cuore il vivo desiderio di Dio, ineffabile Patria dei Santi.

LETTURA

Sulla fuga in Egitto, Mons. Dadolle ha que­ste care considerazioni: prendi il bambino, sal­valo!»

«Il bambino è il nostro Salvatore, che in questa circostanza ha bisogno di un salvato­re. Se Giuseppe non ci fosse stato, Gesù bam­bino sarebbe caduto sotto il ferro dei massacratori d'innocenti, come un giorno, venuta la sua ora, egli è caduto nelle mani dei suoi carnefici.

Mistero quanto si vuole, ma realtà incon­futabile, questa collaborazione necessaria delle cause seconde ai più grandi disegni di Dio.

Il fiat della Vergine ha deciso l'Incarna­zione e dalla risposta di Giuseppe all'Ange­lo è dipesa la salvezza del Salvatore del mon­do. Ancora una volta, per quanto strana ap­parisca una tale subordinazione del piano divino alla corrispondenza dalle nostre vo­lontà, il fatto è così vero che ci dispensa dal ricercarne le cause. Ma quanto onore ci of­fre Dio, associando le piccole nostre attività ai suoi sovrani voleri!

Giuseppe, l'eroe di questa fuga, è la prov­videnza sensibile della salvezza di tutto il ge­nere umano: tale è la sua gloria, tale la ricom­pensa al suo mirabile distacco».

FIORETTO. Penserò, nei momenti di raccoglimento, che sono esule anch'io, in attesa della patria del Cielo.

GIACULATORIA. O illustre discendente di David, prega per noi.

Se dell'esilio aspra è la via, ti sono balsamo Gesù e Maria.

14 - GIUSEPPE LAVORATORE

Io son nel lavoro sin dalla mia giovinezza. Ps., 87, 16.

1. Giuseppe lavora.

La famiglia di Gesù è una famiglia labo­riosa. A Betlemme a Nazaret non si vive di rendita, si guadagna il pane col sudore della fronte. Si ama il lavoro, si santifica il lavoro. Ma più di tutti, com'è naturale, si applica al­l'opera delle mani colui che nella famiglia fa le veci di padre. È sua la responsabilità quo­tidiana. Quella donna che ha il volto tutto luce, quel bimbo che è bello come il più bel fiore del paradiso, sono i due esseri più cari e più degni che il mondo abbia mai veduto: Iddio li ha messi nelle mani di Giuseppe: la loro vita dipende dal suo lavoro. Egli suda per essi ed è beato.

2. Giuseppe solleva il lavoro.

L'uomo è portato a tutto materializzare, a render perciò tutto più aspro e più amaro. Ma chi sa leggere nel Cuore di Dio e alla luce della sua parola sa regolare la vita, non tarda ad imparare che lo spirito di fede rende per così dire spirituale anche la materia e persino le azioni più volgari e materiali fa degne di un premio ineffabile. Giuseppe lavora così. E se il legno è duro, ed occorre forza di brac­cio e sudore copioso perché la pialla vinca i nodi, il legnaiuolo di Nazaret ad ogni spinta del braccio prega e canta.

3. Giuseppe rallegra il lavoro.

Non c'è che l'amore a render giocondo lo sforzo. Ciò che dimostra come davvero lo spirito ha possibilità che la materia non so­gna neppure. Divina alchimia quella di chi crede, per cui anche il ferro più rozzo acqui­sta lo splendore e la purezza dell'oro. Pure il lavoro, fatto secondo il Cuore di Dio, è oro prezioso.

Se il mondo si desse più spesso convegno nella bottega di Nazaret, quanto sarebbe più buono, più ricco e più lieto!

Giuseppe santo, generosamente la­borioso al servizio di Dio e de' suoi pre­ziosissimi pegni, vedi come sciupo, e con quanta frequenza, i frutti del mio lavoro, per­ché lo compio con cuore di schiavo, con monotonia d'automa. Da' un'anima alle mie fa­tiche, fammi degno di riparare le mie mise­rie, andando incontro con il mio sudore al sudore di sangue che il Redentore divino spar­se per me nell'orto della sua agonia.

LETTURA

«Giuseppe - notiamo con il profondo cuo­re di Mons. Gay - ha la missione di nutrire il suo Dio diventato suo figliuolo; di nutrire colui che nutre ogni essere vivente, di nutrire la vita che vive di se stessa, e in se stessa, in una parola, di nutrire Gesù. E di procurargli questo nutrimento proprio col suo lavoro.

Adamo si nutriva senza pena, senza fatica dei frutti del Paradiso terrestre; Giuseppe nu­tre dei frutti della terra questo Paradiso ce­leste che è Gesù Cristo. E questi frutti non li coglie soltanto quando sono maturi, li colti­va perché maturino; e per coltivarli li innaf­fia dei suoi sudori e delle sue lacrime, poiché deve strapparli a un solco ribelle e ingrato. Quale felicità senza nome in questa pena, ma quale strano onore in questa funzione!...

Oh, questo pane guadagnato da Giuseppe e mangiato da Gesù dopo essere stato im­pastato e cotto dalla Madre sua!

Oh, questa bottega! questa tavola, questo lavoro, questa mensa! Chi non sente che il cielo è lì?»

FIORETTO.Non perderò il tempo che deve essere al servizio della carità.

GIACULATORIA. Esemplare degli operai, prega per noi.

Per chi al lavoro si stanca ed ama, il ciel ricama santo tesoro.

15 - GIUSEPPE ADDOLORATO

Si consumò nel dolore la vita mia. Ps., 30,11.

l. Il dolore di Giuseppe.

Non c'è sulla terra figlio dell'uomo che non debba pagare il suo tributo al dolore, per­ché non c'è figlio dell'uomo che non sia fi­glio del peccato. La Madonna, l'Immacolata, e Gesù, l'Agnello di Dio, gli unici che non avrebbero dovuto passare, perché senza mac­chie, per le strette della prova, furono l'uno il Crocifisso e l'altra l'Addolorata.

Giuseppe ha bevuto anch'egli, nonostante la sua limpida giustizia, il calice dell'ama­rezza. E il suo dolore è tanto più edificante e fecondo, in quanto egli lo ha preso per amore di Gesù e di Maria.

2. Giuseppe soffre per Gesù.

L'infanzia così tribolata e perseguitata del Figlio di Dio umanato non può non stringere come in una morsa il cuore così delicato del custode di Lui. Giuseppe non è di quegli uo­mini superficiali e sicuri di se stessi, i quali hanno sempre fatto e fatto bene quanto deb­bono fare. Egli che, come tutti i veri servi di Dio, si è vestito d'umiltà, teme sempre che sia per colpa sua, per la sua incapacità e pochezza, che Gesù debba soffrire. E se ne accora, come quando il Bimbo divino si smar­rì nel Tempio ed egli con Maria - «dolenti» come se il sole si fosse spento - andavano in cerca di Lui.

3. Giuseppe soffre per Maria.

L'angustia della Madre, le privazioni, i disagi, le sofferenze di lei, vengono anch'es­se a gravare sull'animo dello sposo fedele. Amare, amare con tanto ardore di purità e poter far poco o nulla per risparmiare alle persone amate l'amarezza della prova, è uno degli strazi più acerbi. Giuseppe l'ha assaporato, perché proprio Gesù e Maria era­no l'oggetto tenerissimo della sua casta affe­zione.

O Giuseppe, così innocente e così pro­vato negli affetti più santi del cuore, io accet­to, mosso dal tuo esempio, la pena che la ca­rità verso il mio prossimo può domandarmi, l'accetto non come un peso, ma come un dono, ma come una gioia. E so che ogni pena mi sarà, feconda, se io la santificherò con loro nella carità, come tu hai fatto, tenendo fissi gli occhi dell'anima su Gesù e su Maria.

LETTURA

«San Giuseppe - seguiamo sempre il cuo­re e l'ispirazione di Hello - compie in realtà ciò che gli altri compiono in figura. Dopo aver difeso il Pane di vita in Egitto e compiuto la cosa di cui il primo Giuseppe era l'ombra, torna a Nazaret e fa ciò che aveva fatto Gio­suè. Giosuè aveva fermato il sole; ma colui che era la luce del mondo aveva lasciato Ma­ria e Giuseppe per fare in Gerusalemme gl'in­teressi del Padre suo.

Tuttavia Maria e Giuseppe lo ritrovarono e lo condussero via. Il sole, che sembrava aver cominciato la sua corsa, fu fermato per di­ciotto anni. Dai dodici ai trent'anni Gesù Cri­sto restò là. Che età aveva quando Giuseppe morì? Non se ne sa nulla, ma pare che Giu­seppe fosse morto quand'egli lasciò la sua casa. Che cosa avvenne in quella casa? Quali misteri s'aprirono dinanzi agli occhi di quel­l'uomo, al quale Gesù Cristo obbediva? Che cosa vedeva Giuseppe nelle azioni di Gesù Cristo? Queste azioni, per la loro stessa sem­plicità, prendevano senza dubbio ai suoi oc­chi proporzioni incommensurabili».

FIORETTO. Nel dolore mi unirò volentieri alle soffe­renze di san Giuseppe.

GIACULATORIA. La mia vita fu piena di dolore.

Tu che il dolore fai puro e santo, t'adorni l'anima di nuovo incanto.

 16 - GIUSEPPE PAZIENTE

Nella pazienza è la perfezione dell'opera. Ciac. 1, a.

1. Giuseppe è paziente.

San Paolo quando fa l'elogio della carità, mette, prima tra le sue doti, la pazienza. «La carità è paziente...».

Si può amare senza esser pazienti? L' amo­re non è forse, tra gli uomini, una lunga pa­zienza? Amare qui sulla terra è, per molta parte, sinonimo di soffrire.

Giuseppe non sfugge alla legge comune. Il suo amore di privilegio per Gesù e per Maria dà a lui un diritto: quello di soffrire per essi, e di soffrir tanto di più quanto più grande è il pegno affidatogli.

2. E nel patire trova la sua ricompensa.

Una mamma non cederebbe a nessuno il diritto di soffrire per il suo figliuolo: chi ama si stringe al cuore la sofferenza come il più grande tesoro.

Ma quando si soffre per Dio stesso, che è tutto l'amore e tutta la bontà, che è l'oceano sterminato di ogni bene, che è la méta di tutti i sospiri, che sarà il beato coronamento di ogni più santa aspirazione, allora, davvero, io dico pena e dir dovrei sollazzo.

È un onore, è una dolcezza, è una gioia, è un regalo. «Di più, Signore, di più, ancora di più ». È il linguaggio dei Santi. E Giuseppe e grandissimo santo.

3. Siamo pazienti come Giuseppe.

Esser pazienti in compagnia del caro Pa­triarca significa riconoscere che la sofferenza ha una profonda importanza tra i valori cri­stiani; significa meditare che se Giuseppe ha sofferto per Gesù, Gesù soffriva già da bam­bino e si preparava a soffrire, sino alla morte di croce, per tutti.

Oggi tra cristiani si deve dire che chi non vuol soffrire non ama, non ama Cristo e non ama neppur se stesso.

La sofferenza è ricchezza di meriti, è pe­gno di purificazione.

Giuseppe, così dolcemente paziente e pur così giusto, tu mi vuoi far comprendere che dopo il peccato la sofferenza è un tratto d'amore della divina Provvidenza, che ci vuol salvi; è particolarmente un tratto di delica­tezza da parte di Gesù che ci vuol con Lui almeno presso la sua croce, per averci con Lui beati nei secoli eterni.

Grazie, per avermi aperto gli occhi del­l'anima.

LETTURA

Il padre Faber dà san Giuseppe come mo­dello alle anime devote dell'infanzia di Gesù. «Tuttavia - egli dice - questa devozione non è stata per lui senza amarezza. Infondo al presepio c'era la croce. Il dolce Bambino è un crocifisso vivente. Dopo i primi timori di Giuseppe in rapporto a Maria, sino al gior­no in cui egli s'è addormentato dell'ultimo sonno sui ginocchi di Gesù, la sua vita è sta­ta una continua sofferenza. La sua morte è stata realmente un martirio. Giuseppe era consumato dal suo amore per il santo Bam­bino».

FIORETTO. Sopporterò pazientemente le noie e la noia della giornata.

GIACULATORIA. Specchio di pazienza, prega per noi.

Il cuor con giubilo aprì al dolore: la croce mediti del Salvatore.

17 - GIUSEPPE PIO

La pietà è utile a tutto. 1 Tim,4,3.

1. Giuseppe è pio.

La pietà fa parte della giustizia, perché a Dio spetta di diritto il nostro culto. Giuseppe è l'uomo giusto, sarà dunque pio, scrupolo­samente pio, essendo la pietà la prima giusti­zia per un cuore retto e sincero.

Sarà pio di quella pietà che non si con­tenta dell'osservanza materiale delle ce­rimonie e dei riti, ma trova la sua sorgente nell'anima, sottomessa docilmente alla volon­tà del Padre celeste, studiosa di fargli piace­re, premurosa di onorarlo e di farlo onorare. 2. Giuseppe è pio nella famiglia.

Non doveva di certo esser difficile la pra­tica della pietà nella santa Famiglia di Nazaret! Ma quanta edificazione per noi nel seguir Giuseppe e Maria quando, quaranta giorni dopo la nascita del Bambino, si recano al Tempio, pronti alla fedele osservanza della legge, tutti ardenti nell'offerta all'Eterno Padre!

Così è ancora Giuseppe che guida al tem­pio Gesù dodicenne, perché possa, come deve, rendere anch'egli al Signore il giusto tributo del cuore.

Chi è pio manifesta naturalmente la pietà, così come per natura il fuoco si rivela. La pietà è il fuoco dell'anima fedele. Giuseppe ne ar­deva tutto, e il suo ardore fiammeggiava più grande, perché tanto vicino a quello di Gesù e di Maria.

3. Qual è la nostra pietà?

Merita a stento, la nostra, il nome di pietà. È un culto, il nostro, pieno di formalismi e vuoto d'anima, vuoto cioè di fede, di speran­za, di carità.

E per questo ci lascia freddi e assenti, e per questo manca di continuità e di per­severanza.

La pietà, quand'è sentita, ci fa in qualche modo compagni dei cittadini del Cielo, c'in­troduce con l'anima sin d'ora nella città di Dio.

Giuseppe per la sua pietà viveva davvero in Cielo anche prima di morire...

Piissimo Giuseppe, tutto immerso nella contemplazione delle celesti cose, così cuore a cuore con Gesù e con Maria - vero paradi­so in terra - risveglia la mia fede. Se i miei occhi non vedono ancora svelatamente il Si­gnore, la mia fede sa pure che Egli vive nei tabernacoli delle nostre chiese, che Egli vive nel tempio del cuore fedele, che Egli è pre­sente in tutta la creazione. Aiutami a far sì che la mia fede sia l'occhio aperto della mia pietà.

LETTURA

Ecco una bella considerazione di san Gio­vanni Crisostomo riferita dal grande Bossuet. «Egli nota nel Vangelo che da per tutto Giuseppe appare come padre.

È lui a dare il nome a Gesù come i padri allora eran soliti dare; lui soltanto è avverti­to dall'Angelo di tutti i pericoli del Bambino e a lui l'Angelo annunzia il ritorno. Gesù lo riverisce e a lui obbedisce: è lui, Giuseppe, che ne dirige tutta la condotta, come colui che ne ha la cura principale, e da per tutto si è mostrato come padre. Da che deriva que­sto? È che il Signore nel suo consiglio voleva dare al gran san Giuseppe «tutto ciò che può appartenere a un padre senza ferire la ver, nità».

FIORETTO. Mi unirò frequentemente al Signore con la recita di pie giaculatorie.

GIACULATORIA. Esempio di pietà, prega per noi.

Nel cuor purissimo pietà sincera t'arde e vi palpita dolce preghiera.

18 - GIUSEPPE ORANTE

Questi è colui che molto prega. 11 Mach., 15,14.

1. Giuseppe prega.

Chi ha fede ed amore verso Dio non può non pregare: come il fiore si schiude al matti­no verso il sole, così l'anima appena desta si presenta al suo Signore. E come il creato vive della luce che dal sole si versa sul mondo, così la creatura dovrebbe vivere nel palpito caldo di Dio.

La vita di san Giuseppe è vita di preghiera. perché è vita di unione con Dio fatto uomo. Abituato alla pietà, come ogni buon Israelita, ora che è familiare di Gesù, Giu­seppe respira la pietà.

2. E prega con tutta la vita.

Spesa com'è la sua vita nei suoi doveri di padre con Gesù e di sposo con Maria, egli, si può ben dire, non si occupa d'altro che di Dio. E occuparsi di Dio è pregare, è chiamare il Cielo in terra. Non è Nazaret, davvero, un lembo di cielo?

Giuseppe vive in quel cielo, e il rumore del mondo e le sue vanità e i suoi allettamenti e i suoi disordini non lo sfiorano neppur da lontano. Chi vive di Dio non sa che farsi del mondo. Sarà invece il mondo che dovrà bus­sare alla porta di san Giuseppe perché, per il suo cuore, possa ancora trovar grazia e mise­ricordia presso Dio.

3. Giuseppe prega con Gesù e con Maria.

Grande segreto questo, onde la preghiera sia la più bella preghiera e la più feconda. Non c'insegna la Chiesa a pregare nel nome di Cristo, a bussare alla porta di Dio accompa­gnati dalla Vergine Madre? «Qualunque cosa voi chiederete al Padre in nome mio, il Padre mio ve la darà».

Giuseppe precorre il divino consiglio... Prega con Gesù. E come fa Maria che si scri­ve nel cuore, per meditarli, ogni atto, ogni parola del Figlio di Dio, così fa Giuseppe. Ed è tutto un profumo di Cielo.

O Giuseppe, che fai della preghiera il respiro della tua vita, e già dalla terra ti uni­sci ai celesti nella lode perenne al Signore, ottieni anche a me il gusto della preghiera.

La preghiera alimenta la purezza del cuore e il desiderio del Cielo, la preghiera pacifica l'anima e innalza la vita. Io voglio specchiar­mi in te, che se calchi la terra fissi gli occhi nella patria beata; e per far come te voglio attaccare il mio cuore alla Madonna e al frut­to benedetto del suo seno, Gesù.

LETTURA

«San Giuseppe - pensa Mons. Gay - non è di certo né la sorgente né il fiume della Re­denzione, ma è la terra docile e aperta che permette alla sorgente di zampillare e al fiu­me di scorrere. Chi dirà la grandezza, la bel­lezza, la santità di una vita scelta da Dio stes­so per un simile mistero?

Se si dora con tanta cura l'interno dei sa­cri calici che, ogni mattina, per qualche istan­te, debbono contenere il sangue della Vittima eucaristica, come lo Spirito Santo ha dovuto rivestire di purezza, di giustizia, di carità so­prattutto, come ha dovuto trasformare in amo­re, in religione, in umiltà, in pietà fervente, in devozione senza limite, non soltanto l'in­terno di questo essere, destinato e consacra­to a servire di luogo umano, di dimora, di riparo, di garanzia, all'ineffabile vita di Gesù e della santissima Vergine? Davvero questa paternità di Giuseppe allo sguardo di Gesù è lo specchio della paternità eterna: essa ne riflette l'autorità, l'imperturbabile serenità, l'immensità, la soavità».

FIORETTO. Veglierò meglio, affinché le mie preghie­re abituali siano fatte con più consapevole pietà.

GIACULATORIA. Lumen Patriarchcírum, ora pro nobis: luce dei Patriarchi, prega per noi.

La tua preghiera da alla tua vita ricca fiorita di primavera.

Asangiusappe

19 - GIUSEPPE LIETO

Dio ama chi dà con ilare cuore. 2 Cor., 9, 7.

1. Giuseppe è lieto.

Chi pensi alla vita assai tribolata del no­stro Santo, è forse portato a ritenerlo tutto segnato nel volto e nel cuore di tristezza mor­tale. E non è così. La sofferenza, accettata con cuore fedele a Dio, non impedisce all'anima di serbar la sua pace, di respirare il suo gau­dio.

Chi ama Dio nelle pene, può anche sor­ridere con le lacrime agli occhi. Giuseppe ebbe la gioia suprema di evitare, per quanto gli fu possibile, tribolazioni e tristezze al Cuore di Gesù e al Cuore di Maria.

Soffrire per le persone amate non è letizia vera?

2. Giuseppe è lieto perché sta con Gesù.

Nonostante le persecuzioni e la povertà, nonostante la profezia del vecchio Simeone, è provvidenza buona che nella casa di Nazaret ci sia il volto di Gesù fanciullo. Chi potrà ritrarre il volto di Lui? Se ogni bambino ha la grazia di un fiore, nella delicatezza delle tin­te, nel lampo candido degli occhi, nella boc­ca ridente, che sarà di questo Bimbo che è insieme il Figlio dell'Altissimo?

E Giuseppe vive con Lui, che lo chiama babbo; e lo può carezzare, interrogare, con­templare a suo agio... E può dire a se stesso: son io che lo nutro, che lo vesto, che lo difen­do. E gli sprazzi di gloria che coi pastori e coi magi, con Simeone ed Anna, sollevano il velo dell'infanzia di Gesù, non son la gioia di Giuseppe?

3. E con Gesù sta Maria.

L'incanto si fa ancor più profondo e più gentile. Uno sguardo, una parola di Maria non è per il povero legnaiuolo una ricompensa impareggiabile

I Santi qui in terra darebbero la vita per ottenere di veder la Madonna...

Giuseppe viveva con lei, vicino al suo cuo­re, esercitando su di lei i diritti di un'autorità che il suo matrimonio gli riconosceva piena ed intera. Ma nella casa di Nazaret c'è un solo diritto: l'amore; e l'amore è sempre fonte di gioia.

Giuseppe santo, che provato dall'a­sprezza della vita trovi nel tuo amore alla Madre di Dio e al suo divin Figliuolo il se­greto di un inalterabile gaudio di spirito, abbi pietà di me che vado in cerca, stolto, dei pia­ceri materiali del mondo. E non trovo pace, e sono triste sino infondo all'anima e mi stor­disco per illudermi d'esser giocondo, mentre mi allontano dall'unica sorgente infallibile di letizia.

Fammi ritrovare la strada dei santi altari, dove il Signore, prigioniero di amore perse­verante, m'aspetta per dare anche a me il gau­dio dei Santi.

LETTURA

Ma se Betleem fu la croce di Giuseppe, a Betleem - medita il padre Faber -

«egli trova anche una terra di felicità, un mondo di gioia. A fatica avrebbe egli voluto cambiar Betleem per il Cielo. Betleem gli era dolce non solo perché era una croce ed egli era un santo, ma anche perché era una meravigliosa ed abbondante gioia. La vista di Gesù era una visione senza fine, così dol­ce per l'anima, che lo faceva sovrabbondare di soavità spirituale.

E che non doveva essere la compagnia della Madre senza peccato per Giuseppe, a cui ella apparteneva dopo Gesù, più che a tutti? I servizi che le rendeva con tanta tene­rezza erano un culto che lo santificava e l'av­vicinava a Dio. Maria è per tutta la terra una sacra sorgente di gioia, e Giuseppe è per l'ap­punto colui che più da vicino dimora alla roc­cia da cui essa zampilla fresca e abbondan­te».

FIORETTO. Mi sforzerò di vincere il cattivo umore e di mostrarmi calmo e sereno.

GIACULATORIA. O custode della letizia, prega per noi.

Pura letizia ti vien dal cuore, dove delizia è il tuo Signore.

20 - GIUSEPPE CARITATEVOLE

La carità è da Dio. 1 Giov_ 7, a.

l. Giuseppe vive di carità.

La carità è parola cristiana, per indicare l'amore che in Dio ha la sua sorgente e il suo punto d'arrivo, anche se passa attraverso gli uomini.

La carità l'ha insegnata al mondo, con la parola e con l'esempio, Gesù Cristo. Giuseppe che, dopo Maria, ha goduto del­la maggior domestichezza col Figlio di Dio vivente tra gli uomini, ha avuto agio d'impa­rar la lezione divina. Già orientato verso il Signore dei cieli, a cuore a cuore con Gesù, ha potuto e saputo far della sua vita un palpi­to solo di ardente amor di Dio.

2. Giuseppe rende partecipi gli altri della sua carità.

La carità non è solitaria. Gli egoisti si chiu­dono in sé come il baco nel bozzolo... Chi invece ha la carità fa come la fiamma che ama espandersi ed innalzarsi. Giuseppe ha nel cuore tutto un incendio che egli alimenta ogni giorno, con l' ardenza che attinge ai cuori di Gesù e di Maria. Ma ad essi, quanto dà di se stesso! Dà anzi tutto se stesso; senza calcoli d'egoismo, col desiderio solo di veder sui loro volti il sorriso e la tranquillità! Egli non ignora che Dio ci ha amati per il primo e che Dio è li presente, umile e servizievole, sotto i suoi occhi, nell'attesa di uscir fuori per le vie del mondo e dire agli uomini la parola di vita e darsi per essi all'obbrobrio della morte di cro­ce. Giuseppe sa che il piccolo Gesù è il suo grande Maestro. Già si modella su di Lui e sull'esempio della sua Madre.

3. E chiama noi ad attingere al suo esem­pio.

Noi che tutto abbiamo ricevuto e ricevia­mo da Dio e dagli altri, questi nostri così det­ti tesori li custodiamo con il sospetto e con la durezza coi quali l'avaro fa la guardia alle sue ricchezze. Disgraziati noi! C'è un mezzo solo per mandare in rovina le più fiorenti vir­tù e i più ricchi doni: tenerli per sé. Chi dà aumenta il proprio patrimonio cristiano: chi chiude il cuore alle altrui suppliche si con­danna alla morte e alla rovina per l'eternità.

O Giuseppe santo, tutto fragrante di quella carità, che alimenti premuroso e co­stante all'infinita fornace del Cuore di Gesù, tu senti dilatarti il cuore nella pienezza della vita, perché ti dai senza risparmio a coloro che Dio t'ha affidato. La generosità è il vero modo di ringraziare Dio dei molteplici doni nascosti nel cuore dei suoi, è il vero modo di attirarsi nuova onda di bene. O Giuseppe, ottienimi dal tuo dolcissimo Gesù il gusto della carità senza misura.

LETTURA

«Giuseppe, in seguito alla sua vocazione - nota sempre con penetrante chiarezza il pa­dre Faber - non vive che per servir Gesù Bam­bino, come fino allora non aveva vissuto che per vegliar su Maria, il giglio di Dio.

Egli è, si deve dire, il capo della santa Fa­miglia. D'altronde cede il posto a Gesù, ap­pena Gesù è abbastanza cresciuto in età. Egli passa silenziosamente nell'ombra come la luce che si nasconde dietro la nube, senza la­gnarsi che i suoi raggi siano intercettati. La sua vita non dura tanto da permettergli di ve­dere i giorni dei miracoli e della predicazione, e tanto meno le austere grandezze del Getsemani e del Calvario. Il suo spirito è lo spirito di Betleem. Giuseppe è in certo modo la proprietà della Santa Infanzia».

FIORETTO. Ripeterò con frequenza atti di amorosa ca­rità verso il Signore.

GIACULATORIA. Giuseppe, amante di Dio, prega per noi.

Dolore o gioia, nel tuo del cuore, tutto è fervore di carità.

21 - GIUSEPPE COMPASSIONEVOLE

I giusti sono misericordiosi. Prov., 13,13.

1. Giuseppe ha compassione di Gesù.

Messo a parte dei divini misteri, il Patriar­ca santo non sta presso Gesù e Maria come un custode e un protettore che compia solo materialmente il suo ufficio. Egli non è un estraneo preso a servizio, per trovar modo di tirare innanzi la vita: egli è della famiglia di Gesù e di Maria. E Gesù è al centro di questa famiglia: è il segreto, il perché di essa. Gesù poi è un candidato alla fatica, all'in­comprensione, alla persecuzione, all'ingra­titudine, alla morte.

Giuseppe lo sa. E il doloroso avvenire del suo divino protetto è la sua passione. Soffre, senza dirlo e senza mostrarlo, con Gesù.

2. Giuseppe ha compassione di Maria.

Nulla sfugge allo sguardo di una mamma: nulla può sfuggire allo sguardo di Maria, quando pensa, sogna, guarda a Gesù.

La profezia crudele del tempio le è rimasta davvero in mezzo al cuore, come una spada. Ed ella, non tenta, perché non vuole, di strap­parsela dal petto. Sa che la stessa spada, dal momento della nascita, ha trafitto il Cuore del suo innocentissimo Figliuolo. Sulla croce, quando Gesù sarà morto e Longino, per tutti, compirà il gesto crudele, allora tutti se ne ac­corgeranno, e la ferita del costato li condurrà a scoprire l'immensa ferita del Cuore.

Quante volte Maria piange senza lacrime, per non addolorare Gesù, per non turbare Giu­seppe. Ma Giuseppe indovina quelle lacrime ed è con la Madre e col Figlio ancor più, se è possibile, premuroso e gentile.

3. Giuseppe ha compassione di noi.

Accettando e compiendo la sua nobilissi­ma ma quanto tremenda missione, Giuseppe mostra di aver anche per noi viscere di mi­sericordia. Egli associa la sua offerta, per quanto al paragone tanto piccola, con quella del Figlio divino e della purissima Madre di Lui: anch'egli si fa con essi, dinanzi all'Eter­no Padre, ostia pura, viva, santa, accettevole.

Grazie, o compassionevole Giuseppe, che sei lieto di soffrire e di offrire per i fratel­li, quanto più bisognosi di te di redenzione, le ricchezze del tuo cuore. Grazie! La tua le­zione mi sia di stimolo ad esser pietoso con coloro che son pellegrini con me verso il cie­lo, pronto anch'io a mettere in comune con essi quelli che sono i doni di Dio e concorre­re in qualche modo, per le vie della carità, a rendere ad essi ed a me più agevole il cam­mino verso la patria beata.

LETTURA

«San Giuseppe che ha tante cose da dire - medita Ernesto Hello - non parla. Egli con­serva nel fondo dell'anima le grandezze che egli contempla: e le montagne si innalzano infondo a lui sulle montagne, e le montagne fanno silenzio. Gli uomini sono trascinati dal fascino delle bagattelle. Ma san Giuseppe re­sta nella pace della sua anima e in possesso del suo silenzio. Fra le scosse del viaggio in Egitto, in questa fuga di Gesù Cristo già perseguitato, tra i pensieri, i sentimenti, le sorprese, gl'incidenti, le difficoltà di questo viaggio, colui che rappresenta Dio Padre prende la fuga, come se fosse debole e colpevole; egli fugge in Egitto, nel paese dell'ago­nia; ritorna in quel luogo terribile nel quale i suoi antenati erano fuggiti sotto la prote­zione dell'Eterno. Segue le strade che per­corse Mosè, e le segue in senso inverso. E mentre va in Egitto, mentre è in Egitto, si ri­corda di aver cercato un posto nell'albergo e di non averlo trovato!».

FIORETTO. Non mi lascerò sfuggire l'occasione di sol­levar la miseria o la tristezza degli altri.

GIACULATORIA. O Consolatore dei miseri, prega per noi.

Tutte le lacrime consoli, buono: per tutti gli uomini chiedi perdono.

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22 - GIUSEPPE DISPREZZATO

 

Essi mi disprezzarono. Isaia, 1, 2.

1. Giuseppe fu disprezzato.

Non giova la bontà, la mitezza, la purezza della vita per ottenere, nel mondo, non dico approvazione, ma neppure tranquillità.

Il mondo plaude soltanto a chi la pensa come lui, a chi è disposto a passar sopra il lecito e l'onesto, adattandosi a quelle che sono le necessità della sua malizia. Tra il mondo e Dio c'è assoluta incompatibilità d'intesa.

Chi sta con Dio dovrà infallibilmente aspettarsi il morso velenoso del mondo, non riuscirà a schivarne gli strali.

2. Fu disprezzato per le sue virtù.

Chi è cattivo non si può dar pace che ci sia chi è buono: sarà forse perché chi è buono è per il cattivo un rimprovero vivente?

È certo che i malvagi trovano spesso la loro soddisfazione nel disprezzare i giusti.

E i giusti lo sanno, ed hanno messo questa dolorosa possibilità nel loro bilancio.

San Giuseppe vivendo con Gesù, che è tutta la bontà, deve anch'egli partecipare al disprezzo che sin dalla culla si appunta con­tro il Salvatore del mondo.

È un povero falegname, Giuseppe, e Gesù è dinanzi agli occhi degli uomini il figliuolo del falegname. Quando sarà grande glielo getteranno in faccia l'insulto: «Che cosa sai tu? Che cosa pretendi insegnare, nazareno, figlio di un legnaiuolo?».

3. Non ci turbiamo dunque se gli uomini ci disprezzano.

Se faremo bene, attenendoci con scrupolo alle massime del Vangelo, è quasi certo che, non andando d'accordo col mondo, il mondo non ce la perdonerà. Saremo tagliati fuori da' suoi favori e non saranno certo per noi i pri­mi posti, le ricchezze, le soddisfazioni, i pia­ceri, la gloria. «Ma passa il mondo, e passa la sua concupiscenza...» Il Signore invece rima­ne in eterno, e ci aspetta nel suo Regno per dare a ciascuno il suo.

Giuseppe non s'è mai sognato di attendere approvazione e ricompensa dal mondo.

Insegnami, o Giuseppe santo, a seguire la virtù, ad operare il bene, non per le pro­messe del mondo, ma per l'amore di Cristo. Il tuo esempio mi giovi per accettare con en­tusiasmo l'isolamento, lo scherno e la disi­stima degli uomini, purché mi rimanga nel cuore la grazia di Gesù Cristo e mi sia riserbato per l'ultimo giorno il suo invito alla gloria celeste.

LETTURA

«È certo - medita Mons. Gay - che in san Giuseppe tutto sembra immenso all'occhio dell'anima. Il suo carattere e il primo aspet­to sotto il quale viene contemplato è la pro­fondità. È un carattere di una maestà e di una semplicità inaudite. Le proporzioni di Giu­seppe superano quelle degli esseri terrestri. Fin da questo mondo, egli è tutto del cielo; e il cielo dov'egli è, donde egli è, il cielo della sua vita e delle sue prodigiose funzioni, con­fina col cielo dei cieli che è il soggiorno del­la divinità. Quest'uomo è posto come sulla soglia di Dio per apparire di là al mondo, circondato di luci che ai nostri poveri occhi sembrano vere tenebre. É il più nascosto dei figli d'Adamo, ma perché egli è il più immerso di tutti nelle chiarezze dell'alto che la Scrit­tura chiama «inaccessibili». È un uomo san­to in tutta la forza del termine; un uomo a parte, riservato, ritirato, separato; un uomo nel quale si direbbe che tutto è interiore. È un uomo di Dio, tutto in Dio, è la perfezione compiuta di ciò che noi usiamo chiamare quaggiù un Figlio di Dio ».

FIORETTO. Nel disprezzo che potrò oggi comunque incontrare, voglio trovare un segreto di pu­rificazione.

GIACULATORIA. E’ bene per me l'essere stato umiliato.

Se ti dispregiano gli uomini, o Santo, tu dell'Altissimo sei onore e vanto.

23 - GIUSEPPE PERSEGUITATO

Mi perseguitarono ingiustamente. Ps. 118. ist.

I. Giuseppe fu perseguitato.

Il disprezzo, per quanto penoso, non è an­cora la persecuzione, ben più severa e spieta­ta. Col disprezzo gli altri pretendono d'igno­rarci e di umiliarci, con la persecuzione vorrebbero ridurci all'annientamento.

Giuseppe s'ebbe anche la persecuzione. Perché? Che cosa faceva di male lui così giu­sto, così amabile, così quieto ed appartato? Non sempre ci si può dare una ragione plau­sibile, quando si avventa contro di noi l'on­data della persecuzione. Ma per Giuseppe la ragione è evidente: Egli custodisce Gesù. Come dunque il diavolo lo lascerà tranquil­lo?

2. Giuseppe fu perseguitato con Gesù.

Grande, immensa fortuna per lui! Esser chiamato a difender Gesù, a patire per lui, che patirà - e già comincia a patire - per tutti, e morirà per tutti sul patibolo della croce. Avrà parte, dunque, ai meriti infiniti di Gesù Cri­sto.

Dolce constatazione, che, se è vera per Giuseppe, sarà anche vera per quelli che nel corso dei secoli si faranno scudo al Signore contro l'odio del mondo. Dirà, un giorno, Gesù di Nazaret: «Beati quelli che soffrono persecuzioni per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli». Queste parole non avrà in qualche modo il fanciullo Gesù fatto risuo­nare a conforto nel cuore del suo padre putativo, quand'era con Lui fuggiasco e ramingo per la terra?

3. Siamo fedeli a Gesù.

La fedeltà di Giuseppe verso il suo divin protetto è la ragione della grandezza e della gloria di lui tra gli uomini e tra i beati.

Il sacrificio, qualunque esso sia, sarà sem­pre fecondo. Tutto sta a saper rimanere senza turbamenti e proteste al proprio posto, e, per­durando la persecuzione, dimostrare così al Signore che veramente per noi è meglio ob­bedire a Dio che agli uomini. C'è oggi tanta povertà di carattere e così di frequente i cri­stiani disonorano il nome del Signore.

San Giuseppe è un carattere cristiano. Im­pariamo.

Fedelissimo custode di Gesù, con Lui gloriosamente perseguitato, dà al mio cuore la fecondità della prova sopportata per il Si­gnore. Che io non mi faccia irretire dalle vane lusinghe e neppure dalle minacce del mon­do!

Se voglio il mio premio quaggiù, non avrò certo la sorte di esserti compagno nelle eter­ne delizie; ma se ti seguirò nell'umile e pe­noso servizio di Dio, sarò con te là dove le spine della terra dànno fiori e frutti eterni di cielo.

LETTURA

Ecco uno slancio di ammirazione di san Francesco di Sales all'indirizzo di san Giu­seppe.

«Il Santo di cui celebriamo la festa è, così, come la santa Chiesa ci fa dire, simile alla palma. Oh che gran santo il glorioso san Giu­seppe! Non. è solo patriarca, ma il corifeo di tutti i patriarchi: non è semplicemente con­fessore, ma più che confessore, poiché nella sua confessione sono incluse la dignità dei Vescovi, la generosità dei Martiri e di tutti gli altri Santi. È dunque a giusto titolo para­gonato all'albero della palma, che è il re de­gli alberi, il quale ha la proprietà della ver­ginità, dell'umiltà e della costanza e valore, tre virtù nelle quali il glorioso san Giuseppe si è grandemente distinto.

Che se si osasse fare un paragone, ci sa­rebbero molti ad affermare ch'egli sorpassa tutti gli altri Santi in queste tre virtù».

FIORETTO. Mortificherò i miei gusti per abituarmi a vincere le tentazioni.

GIACULATORIA. Non mi abbandonare nell'ora della tribo­lazione.

Della tristezza nell'ora amara, l'anima impara la santa ebbrezza.

24 - GIUSEPPE MORTIFICATO

Il Signore prova colui che Egli ama. Ebr., 12,6.

1. La mortificazione di Giuseppe.

Come dice la etimologia della parola, dob­biamo rendere come morto il nostro corpo, la nostra parte materiale, se vogliamo che lo spirito metta, per così dire, le ali. Composti di anima e di corpo, noi corriamo pericolo di affogar l'anima nella materia, con eterno dan­no dello spirito.

Perché, ad accogliere il Figlio di Dio umanato, il Signore sceglie la povera casa di Giuseppe e di Maria? È evidente. Gesù viene per ricondurre l'uomo a Dio: ora è la soffe­renza, la povertà, il disprezzo che guidano al Signore... Le ricchezze e le soddisfazioni son beate in loro stesse. Ma per quanto?

Giuseppe è contento della sua povertà, è lieto di guadagnarsi il pane sudando, è soddi­sfatto di quel che gli basta per vivere.

2. Anche Gesù vive di mortificazione.

Se Giuseppe avesse potuto sentire il peso della sua condizione così povera, la presenza di Gesù sotto il suo tetto sarebbe stata per lui vittorioso aiuto contro la tentazione.

Vedere il Figliuolo di Dio partecipare alla sua amara vita, voleva dire per lui trovare dolce il suo pane, soave il suo lavoro, desiderabile la sua povertà. Fa così bene, quando ci si ama, dividere insieme le gioie e i dolori, e, forse, i dolori più delle gioie.

Giuseppe ha sentito il gusto squisito della mortificazione.

3. E noi?

È molto utile che ce lo domandiamo, per non buttar via la vita nella ricerca di beni caduchi. La maggior parte degli uomini han­no il torto di credere alla materia piuttosto che allo spirito, al tempo piuttosto che all'eter­nità. Ma se il padre putativo di Gesù ha avuto come retaggio la pena, la fatica, la povertà, la ristrettezza, invece che le soddisfazioni del danaro, dei piaceri e della gloria, da qual par­te starà la verità, la parte migliore?

O amabile san Giuseppe, ho già fatto anch'io la mia -scelta: voglio anch'io mor­tificarmi per non dar morte all'anima mia, e meritare un giorno le ricompense di Gesù. Fa' ch'io gusti le reali se pur recondite dol­cezze della rinunzia e non mi arresti giam­mai all'amarezza del loro primo incontro.

Tu mi sei protettore paziente: non ti stan­care di ripetermi la divina lezione.

LETTURA

«La paternità di san Giuseppe è attiva... - leggiamo ancora in Mons. Gay - Egli deve reggere quelli che protegge, egli deve nutrire quelli che regge. Questa grave opera della Provvidenza che consiste nel governare il mondo e che lo spirito non intravede senza essere rapito d'ammirazione, quest'opera è senza dubbio meno ammirabile che il gover­no e la condotta del Salvatore e della sua san­ta Madre. Certo, la luce delle divine perfe­zioni brilla di un vivissimo fulgore nel regi­me dell'universo visibile, ma avvicinata allo splendore nel quale appaiono le stesse perfe­zioni del solo Verbo incarnato e di questa donna che l'ha messo al mondo, questa luce non è più che un'aurora, una pallida aurora.

Ora Giuseppe entra senz'altro di pieno dirit­to, come principe, come capo, come padre nel governo umano della vita di Gesù e di Ma­ria. Egli è perciò il sacramento cosciente, vi­vente, credente, operante in questa saggez­za, di questa potenza, di questa bontà che si chiama Provvidenza e della sua azione più eccellente che è la direzione quaggiù del Fi­glio di Dio fatto uomo e di colei che lo segue passo passo, dacchè l'ha partorito...

Se il Papa è il Vicario di Cristo, Giusep­pe, solo, tra tutte le creature, è il Vicario di Dio».

FIORETTO. Cercherò di non lasciarmi vincere dall'amor propio, che spesso mi fa ingrandi­re le cose spiacevoli.

GIACULATORIA. Mi hai dato la protezione della tua forza.

Chi ti perseguita tifa più santo, poiché all'Altissimo offri d tuo pianto.

25 - GIUSEPPE RASSEGNATO

Non cerco la mia volontà. Ciov.. 5. 80.

1. Giuseppe fu rassegnato.

La rassegnazione è virtù cristiana, a patto che sia intesa a dovere. Non è rassegnazione lasciarsi andare pigramente e passivamente ai nostri difetti o al capriccio delle circostanze e neppure delle persone; rassegnazione è la forza serena che ci fa accettare, come dalle mani di Dio, tutto quel che di laborioso e di doloroso troviamo nel corso della vita, sia frutto della malizia altrui o anche nostra, sia portato degli avvenimenti ai quali dobbiamo sottostare.

È rassegnazione riconoscere volentieri e con sottomissione la volontà di Dio par­tecipata a noi da quelle cose o persone che ne sono in qualche modo i messaggeri.

San Giuseppe fu rassegnato così.

2. Accettò la sua vita come voluta da Dio.

Non avrebbe potuto lagnarsi col Signore per le prove a cui fu subito sottoposto non appena il Verbo si fece carne? Non poteva do­mandare un ordine di cose meno amaro e meno rischioso? E sì che per il Signore era cosa della massima semplicità, anche senza bisogno di cambiar nulla ai suoi piani... Giu­seppe non vi pensò neppure. Dio fa bene quel­lo che fa.

Non ci son che gli stolti e i malvagi che si permettono di criticare i disegni di Dio. E con quali frutti? Se riflettessero meglio!

3. La rassegnazione è sapienza.

Precisamente perché essa è regolata dal­l'amore. Se si pensa che Dio dispone le cose con peso e misura e soprattutto con infinita bontà come si potrà soltanto esitare dinanzi alla volontà del Signore? Lasciamolo fare. Quando, nel giorno dei giorni, nella luce sen­za macchia, potremo riandare la nostra pic­cola esistenza terrena, dovremo sorridere delle nostre incertezze e dei nostri scarti. Quanto siamo piccini! E quanto grande Giuseppe, nella sua semplicità!

O santo Custode del Signore, padre e compagno suo nell'amarezza della sua vita, quant'è soave la tua dolcezza di accettazione e come sapiente! E però quanta pace serena nel tuo cuore generoso, quanto conforto nel­la quotidiana fatica, quanta delizia nell'ap­provazione del tuo divino Protetto!

Accetto fin d'ora con cuore riconoscente quel che il Signore permetterà a mio riguar­do: so che egli non vuole che il bene dell'ani­ma mia.

LETTURA

Il celebre padre Gioacchino Ventura, in uno dei suoi panegirici di san Giuseppe, scrive: «La Madre del Messia doveva avere uno sposo; ma uno sposo che, consentendo ad unirsi a Maria in nodo di santo e legittimo matrimonio, fosse deciso ad osservarvi la continenza: uno sposo vergine, che di sposo avesse la realtà senza esercitarne il diritto. Ma dove trovarlo uno sposo sì fatto, non dico già in tutto il mondo idolatra, ma nella stes­sa nazione giudaica, sola adoratrice del Dio vero: presso la quale però, per la speranza onde ognuno lusingavasi di cooperare alla nascita temporale del Messia, era riputato come maledetto da Dio, e disonorato in fac­cia agli uomini, colui che non aveva figliuo­li? Ora questo sposo raro, unico, singolare, quest'uomo tanto al di sopra dell'umanità, di una virtù nuova e fino allora ignota affat­to nel mondo, di una virtù prodigiosa e pro­digio di tutte le virtù, Dio lo ha trovato in san Giuseppe, che perciò il Vangelo chiama giu­sto per eccellenza: quanto dire, come spiega Gersone: «l'uomo che possedeva tutte le vir­tù in tutta la pienezza, in tutta la perfezione».

FIORETTO. Vedrò volentieri nelle piccole prove della giornata la volontà di Dio.

GIACULATORIA. Si faccia di me secondo la tua parola.

Siccome fulgida gemma, ti sta nel cuor la limpida sua volontà.

26 - GIUSEPPE FORTE

Il Signore è la mia forza. As.. 1 l 7, 14.

1. Ammiriamo la fortezza di san Giuseppe.

Non è la forza quella che gli uomini ma­gnificano e che fa commettere nel mondo abusi, soprusi e violenze. No: la forza di Giu­seppe è tutta mitezza e pace, pur superando tutte le forze del mondo. È la forza che si attinge da Dio e dalla propria coscienza: da quell'insieme di energie che formano il ca­rattere. Il carattere è prima di tutto fedeltà ai propri convincimenti. E Giuseppe è consa­pevole a pieno della sua missione. Sposo di Maria, custode di Gesù, egli dovrà per loro molto sostenere, senza cedere mai, senza mai tradire l'attesa di Dio. Giuseppe è degno del­la fiducia dell'Altissimo.

2. Da chi attinge Giuseppe la sua forza?

Dalla sua fede, prima, da Gesù poi. Se si pensa bene, non sono due sorgenti di forza, queste, bensì una sola sorgente. La sua fede in Dio è resa palpabile dalla presenza del Cri­sto di Dio.

Chi ha fede nel Signore ed è convinto che la vita di ciascuno è protetta e vegliata dal­l'immenso occhio di Lui, onnipotente, chi, se è fedele, potrà dubitare che gli manchino le forze al còmpito assegnatogli?

La fede, che è generatrice d'amore ed è sostenuta dall'amore, è la forza stessa di Dio. Chi potrà mai vincerla?

3. Noi siamo gente di poca fede.

Talvolta noi ci domandiamo il perché del­la nostra sconcertante debolezza; non è dif­ficile trovarlo nella nostra mancanza o im­perfezione di fede. Abituati a toccar tutto con mano e a fare affidamento sulle nostre uma­ne possibilità, non abbiamo più familiarità alcuna con le promesse di Dio, che son più sicure e più reali di quel che ci circonda. Cri­stiani sfiduciati, cristiani indeboliti. Se impa­rassimo da Giuseppe!

O san Giuseppe, che nella tua fede rin­novi ed accresci giorno per giorno quella for­za che ti fà sereno nelle prove, coraggioso nei pericoli, paziente nell'attesa, siimi modello sempre, ma soprattutto quando vedi che troppo umanamente ragiono, che troppo mi attacco ai soccorsi degli uomini, trascuran­do gli aiuti divini, non sforzandomi neppure di stringer la mano onnipotente che il Signo­re mi tende. Ho tanta fiducia nella tua prote­zione, che dissiperà le mie stolte incertezze.

LETTURA

San Bernardino da Siena scrive efficace­mente così: «Se tu mi paragoni Giuseppe a tutta la Chiesa di Cristo, non è egli quell'uomo elet­to e speciale, per il quale e sotto il quale Cri­sto fu ordinatamente introdotto nel mondo? Se tutta la Chiesa è debitrice alla Vergine Madre, perché per mezzo di lei essa fu.fatta degna di ricevere Cristo, dopo di essa, a Giu­seppe deve grazia e riverenza singolare. Egli è infatti la chiave dell'antico Testamento, nel­la quale la dignità patriarcale e profetica con­segue il frutto promesso. Egli è il solo che di fatto possedette ciò che la degnazione divina loro promise. Giustamente egli è simboleg­giato nel Patriarca Giuseppe, il quale serbò il grano al popolo. Ma questo lo sopravanzò, poiché non solo serbò per gli Egiziani il pane della vita corporale, ma per tutti gli eletti nu­trì con molta solerzia il Pane del cielo, che dà la vita celeste».

FIORETTO. Nella debolezza mi dia forza il pensiero di far piacere al Signore.

GIACULATORIA. Giuseppe fortissimo, prega per noi.

Contro l'offesa di Dio, l'amore t'è per il cuore salda difesa.

27 - GIUSEPPE SAPIENTE

L'uomo sapiente è forte. Prue, 24, s.

1. Giuseppe è sapiente.

Non della sapienza del mondo, che è stol­tezza, ma della sapienza che il Signore ispira nei cuori fedeli.

La verace sapienza è fondata sull'umiltà e sbocca nella pietà.

Giuseppe, umile e pio, racchiude in sé i tesori della celeste sapienza, tesori che egli sparse intorno a sé ne' suoi anni mortali e ancora fa piover dal Cielo su coloro che lo pregano.

La sacra Famiglia, per quanto tutta raccolta nella sua aria di paradiso, aveva di certo cor­diali gentilezze per le famiglie vicine. Non tardarono esse a scorgere allora in Giuseppe le armonie e i frutti d'una sapienza non menzognera.

2. Giuseppe diffonde la sapienza.

Molte anime a Betleem, in Egitto, a Nazaret, attinsero senza dubbio largamente al cuore dell'umile falegname, che aveva luci e conforti per tutti e per tutte le circostanze. Nessuno dev'essere avaro con gli altri dei doni di Dio. Se Dio guarda alle anime, ad ogni anima, non è detto ch'egli non guardi alle fa­miglie, alla società, alle nazioni. Ognuno ha l'obbligo di far parte ai fratelli di quelle che son per lui null'altro che larghezze dell'uni­co Padre.

Com'è lieto Giuseppe di veder brillare nella vita dei suoi vicini la pietà e la fiducia verso il Signore!

Per lui questo significa preparar la via al Redentore vaticinato.

3. Diffidiamo della sapienza del mondo.

Giuseppe c'insegna a giudicare uomini e cose secondo i principi delle divine parole. I mondani si smarriscono con tanta facilità e passano tra le più contrastanti disposizioni di spirito. Manca ad essi quell'aureo equilibrio che è condizione di serenità, di giudizio e di fecondità d'azione. Sballottati come nubi dal vento nel cielo d'estate, ignorano la pace, ignorano l'ordine.

Giuseppe vivendo nella sapienza di Dio viveva in pace, dava la pace.

O san Giuseppe, che avevi a te vicina la sapienza incarnata, e da essa avidamente be­vevi l'onda luminosa delle celesti cose, e sa­pevi umiliarti, contemplare, ringraziare, e approfittare, per diffondere a te d'intorno la speranza, la fiducia, l'abbandono nel Signo­re, fammi devoto discepolo della divina dot­trina. Che cosa mi gioverà la conoscenza di tutto lo scibile umano se non ho la scienza di Dio? Rendimi umile, come tu fosti sapiente­mente alla scuola dell'Eterno.

LETTURA

Bossuet, in ammirazione dinanzi alle maraviglie che Dio ha compiuto in san Giu­seppe, osserva: «La mano che forma in particolare tutti i cuori degli uomini, forma un cuore di padre in Giuseppe e un cuore di figlio in Gesù. E però Gesù obbedisce e Giuseppe non teme di comandare a Gesù. E donde viene a lui que­sto ardimento di comandare al suo Creato­re? E che il padre vero di Gesù Cristo, quel Dio che lo genera nell'eternità, avendo scel­to il pio Giuseppe per servir da padre nella pienezza dei tempi al suo unico Figliuolo, ha fatto in qualche modo scorrere nel suo seno qualche raggio o qualche scintilla di quel­l'amore infinito che Egli ha per il suo Figliuo­lo: è ciò che gli cambia il cuore e gli dà un amore di padre; così bene che il giusto Giu­seppe che sente in sé un cuore paterno, for­mato d'improvviso dalle mani di Dio, sente anche che Dio gli ordina d'usare dell'autorità paterna; ed egli ora comanda a colui che egli conosce per suo padrone».

FIORETTO. Accetterò con riconoscenza le contrarietà che mi ricordano la fragilità della mia esisten­za.

GIACULATORIA. Tu sei diventato il mio aiuto.

La luce santa ciel Nerbo eterno nel cuor ti canta d'amor superno.

28 – GIUSEPPE MORENTE

Ecco come muore il giusto. Liturgia.

1. Quando morì Giuseppe.

Gesù non ha ancora lasciato la pia e labo­riosa casa nazarena, quando Giuseppe s'am­mala. Il servo buono e fedele, colui che ha imperniato in sé, nel suo sacrificio, nel suo lavoro, il governo della famiglia modello, è stanco ormai: non nello spirito, ma nel corpo.

Gli avrà già detto, il giovane Gesù, che Egli si sta preparando per uscire tra gli uomini a predicare, a morire? Non avrebbe diritto lui, Giuseppe, di assistere al trionfo tra gli umili di questo suo figlio putativo?

Giuseppe di una cosa sola s'è preoccupato, di compiere fedelmente l'opera di Dio. Ora non c'è più bisogno di lui: può dunque chiu­dere gli occhi in pace.

2. Dove morì Giuseppe.

Nella casa di Gesù. Si può ben chiamare così la casa di Nazaret. Muore, Giuseppe, tra le umili cose che hanno visto venir su come vigoroso bellissimo virgulto il Figlio di Dio fatto uomo, che hanno contemplato la delica­ta purissima tenerezza della Madre per eccel­lenza. Non c'è nulla che lo turbi d'intorno. Ogni cosa non ricorda che bene, ogni cosa gli è stata d'aiuto nel suo compito. A lui vien voglia di benedirle tutte... È un cantico di ri­conoscenza che gli sale dal cuore, tranquillo, puro, sereno. È l'ora, l'ora di Dio. Se questa è la casa terrena del Figlio dell'Altissimo e gli basta già tanto, che cosa sarà mai la casa del Cielo?

3. Come morì Giuseppe?

Tra Gesù e Maria. Ecco, sì, la sua spina... Lasciare Gesù e Maria. Sarà per poco, ma la separazione gli punge il cuore, sino a farglie­lo sanguinare. Ma è un attimo: è la natura che si risente. La grazia vince. Una parola di Gesù, uno sguardo di Maria: egli s'abbandona tutto in un'onda di soavità, che non è terrena.

Si pensi che neppure Maria avrà questa sorte beata: essere così, nel supremo passag­gio, assistita visibilmente dal cuore di Gesù.

Sul cuore di Gesù, Giuseppe s'addormenta in pace, sotto la carezza di Maria.

C'è, intorno, tutto un brusio d'ali.

Giuseppe purissimo, mi sento tutto inte­nerire al pensiero della tua morte beata: mi pare che sarà per me più facile morire, ora che ti ho contemplato morire... Gesù e Ma­ria ci sono anche oggi, e ci sei tu; e mi assi­sterete tutti, invisibili, nell'ultima ora. Di che temerò? Ma io, o Santo, non ho dato come te tutto al Signore, e tanto l'ho fatto soffrire. Ho troppo amato la vita del corpo, ho tanto tra­dito la vita dell'anima. Confuso e pentito, vo­glio oggi vivere secondo il tuo esempio: ot­tienimi il perdono e la santa perseveranza.

LETTURA

«Giuseppe - osserva Mons. Bougaud nel suo libro «Il cristianesimo e i tempi presen­ti» - dovette morire durante gli anni che Gesù passò nel silenzio di Nazaret, lavorando nel­la bottega del suo padre putativo.

Ma non si sa la data precisa della sua mor­te. Gli ultimi anni di quest'uomo, così gran­de nella sua umiltà, sono altrettanto scono­sciuti che i suoi primi.

Egli si muove, silenzioso e discreto, tra i divini segreti di Betleem e di Nazaret. Egli è il velo di misteri che il mondo non compren­derà che più tardi. Scelto per questa delicata missione, Giuseppe possiede tutte le qualità che essa esige: il riserbo, la modestia, l'oblio di se stesso, una celestiale assenza di curio­sità, e con questo una purezza d'angelo. Quando non c'è più bisogno del velo, egli s'invola silenziosamente nell'eternità. La sua fine ha lo stesso carattere d'assoluto distac­co che presenta la sua vita.

Muore prima delle maraviglie della vita pubblica di Gesù.

Se ne va, senz'aver visto nulla, ma non desiderando né rimpiangendo nulla; fidan­dosi di Dio che sarà fedelissimo alle sue pro­messe; fissando gli occhi su quel dolce e te­nero Fanciullo ch'egli sa chiamato a così grandi cose, e che, all'età di diciotto o vent'anni non ha ancor fatto altro che segare tavole e fabbricar aratri».

FIORETTO. Cercherò di prendere l'abitudine di fare ogni tanto, con cuore compunto, la prepa­razione alla morte.

GIACULATORIA. Patrono dei morenti, prega per noi.

Gli occhi si velano, l'alma è assopita... Gesù ti mormora: Io son la vita.

29 - GIUSEPPE TRIONFANTE

Una corona d'oro cinge il suo capo. Eccli. 45, 14.

1. Giuseppe trionfa nel Cielo.

Il Cielo è il luogo dei veri trionfi, dove tutto è schietto, bello, vero, santo. Soprattutto quan­do chi arriva lassù è passato sulla terra igno­rato, disprezzato quasi, sudando il pane quo­tidiano, e facendo costantemente il bene. Giuseppe, che aveva un suo compito, tan­to alto, da fare invidia agli Angeli, non ha ri­cevuto tra gli uomini che indifferenza... Di lui non parlan le storie... È uno dei molti Santi che passano tra gli uomini come non fossero mai stati. Perfino nella Chiesa, Giuseppe è rimasto per molti secoli quasi nascosto, cir­condato ancora dal suo così caro silenzio. Ma in Cielo! Che festa!

E ora Egli è in Cielo con Gesù e con Ma­ria. La santa Famiglia!

2. Giuseppe trionfa nel Purgatorio.

Giuseppe, che ci ha salvato Gesù per la croce e per l'altare, a Betleem - la casa del

pane - e a Nazaret - la casa del fiore, - è uno dei grandi benefattori degli uomini. È inte­ressato più di tutti dopo Maria, alla redenzione operata da Gesù. La redenzione nel Purgato­rio è in atto: non è ancora raggiunto l'ultimo stadio. Giuseppe non può disinteressarsi di quelle care povere anime. Lo sanno, e prega­no e sperano nella sua intercessione. Egli è l'amico del Purgatorio. E un grande consola­tore.

3. Giuseppe trionfa sulla terra.

Ci son voluti i Santi per destare nel cuore dei fratelli il culto di San Giuseppe. San Ber­nardo e santa Teresa tra tutti. Ora la sua glo­ria s'è levata nel cielo della Chiesa, ed egli è, come dev'essere, una stella di prima grandez­za.

Si direbbe che dal Cielo continui a fare in terra il suo benedetto ufficio. Proteggere, cu­stodire, difendere, soccorrere... Ne ha tanto bisogno la terra!

E ora, in Cielo, il Signore lo lascia fare. Fa ancora così bene, come sempre!

O mite trionfatore, Giuseppe santo, che nel Cielo sei ripagato della tua devozione a Gesù e a Maria, sei ricompensato delle tue nascoste sofferenze, della tua generosa rinun­zia, provvedi alle nostre necessità, rimedia ai nostri travagli. Nelle nostre case, nelle ani­me, nella mia anima, v'è tanto bisogno d'un occhio buono che vegli, d'una mano amica che ordini, d'un cuore caldo che inspiri. Pren­dine possesso tu, in nome del tuo divino Pro­tetto.

LETTURA

Santa Teresa di Gesù scrive ancora, a pro­posito della sua devozione al santo Patriarca: «Procuravo di celebrar la sua festa con la maggior solennità che mi fosse possibile...

Per la grande esperienza che io ho dei fa­vori che san Giuseppe ottiene da Dio, vorrei persuader tutti ad essergli devoti. Non ho co­nosciuto persona che gli sia veramente de­vota e che pratichi in suo onore qualche par­ticolare devozione, che non faccia notevoli progressi nella via della virtù.

Le anime che si raccomandano a Lui sono aiutate in maniera particolarissima. È già da vari anni che nel giorno della sua festa io gli domando una grazia speciale: Egli mi ha sem­pre esaudita. Se la grazia che gli chiedo non è tanto conforme alla gloria di Dio, la rad­drizza egli stesso e me ne fa ricavare un bene maggiore...

Soltanto prego, per amor di Dio, che lo provi chi non mi crede e vedrà per esperienza di qual vantaggio sia il raccomandarsi a que­sto glorioso Patriarca e l'essergli devoti».

FIORETTO. Mi voglio abituare a riportare a Gesù, pic­coli successi che possono rallegrare la mia vita.

GIACULATORIA. Capo della Sacra Famiglia, prega per noi.

Tu dall'empireo luce di speme doni, nell'ardua prova, a chi geme.

30 - GIUSEPPE ESEMPLARE

 

Guarda e fa secondo l'esempio. Ex., 25, 40.

1. Giuseppe è modello nella conoscenza di Dio.

S'è votato a Dio e ha vissuto di Dio. Quando ha visto, trasalendo, nascere il Signore, accanto a lui nella misera stalla e seguirlo poi da per tutto, proprio come un bambina, egli non sapeva più trattenere le la­crime. A mano a mano la sua mente si arric­chiva di celesti chiarezze: vedeva Gesù, ve­deva Dio. Lo studiava con la passione del­l'amore. La contemplazione per lui era for­ma della preghiera. S'era aperto il Cielo, e la gloria di Dio lo inebriava.

2. Giuseppe è modello nell'amore di Dio.

Quel che è bello è oggetto d'amore. Nulla può essere più irresistibilmente oggetto d'amore che l'infinita divina Bellezza. Giu­seppe non sa più moderare i battiti del suo cuore: sente che il cuore non gli appartiene più. Gesù se l'è rubato tutto, e da buon Figliuolo ne fa parte a Maria, la sua Mamma. È una tenerezza nella casa santa che chiama dal Cielo gli Angeli, i quali non sanno ormai che cosa scegliere tra il Cielo e quella squallida casa. Come sparisce la materia e quanto gran­deggia lo spirito! Poiché trionfa l'amore.

3. Giuseppe è modello nel servizio di Dio.

Che dolce cosa servire chi si ama! Sem­bra, il servizio, quasi la concretezza dell'amo­re. L'amore quaggiù non è pacifico come nel paradiso: è insofferente, è irrequieto. Vorrebbe fare l'impossibile.

Giuseppe, che sente il martirio dell'amore per il divin Figliuolo a lui affidato, si studia d'indovinare i desideri, i pensieri, per preve­nirli, per contentarli. Nulla lo arresta, lo sco­raggia, lo stanca. E poi, servire Gesù, non è forse regnare?

Più Giuseppe si umilia e più giganteggia. È lo stile di Dio.

Giuseppe santo, esemplare di tutte le vir­tù, che ti dànno il nome comprensivo di giu­sto, guarda a me che sono invece così povero di bene e così ricco di male! Conosco tante cose e non conosco che poco e male il Signore; amo tante cose e non so amare l'Amore; son servitore di tanti idoli e mi ribbello al­l'unico Dio. Misericordia, mio dolce Patro­no! Prega tu per me il Signore; digli che mi apra la mente, che mi riscaldi il cuore, che mi purifichi e fortifichi la volontà. Io voglio imitarti, per seguirti nella ricchezza del pre­mio!

LETTURA

Leggiamo ancora in S. Francesco di Sales: «Che ci resta da dire ormai se non che que­sto glorioso Santo ha tanto credito nel Cielo presso Colui che lo ha tanto favorito ele­vandolo al cielo in corpo ed anima; e ciò è tanto più probabile in quanto noi non ab­biamo di lui nessuna reliquia qui in terra: e mi sembra che nessuno possa dubitare di que­sta verità. Come infatti avrebbe potuto rifiu­tare questa grazia a S. Giuseppe Colui che gli era stato obbediente tutto il tempo della sua vita? Senza dubbio, quando Nostro Si­gnore discese al Limbo, Giuseppe gli parlò così: «Mio Signore, ricordatevi, per favore, che quando veniste dal cielo in terra, io vi ricevetti nella mia casa, nella mia famiglia; e da quando foste nato, io vi accolsi tra le mie braccia. Ora dunque che voi dovete an­dare al Cielo, portatemi con voi. Se vi ricevetti nella mia famiglia, ricevetemi nella vostra, poiché voi ci andate. Se vi ho portato nelle mie braccia, ora prendetemi sulle vostre e come ho avuto cura di nutrirvi e condurvi nel corso della vostra vita mortale, abbiate cura di me e conducetemi nella vita immortale».

FIORETTO. Darò alla devozione a san Giuseppe un posto particolare nella mia pietà.

GIACULATORIA. San Giuseppe modello degli amanti del Sacro Cuore di Gesù prega per noi

Tu doni ai trepidi cuori conforto, e guidi gli esuli del Cielo al porto.

31 - GIUSEPPE PATRONO

È invero l'aiuto e il protettore nostro. Ps- 27, 7.

1. Giuseppe è patrono delle anime.

Esse da lui hanno tutto da guadagnare. Hanno da imparare la pratica del bene, in tut­te le forme, verso tutti, con delicatezza, con amore. Tutto da guadagnare hanno: perché, facendo com'egli ha fatto, si arriva al Cielo e si possiede Dio.

E Giuseppe che, per il suo delicatissimo ufficio, è stato messo a parte in maniera inti­ma del mistero della redenzione, ora che è glorioso in Cielo, con quanto interesse guar­derà alle anime nostre, così provate, e così distratte, per indurle a seguir le sue vie, ad entrare con risoluto cuore nel cammino della perfezione, che è cammino di salvezza.

2. Giuseppe è patrono delle famiglie.

La famiglia di Giuseppe è l'esemplare del­le nuove famiglie, nate dal sacrificio del di­vin figliuolo di Maria.

Egli ha tanto amato la sua famiglia; amerà tanto tutte le altre famiglie che da quella s'ispirano e che dal suo Gesù aspettano ogni vera fecondità.

Sarà dunque Lui in Cielo la loro vivente Protezione; le veglierà sul nascere, le soster­rà passo passo, le difenderà dai pericoli che le minacciano. Vi farà spuntare le virtù che rendevano cara a Dio la famiglia di Nazaret, vi spanderà la forza che quella famiglia face­va serena nella prova, ma soprattutto ne rin­vigorirà la pratica della fede, pegno sicuro di tutte le grazie.

3. Giuseppe è patrono della Chiesa.

La Chiesa è il fiore ed il frutto del Cuore divino di Cristo. Giuseppe la guarda con lo stesso amore con cui nel Cielo fissa beato gli occhi nel suo Gesù. Non è forse la Chiesa la diletta immacolata sposa di Lui? Non è essa nata dal suo petto, dal suo Cuore squarciato sulla croce?

Come la contempla e come l'ama!

E come parla al Cuore di Dio di lei e per lei e di tutti i suoi figliuoli sparsi ai quattro venti! Che essa più si diffonda sotto tutti i cieli, e i cuori le si aprano come si schiudono i fiori alla rugiada del mattino, e tutti essa rag­giunga con il suo cuore materno e tutti salvi con le grazie del divino suo Sposo, Gesù.

O Giuseppe, celeste nostro Patrono, ve­glia dal cielo sulla Chiesa, sulle famiglie, sul­le anime. Son tue perché son di Cristo. Egli ha su di loro tutti i diritti: che Egli abbia da loro tutti i conforti, la gloria, l'onore. Tu puoi ottenere fecondità alla Chiesa, prosperità e armonia alle jàmiglie, santità alle anime.

Al termine di questo mese, che presso i tuoi altari mi ha ridestato in cuore la soavità dei tuoi esempi, io mi consacro filialmente a te, perché mi aiuti paterno a salvare questa po­vera anima mia, redenta col sangue di un Dio crocifisso. Così sia.

LETTURA

«San Giuseppe - leggiamo ancora nelle «Meditazioni per l'anno liturgico» di Mons. Dadolle - è stato costituito da Dio guardiano del primo Tabernacolo nel quale Gesù ha pre­so dalla sostanza verginale di Maria il corpo e il sangue ch'egli doveva un giorno dare a noi in cibo e in bevanda.

Di qual fede e di quale amore egli circon­dava la Vergine santa! E quando, simile a un raggio di luce che traversa il più puro cri­stallo, il divino pargoletto viene a riposarsi tra le braccia di Maria, quali furono i senti­menti di adorazione, di rispetto, di annienta­mento che invasero l'anima di Giuseppe! Qual gioia in questo cuore tosi puro nell'av­vicinarsi così intimamente al suo Dio. nel por­tarlo tra le braccia, nello stringerlo al cuo­re! Ah, se nell'ultima Cena un semplice ripo­so sul petto del Salvatore è bastato per far di san Giovanni il cantore e l'eroe dell'amore, che dire di san Giuseppe che, nella infanzia di Gesù sino alla morte ricevette i segni del­la più filiale e divina tenerezza? Andiamo dunque con fiducia a questo cuore che ha così spesso sentito i battiti del divin Cuore di Gesù!

FIORETTO. Raccomanderò spesso la Chiesa santa al patrocinio del glorioso Patriarca.

GIACULATORIA. Protettore della santa Chiesa, prega per noi.

La Chiesa santa, stretta al tuo trono, dolce Patrono, t'acclam e canta.

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