belecucal

13/06/2020

Catechesi N. 317

A - Santa Rita merita i festeggiamenti solenni che ogni anno le dedichiamo. È infatti una delle Sante più popolari in Italia e nel mondo, la cui fama di santità risale sin dal momento della sua morte e si è prolungata poi fino ai nostri giorni.
B - “Simone di Giovanni mi vuoi bene?”. 
Gesù per ben tre volte rivolge questo interrogativo a Pietro, l’Apostolo che durante l’ora tremenda della Passione lo ha rinnegato.
Tre volte pone questa domanda, come tre volte sono stati i rinnegamenti di Pietro.
Gesù glielo aveva predetto: “Pietro, Io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu, per tre volte avrai negato di conoscermi”.
C - Domenica è la festa del Corpus Domini, è dunque la festa della Santissima Eucarestia. Per onorare questo giorno straordinario voglio ricordare le parole di due grandi Mistici, innamorati della Santa Eucarestia: Alessandrina Maria da Costa e Charles de Foucauld.

L'Associazione apre alle ore 7,30. Ore 9,30 Santa Messa a seguire il Santo Rosario. Per chi viene in Associazione deve portare la mascherina e i guanti. Per chi ha già avuto il virus o ha la febbre per ora non può venire in Associazione. Prenderemo le precauzioni su come disporre le persone e tenere le distanze di sicurezza. Uniti in preghiera.

Ore 9,30 la Santa Messa, a seguire il Santo Rosario, ore 15 Coroncina della Divina Misericordia, ore 16 Vespri, ore 18,30 Santo Rosario con Adorazione fino alle ore 20, il Lunedì sera ore 21 Preghiere di Liberazione, il Venerdì sera ore 21 Santa Messa con Adorazione Eucaristica e Preghiere di Guarigione e Liberazione. Tutto in diretta.

Pellegrinaggio alla Piccola Lourdes di Chiampo, Sabato 4 Luglio. Le iscrizioni terminano Domenica 28 Giugno.

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Bello Gae 
 
+ VANGELO (Gv 16,20-23)
Nessuno potrà togliervi la vostra gioia.
 
A - Santa Rita merita i festeggiamenti solenni che ogni anno le dedichiamo. È infatti una delle Sante più popolari in Italia e nel mondo, la cui fama di santità risale sin dal   momento della sua morte e si è prolungata poi fino ai nostri giorni. Come si spiega la straordinaria diffusione della devozione a Santa Rita? La risposta immediata potrebbe essere data dalla tradizione popolare che la definisce come la santa dei “casi impossibili”, la santa dunque a cui rivolgersi in ogni momento difficile della nostra vita. Lei infatti è vissuta nella ferma convinzione che, affidandosi a Dio, tutto può essere risolto. Per questo noi ci rivolgiamo a lei soprattutto quando, sopraffatti da forze oscure, come le devastanti scosse diaboliche a cui tante volte il nostro corpo e la nostra anima sono soggetti, abbiamo bisogno di un aiuto potente per ottenere l’impossibile, la liberazione dai demoni e la guarigione da tutte le malattie. Tuttavia la risposta più bella sulla popolarità di Santa Rita ci è stata data dal Papa San Giovanni Paolo II. In occasione del sesto centenario della nascita della Santa, scriveva: “Perché Rita è santa? “– si chiedeva- “Non tanto per la fama dei prodigi che la devozione popolare attribuisce all’efficacia della sua intercessione presso Dio onnipotente, quanto per la stupefacente “normalità” dell’esistenza quotidiana, da lei vissuta prima come sposa e madre, poi come vedova ed infine come monaca agostiniana”. 
Queste parole sottolineano come Santa Rita sia stata semplicemente una nostra sorella che ci ha preceduto nel vivere una vita normale, intessuta però della luce e dell’incessante presenza di Dio, il quale mai abbandona le sue creature, specialmente nell’ora del dolore e del turbamento. 
Le letture di oggi ci aiutano a cogliere la bellezza e la fecondità del messaggio di santa Rita, che può riassumersi in tre raccomandazioni: siate santi, sappiate perdonare, amate la croce.
Siate santi. È questo un imperativo per tutti i battezzati. Santa Rita ci ricorda la meravigliosa chiamata che Dio ha stabilito per tutti noi: la chiamata alla santità. Essere santi non ci porta a fuggire dal mondo, a fuggire dai nostri impegni quotidiani, ci spinge invece a trasformare la nostra esistenza in un progressivo e quotidiano incontro con il Signore.
Egli ci ama di un amore smisurato!
Tanti uomini e donne hanno preso sul serio il Vangelo e lo hanno incarnato nella concretezza della vita quotidiana, rimanendo uniti a Gesù, come tralci uniti alla vite e per questo hanno portato molto frutto.
Sappiate perdonare. Non c’è santità senza il perdono, e il perdono richiede sempre amore autentico, come quello di Cristo che mentre moriva sulla Croce, chiedeva al Padre di perdonare ai suoi crocifissori. Tutti noi dobbiamo imparare a guardare i nostri fratelli con lo stesso sguardo compassionevole e misericordioso di Cristo.
Amate la croce. Dalla biografia di Santa Rita abbiamo appreso come la vita non le risparmiò il dolore. Pensiamo all’iniziale convivenza burrascosa con il marito, alla tragedia sofferta per la sua morte e in seguito per quella dei suoi due figli. La stessa vita del convento fu contrassegnata dalla sofferenza. Ammalatasi gravemente, dovette rimanere a letto per lunghi anni, accettando con animo forte e sereno ogni tormento e intensificando la sua unione con il Signore. La sua devozione per la Croce fu così grande che un Venerdì Santo, dopo aver seguito una predica sulla passione, presa dall'amore per Cristo Crocifisso, fu trafitta alla fronte, fino all'osso, da una Spina della Corona, che le procurò un dolore acuto durato fino alla morte. La sua fu davvero una vita segnata dalla croce; sopportò il morso del dolore che le stringeva l'anima e le lacerava le carni perché comprese la sapienza della Croce. Tramutò cosi il dolore in una incredibile espressione di amore che dona senza chiedere e trasforma ogni limite umano in una forza travolgente di elevazione spirituale. Divenne quell'Amore che loda Dio in ogni sofferenza e raggiunge la forma più pura e più alta della Carità.
È sempre San Giovanni Paolo II a descriverci la singolarità di Santa Rita nel vivere la dimensione del dolore: “Discepola del Crocifisso ed esperta nel soffrire, imparò a capire le pene del cuore umano. Rita diventò così avvocata dei poveri e dei disperati, ottenendo per chi l'ha invocata nelle più diverse situazioni innumerevoli grazie di consolazione e di conforto” (Giovanni Paolo II, Udienza 20 maggio 2000).
Trovandoci a pregare oggi nella festa di Santa Rita, che è stata moglie e madre, non possiamo non chiedere grazie speciali alle famiglie di oggi così tanto devastate dal potere del maligno che vuole in tutti i modi distruggerle; basta riflettere infatti sulle leggi nefaste che sono state approvate: divorzio, aborto, unioni omosessuali, gender ecc… 
La famiglia è sacra perché è stata istituita da Dio; essa è il luogo in cui un uomo e una donna rispecchiano l’amore del Creatore e si fanno suoi generosi ed esclusivi collaboratori nella trasmissione della vita.
Invochiamo Santa Rita affinchè protegga tutte le nostre famiglie da tutti gli attacchi dei diavoli.
Un’ultima grazia la vorremmo chiedere per l’Italia perché scompaia questo coronavirus che ha già causato tanti morti e tante sofferenze, e non si smarriscano le   tradizioni e la cultura che hanno reso la nostra Nazione esempio di fede, di accoglienza e di pacifica e rispettosa convivenza dei suoi abitanti.
Che Santa Rita ci ascolti e interceda per noi! 
Ogni anno, qui nella nostra Associazione organizziamo un pellegrinaggio a Santa Rita. È un appuntamento a cui non possiamo rinunciare, perché questo luogo Santo è per noi come una seconda casa. Un affetto sincero e profondo ci lega a tutte le suore del convento e ogni volta che le possiamo incontrare è per noi una gioia immensa: i loro volti sereni e luminosi ci trasmettono la Luce di Dio e l’accoglienza calorosa della loro ospitalità è un riflesso dell’immensa carità divina. Ringraziamo di cuore tutte le suore per questa straordinaria comunione spirituale che ci unisce in un’unica e grande famiglia. Buona preghiera a tutti.
 
BellsanGi
 
+ VANGELO (Gv 21,15-19) 
Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore.
 
B - “Simone di Giovanni mi vuoi bene?”. 
Gesù per ben tre volte rivolge questo interrogativo a Pietro, l’Apostolo che durante l’ora tremenda della Passione lo ha rinnegato.
Tre volte pone questa domanda, come tre volte sono stati i rinnegamenti di Pietro.
Gesù glielo aveva predetto: “Pietro, Io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu, per tre volte avrai negato di conoscermi”.
Potrebbe sembrare strano che Gesù, che conosce ogni cosa, pone ripetutamente la stessa domanda.
Pietro infatti, sorpreso e addolorato risponderà: “Signore, Tu sai tutto; Tu sai che ti voglio bene”. Si, Gesù conosce perfettamente l’animo di Pietro, ma poiché vuole riconfermarlo nel suo ruolo di Capo della Chiesa, desidera che Pietro gli affermi con forza e con piena convinzione il suo amore e la sua fedeltà a Cristo.
Tre professioni di Amore dunque per cancellare i tre atti di rinnegamento, anche perché ogni errore richiede sempre la riparazione, non può essere diversamente, e un fatto di giustizia!
A ogni risposta affermativa di Pietro Gesù lo riconferma Pastore del gregge: “Pasci i miei agnelli”!
Gesù non viene mai meno alle promesse fatte a Pietro, infatti un giorno gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di Essa”. (Mt16, 17,19).
Gesù ha perdonato totalmente all’Apostolo per quel peccato commesso in quell’ora tremenda in cui satana si aggirava nella città per traviare più cuori possibili.
Pietro amava profondamente il Maestro; il suo rinnegamento fu un atto di debolezza, un peccato di fragilità in un momento in cui la paura prese il sopravvento sull’Amore. Fu un peccato di cui si pentii e per il quale pianse amaramente.
Gesù perdonò subito questa colpa commessa da Pietro. 
Gesù pone anche a noi questa domanda: “Mi ami tu”, Lui ci ama tutti immensamente, anche i peccatori, ma non giustifica coloro che commettono peccati intenzionali contro la Chiesa e il suo Vangelo. Gesù vuole che gli parliamo con sincerità, che riconosciamo i nostri limiti e il nostro peccato per diventare così più umili; vuole che nella Confessione proviamo un pentimento sincero per le offese che gli abbiamo recato. Si pecca anche per debolezza, e Gesù lo sa e compatisce, non si può però vivere in maniera superficiale, senza l’impegno per migliorarsi.
Non si può peccare di continuo senza attuare un'attenta vigilanza. E proprio attraverso la vigilanza attenta e scrupolosa su noi stessi che possiamo controllare i pensieri, le parole, le opere ed evitare tutte le occasioni di peccato.
Dobbiamo chiederci spesso come e quanto amiamo Gesù, se lo mettiamo al primo posto nella nostra vita, se siamo disposti per Lui a rinunciare al peccato e a vivere una vita Santa.  
Occorre invocare molto lo Spirito Santo affinchè effonda su di noi i suoi Doni e ci assista continuamente lungo tutto il nostro cammino spirituale.
Il Dono di Pietà ci permette di rivolgerci a Dio con la tenerezza e l’affetto di un buon figlio verso suo padre. Anche questo Dono come gli altri, va alimentato dalla preghiera fiduciosa e costante.
Molto importante è anche il Dono della Fortezza, quel Dono che venne a mancare a Pietro dopo l’arresto di Gesù. Non era ancora avvenuta l’effusione dello Spirito Santo e dopo la Pentecoste Pietro saprà ben testimoniare il suo amore verso Gesù, fino al Martirio.
Questo Dono procura all’anima la forza necessaria per superare gli ostacoli e praticare le virtù. Sappiamo che il Signore si attende da ognuno di noi un impegno eroico nel compimento quotidiano dei doveri del nostro stato.
Comprenderemo allora, in modo più profondo che il Signore sceglie sempre il debole e che chiede ai suoi figli la buona volontà di mettere a disposizione tutto quanto è in loro potere. Sarà poi Lui a compiere meraviglie di Grazia e di misericordia.
Tutta la nostra speranza è riposta nel Signore, noi infatti non riponiamo la nostra fiducia in alcun mezzo umano, ma esclusivamente nella Grazia del Signore.
Lo Spirito di Fortezza trasmette all’anima una fermezza nuova davanti agli ostacoli, interiori o esterni, e ci permette di praticare le virtù nell’ambiente in cui viviamo e nell’adempimento dei doveri ordinari. Buona preghiera a tutti.
 
Comunig
 
Festa del Corpus Domini
 
C - Domenica è la festa del Corpus Domini, è dunque la festa della Santissima Eucarestia. Per onorare questo giorno straordinario voglio ricordare le parole di due grandi Mistici, innamorati della Santa Eucarestia: Alessandrina Maria da Costa e Charles de Foucauld.
Le loro sono parole infuocate d’Amore e spero tanto che accendano nel cuore di tutti una scintilla di quel Fuoco divino che ardeva incessantemente nelle loro anime.
“Contemplavo il Cielo e le Stelle. Chiedevo a Gesù di moltiplicare milioni e milioni di volte, più del numero delle stelle, i miei atti d’Amore verso i Tabernacoli. O mio caro Gesù io mi unisco in spirito, in questo istante e da questo momento per sempre a tutte le Sante Ostie della terra, in ogni luogo dove Voi abitate Sacramentato. 
Li voglio trascorrere tutti i momenti della mia vita, continuamente, di giorno e di notte, allegra o triste, sola o accompagnata, sempre a consolarvi, ad Adorarvi, ad Amarvi, a Lodarvi, a Glorificarvi.
Mio Gesù, vi offro la mia tristezza, le mie nostalgie, il desiderio che ho di ricevervi, per tutti coloro che vi dimenticano, che vi disprezzano e che vivono come se Voi se esisteste nella Santissima Eucarestia (Alessandrina)”.
Così scriveva Charles de Foucauld in una regione desolata del deserto del Sahara dove aveva ottenuto dal Vaticano la dispensa per costruire un Tabernacolo e celebrare la Messa: “Non soffro affatto di questa solitudine, ma la trovo dolcissima: ho il Santissimo Sacramento, il migliore degli amici al quale parlare giorno e notte. (Egli trascorreva lunghe ore in Adorazione silenziosa).
Amiamo Gesù, perdiamoci davanti al Santissimo Sacramento: là c’è tutto ….. l’infinito ….. Dio.
Oh! ….. Potessimo perderci e inabissarci fino alla morte, nell’oceano dell’Amore del nostro beneamato Gesù”.
I Mistici di tutti i tempi hanno consolato in modo mirabile il Sacratissimo Cuore di Gesù. Queste creature straordinarie lo hanno amato con un’intensità tale da riparare i gravi peccati e l’indifferenza di un numero incalcolabile di anime. Sono proprio queste creature che spesso hanno vissuto una vita completamente crocifissa a permettere all’umanità di continuare a esistere, perché i peccati commessi in tutti i tempi e soprattutto in questi ultimi tempi sono tali da meritare un castigo generale e tremendo. 
Un’anima innamorata di Dio, attira su di sé lo sguardo e la compiacenza dell’Eterno e Lui che non si lascia mai vincere in generosità concede Grazie particolarissime che vanno a vantaggio di tutto il mondo. 
Le parole di questi Mistici toccano profondamente il cuore fino alle lacrime, soprattutto se pensiamo a come viene trattato oggi il Santissimo Corpo di Gesù, alla mancanza assoluta di Amore e di rispetto verso la Santissima Eucarestia.
Le ultime disposizioni in vigore poi sono davvero vergognose si usano i guanti per distribuire il Corpo di Cristo, in molti casi addirittura le pinze; ho visto persino i distributori automatici ….. È UNA VERA PAZZIA COLLETTIVA!!!
Siamo completamente accecati e in balia di satana che ride soddisfatto di questa nostra folle stoltezza e che già pregusta il ricco bottino di anime da trascinare con sé all’inferno.
Ma ci rendiamo conto, quando andiamo a ricevere la Comunione, a CHI ci stiamo accostando????? In quell’Ostia Consacrata c’è presente il SANTO dei SANTI, l’Onnipotente, il CREATORE dell’intero universo, COLUI che i Serafini e le infinite Schiere Angeliche adorano incessantemente ….. 
C’è presente GESU’, il SIGNORE della VITA che guarisce ogni sorta di malattia e che ci libera da ogni male. 
Dov’è dunque la nostra Fede??? Se andiamo a ricevere la COMUNIONE con la paura di contaminarci siamo proprio dei poveri cristiani che non hanno compreso nulla di Gesù!   
Esorto tutti a fare tanti atti di riparazione, tanti atti di Amore per riparare i moltissimi sacrilegi Eucaristici che si commettono, sia per queste profanazioni, sia per le numerosissime Comunioni fatte in peccato mortale per l’assoluta superficialità con cui si riceve Gesù (senza rispettare i Comandamenti di Dio e senza la Confessione).
Innalziamo al Cielo durante tutto l’arco della giornata tanti piccoli atti d’Amore, tante giaculatorie, anche mentre stiamo lavorando o svolgendo i nostri doveri quotidiani. Vi propongo oggi una giaculatoria che Gesù insegnò a suor Consolata Betrone, una Mistica del secolo scorso. Questa suora fu scelta da Dio per una missione davvero speciale; ella doveva ripetere incessantemente nel suo cuore l’atto d’Amore insegnatole da Gesù: “Gesù, Maria vi amo. Salvate anime”.
In queste poche parole c’è tutto: l’Amore per Dio, per la sua Santa Madre e per tutte le anime!
Riporto qui sotto due Miracoli Eucaristici molto significativi per ricordare a tutti che nell’OSTIA CONSACRATA C’E’ LA PRESENZA REALE DI GESU’ CRISTO IN CORPO SANGUE ANIMA E DIVINITA'!!!
 
Alancia
Miracolo di Lanciano
 
Miracolo Eucaristico di Alatri
La notizia del Miracolo Eucaristico ci viene nientemeno che dallo scritto di un Papa, Gregorio IX, grande amico di San Francesco d'Assisi, al quale il vescovo di Alatri si rivolse per chiedere come doveva comportarsi con due donne che avevano avuto a che fare con un'ostia consacrata. Stando a quanto è detto nella "Bolla", alla fine del 1227 o agli inizi del 1228 una ragazzina che aveva pianto tutte le lacrime per un amore perduto, si rivolse a una fattucchiera di grido per uno di quei filtri che nella mentalità della gente son capaci anche di richiamare in vita un morto. La fattucchiera fiutò l'occasione e capì che avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa: quella ragazzina, pur di riavere l'amore perduto, avrebbe fatto qualsiasi pazzia. "Va' in chiesa - le disse - e fa' la comunione; però non inghiottire l'ostia, ma toglila delicatamente dalla lingua, mettila in un fazzoletto e portala qui. Mi raccomando: nessuno si accorga di niente, perché altrimenti il tuo ragazzo scomparirebbe per sempre". La ragazzina nascose il viso fra le mani e fuggì. Avrebbe voluto raccontare tutto alla mamma o a qualche altra persona di famiglia, ma non ebbe coraggio. Dopo qualche giorno di lotta con se stessa e di bugie con gli altri per nascondere la causa del suo strano mutismo, decise di fare quello che le era stato chiesto. Un mattino si alzò di buonora, si mise in testa uno scialle scuro e andò in chiesa. Si fermò sull'ultimo banco, come se avesse paura che qualcuno potesse leggerle in viso quello che stava per fare e si guardò attorno, nel timore che qualcuno la stesse spiando. Man mano che si avvicinava il momento della comunione sentiva il cuore scalpitare come un puledrino selvaggio e chiudeva il viso nello scialle. Ebbe la "tentazione" di uscire e di rinunciare a tutto, ma pensò al ragazzino che voleva recuperare e tenne duro. 
Al momento della comunione si inginocchiò in un angolino della balaustra (a quel tempo ci si comunicava inginocchiati sulla balaustra) a occhi chiusi e aspettò che il sacerdote arrivasse da lei. Non c'era molta gente, ma ebbe l'impressione che ce ne fosse come il giorno di Pasqua. Finalmente il sacerdote arrivò, le depose l'ostia sulla lingua e tornò dall'altro capo della balaustra. Lei allora buttò il viso fra le pieghe dello scialle, cavò delicatamente l'ostia dalla bocca e l'avvolse in un fazzolettino di bucato. 
La cosa era stata tanto discreta nella sua tragica realtà che nessuno si accorse di niente, ma la ragazzina tornò al suo posto con la persuasione che l'avesse vista tutta Alatri. Uscì prima della benedizione e corse a casa col cuore in tempesta; però riuscì a darsi un contegno e nessuno sospettò niente. Nell'attesa di tornare dalla "maga" nascose l'ostia nella dispensa di casa, pane del ciclo fra il pane degli uomini. 
Fece passare qualche giorno, poi, approfittando dell'assenza dei familiari, decise di portar l'ostia alla fattucchiera. Andò alla dispensa e trovò il fazzolettino come l'aveva messo. Buon segno; tutto era andato come la maga aveva chiesto. Tuttavia volle controllare anche l'interno. Tirò fuori il fazzolettino, lo posò sul tavolo, lo sciolse con delicato tremore e cadde in ginocchio: 
l'ostia era diventata carne! Ma carne vera, fresca e palpitante, "che tutti e ognuno - scrive il Papa nella Bolla - potevano vedere con i propri occhi". Invece di andare dalla maga, la ragazzina corse dal sacerdote che le aveva dato la comunione e raccontò tutto: dove non arrivò con le parole ci arrivò con le lacrime. Il sacerdote portò l'ostia al vescovo e il vescovo fece sapere tutto al Papa, che in quel tempo doveva trovarsi ad Anagni, chiedendogli come doveva comportarsi. Gregorio IX dispose di essere benevoli con la ragazzina, più vittima che rea, ma di essere severi con la maga, la quale doveva fare il giro dei vescovi della zona, confessando la propria colpa e facendo la debita penitenza. L'ostia diventata carne si conserva nella cattedrale di Alatri, in un prezioso reliquiario, ma non è più come al tempo del miracolo. Oggi è ridotta alle dimensioni di un grano da rosario, di colore scuro, conservato fra due tamponi di ovatta disposti dentro un tubo di vetro. Perché? Nel 1700 il vescovo del tempo, mons. Giuseppe Guerra ebbe l'infelice idea di donare al concittadino cardinal Cybo una parte dell'ostia. Il cardinale; a sua volta, la diede ai monaci Certosini che facevano servizio nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Roma, dove egli fu sepolto. I monaci la portarono con loro quando lasciarono la basilica e così se ne è persa ogni traccia. 
Della parte rimasta ad Alatri se n'è fatta una ricognizione nel 1866 e un'altra nel 1960. Nel 1978, poi, in occasione del 750° anniversario del miracolo fu abbellita la cappella in cui si conserva la preziosa reliquia e fu coniata una medaglia commemorativa. 
La processione per ricordare il miracolo, che un tempo si faceva nella festa della SS.ma Trinità, oggi si fa nel giorno del Corpus Domini ed è sempre seguita da una folla considerevole di gente. Altra gente, ma questa volta proveniente da fuori, si vede in cattedrale soprattutto durante l'estate, quando i frequentatori delle terme di Fiuggi arrivano ad Alatri per venerare i "resti" di un miracolo indimenticato e che, unico nella storia, ci è stato raccontato da un Papa, con tutte le conseguenze che la sua testimonianza comporta. E cioè, autenticità, importanza e valore. 
 
Miracolo Eucaristico di Torino
E’ uno dei miracoli più noti e più spettacolari (ammesso che ci siano miracoli non spettacolari). Parliamo di quello avvenuto a Torino nel giugno del 1453, quindi 550 anni fa, durante la guerra tra la Francia e il Ducato di Piemonte-Savoia, ufficialmente scoppiata per il matrimonio tra Luigi, figlio del re Carlo VII, con Carlotta di Savoia (matrimonio che il re non voleva), ma in realtà perché Renato d’Angiò, volendo riconquistare il Regno di Napoli, voleva passare per la Savoia.
Mentre Renato attraversava le Alpi con duemila uomini e cinquecento cavalieri (i trasporti aerei erano di là da venire!), le truppe piemontesi intervennero in massa e si impadronirono di Exilles, un villaggio della Valle d’Oulx, saccheggiando tutto. Chiaro che l’esercito del D’Angiò passò ugualmente, ma ormai il saccheggio era avvenuto, e fu miracolo che le sue truppe non aggiunsero danno a danno, come generalmente avviene quando gli uomini perdono la testa e “fanno la guerra per stabilire la pace” (almeno così dicono!).
Il saccheggio non risparmiò la chiesa, da cui fu asportato tutto, compreso un ostensorio con l’ostia consacrata. I ladri buttarono tutto nei sacchi portati intenzionalmente e si diressero a Torino, dov’era più facile piazzare la “merce”. Oltrepassate Susa, Avigliana e Rivoli, arrivarono a Torino il 6 giugno, ottava della festa del Corpus Domini. 
Nessuno si sarebbe accorto di nulla se un mulo non avesse incespicato e non fosse caduto, rifiutandosi di mettersi in piedi, nonostante le grida e le bastonate dei ladri, ma soprattutto se dal sacco legato sulla sella del mulo non fosse caduto a terra l’Ostensorio e l’Ostia consacrata non ne fosse uscita, sollevandosi e rimanendo sospesa nel vuoto, Luminosa come un Sole in miniatura. 
Poveri ladri! In un attimo si trovarono circondati da mezza Torino con a capo il vescovo, accorso non appena seppe quanto era accaduto. Mentre alcuni dicevano sottovoce: “gli sta bene”, riferendosi ai ladri che non riuscirono neppure a fuggire, altri pregavano dicendo “Resta con noi, Signore”, in estasi davanti a quello spettacolo da Paradiso. Finalmente un sacerdote alzò un calice verso l’Ostia, quasi invitandola a posarvisi. Avvenne proprio così, perché pian piano essa si abbassò come il sole quando tramonta e si fermò sul calice che fu portato in processione nella cattedrale di S. Giovanni.
La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell’archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo.
Sul luogo del miracolo prima fu innalzata una colonna, poi fu costruita l’attuale basilica del Corpus Domini. L’Ostia non si conserva più: venerata per una quarantina d’anni, fu consumata per ordine della Santa Sede “per non obbligare Dio, si legge nei documenti, a fare un continuo miracolo, conservandola intatta.”
Peccato! Ma il ricordo del miracolo è vivo, sia perché i Santi del sec. XIX, (si pensi a don Bosco, al Cottolengo, al Cafasso e via dicendo), attinsero dal miracolo ispirazione per le loro Opere, sia perché il Congresso Eucaristico nazionale del 1953 (a cui intervenne il futuro Papa Giovanni XXIII) si tenne proprio a Torino,
la città più indicata per onorare il “Pane disceso dal cielo”! Buona preghiera a tutti.

Arcolb

 
 
Madonna Orione
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