Ascoltiamo che cosa disse un dannato riguardo alle sue atroci sofferenze.
Nel 1634 a Loudun, nella diocesi di Poitiers, si presentò ad un pio sacerdote un'anima dannata. Quel sacerdote chiese: "Che cosa soffri all'inferno?" - "Noi soffriamo un fuoco che non si spegne mai, una terribile maledizione e soprattutto una rabbia impossibile a descriversi, perché non possiamo vedere Colui che ci ha creati e che abbiamo perduto per sempre per colpa nostra!... ".
Il fatto che adesso raccontiamo è ricordato come l'episodio delle mani bruciate di Perugia. Sentite. Madre Maria Teresa era stata eletta abadessa il 18 agosto 1918 ed aveva mantenuto la carica di sagrestana, quindi era suo il compito di rispondere alle chiamate del campanello della sagrestia. Il 2 settembre del 1918, alle 7,30 del mattino, sentito suonare il campanello, andò a rispondere. Al rituale saluto "Siano lodati Gesù e Maria", rispose una voce velata e triste: "Devo lasciar qui questa elemosina". Era una banconota da dieci lire. La suora chiese: "Devo far dire delle preghiere, far celebrare delle Messe o altro?" "Senza nessun obbligo." Rispose l'offerente. La suora chiese: "Se è lecito, chi è lei?" E lui: "Non occorre saperlo.. Il suono del campanello si ripeté il 5 settembre, il 31 ottobre, il 29 novembre e il 9 dicembre dello stesso anno, con lo stesso dialogo e la stessa elemosina elargita. Alla richiesta dell'abadessa se dovevano fare preghiere, lui rispose: "La preghiera è sempre buona." La cosa era molto strana e tutto il monastero cominciò ad avere un certo turbamento. Al suono del campanello accorrevano tutte le suore, là dove c'era la ruota e il campanello, ma non vedevano niente. Domandavano se era l'uomo delle dieci lire, e l'abadessa mostrava loro la banconota offerta. Forse qualcuno che, pentito, riportava in Chiesa del denaro rubato? Nel corso di quattordici mesi le visite furono ben ventotto e l'ammontare delle oblazioni raggiunse la somma di 300 lire, grande somma per quei tempi! Aumentava la curiosità di sapere chi fosse il generoso benefattore, quando, il 14 marzo 1919, si verificò un fatto nuovo. Dopo l'esame di coscienza della sera, le suore lasciarono la chiesa, sicurissime che non ci fosse nessuno. Ma verso le 8, con grande stupore di tutte, si ripeté il suono del campanello. L'abadessa trovò sulla "ruota" la solita offerta di dieci lire. Si andò ad ispezionare la Chiesa e il parlatorio: non c'era nessuno. Si cominciò allora a pensare che quanto avveniva fosse un fenomeno del tutto fuori della norma. L' 11 aprile, mentre le suore facevano la meditazione e l'abadessa era al parlatorio con due anziane, squillò il campanello. Andata alla ruota, l'abadessa ascoltò la solita voce che disse: "Lascio questa elemosina per preghiere per un defunto". Era la prima volta che l'offerente chiedeva preghiere. Da notare che le suore mai potettero sentirne la voce, pur vedendo girare la "ruota" con dentro l'offerta. Un giorno l'abadessa volle fare una prova: al suono del campanello, non andò lei ma la portinaia. Ma al saluto di questa "Sia lodato Gesù... " non rispose nessuno né fu lasciato il denaro. Lo si trovò invece al mattino seguente sulla "ruota". Dopo la richiesta di preghiere, le suore intensificarono più che mai le preghiere per suffragare quell'anima che ormai era loro cara. La sera del 16 settembre del 1919, verso le 9,15, l'abadessa, dopo aver personalmente chiuso il dormitorio, sentì suonare il campanello. Andò a rispondere con un'altra suora, ma non intese alcuna voce, vi erano tuttavia le dieci lire che non prese. Poi, essendole parso di sentire suonare nuovamente il campanello, ritornò giù e l'anima, con voce compassionevole, le offrì le dieci lire dicendo: "Le prenda, è per soddisfare la divina giustizia". L'abadessa, allora, per accertarsi che non si trattava di forze malefiche, disse la giaculatoria: "Sia benedetta la Santa, Purissima ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria"... e la voce misteriosa, appena percettibile, la ripeté fedelmente. L'abadessa era però combattuta tra il desiderio di assecondare la richiesta dell'anima e il dubbio che si trattasse di manifestazioni diaboliche, perché c'era di mezzo il denaro di cui non si sapeva la provenienza. Una notte, mentre stava nella sua camera, posta nell'ala più distante del convento dove era impossibile percepire il suono del campanello, fu svegliata da un leggero tocco alla porta, con le nocche delle dita. Sentì una voce che l'avvertiva che avevano suonato il campanello della sagrestia. La mattina seguente ella chiese alle suore se qualcuno avesse bussato alla sua porta, alla risposta negativa capì che si trattava sempre della stessa misteriosa persona che portava l'obolo.
Il segreto di tutta la faccenda fu svelato il 3 ottobre 1919, quando l'abadessa, ricusando l'elemosina col dire che glielo aveva proibito il confessore per timore che si trattasse di cosa diabolica, sentì la voce rispondere: "No, sono un'anima purgante, sono quarant'anni che mi trovo in Purgatorio per aver dissipati beni ecclesiastici". La Madre fece celebrare una Messa in suffragio. Quando la Messa terminò, sentì suonare il campanello. E la solita voce disse: "Lascio questa elemosina e grazie tante". Lo stesso avvenne il 10 ottobre. Anche quella mattina venne celebrata una Messa in suffragio. L'abadessa chiese allora al misterioso visitatore: "Per ordine del confessore, mi dica il nome e cognome per lasciarlo per memoria." Ma l'anima, invece di risponde alla domanda, disse: "Il giudizio di Dio è giusto e retto". La Madre allora: "Ma come! Le ho fatto dire Messe e se una sola basta per liberare un'anima, come mai lei non è ancora libera?". Rispose: "Io ne ricevo la minima parte", e lasciò sulla ruota venti lire disposte a forma di croce. Importante quanto avvenne il 30 ottobre 1919. Alle 2,45 dopo la mezzanotte l'abadessa fu svegliata dal leggero tocco delle dita alla porta della stanza e la voce fuori sussurrò: "E suonato il campanello della sagrestia". La suora andò a rispondere, al solito saluto l'anima rispose: "Amen", poi subito: "Lascio qui questa elemosina". Ma l'abadessa soggiunse: Io per ordine del confessore non posso prenderla. In nome di Dio e per ordine del confessore mi dica chi è, è sacerdote?". "Sì." La suora: "Erano di questo monastero i beni che ha dissipati?". "No, ma ho il permesso di portarli qui". "E dove li prende?". "Il giudizio di Dio è giusto". "Ma io ci credo poco che sia un'anima, penso sempre che sia qualcuno che scherza". "Vuole un segno?". "No, ho paura...". "Grazie, adesso entro a far parte delle preghiere" e si allontanò mormorando: "Benedictus Deus qui... " seguirono parole incomprensibili, ma con una voce dolce da rasserenare il cuore. Il 9 novembre del 1919, ventottesima ed ultima visita, alle 4,15 circa, dal dormitorio l'abadessa sentì suonare il campanello. Scese. Al saluto: "Lodato Gesù e Maria", la solita voce, che la colpì per il tono gioioso, addirittura felice, disse: "Sia lodato in eterno! Ringrazio lei e la religiosa comunità; sono fuori da ogni pena". In quel momento La badessa, con il cuore traboccante di gioia, in uno stato di mistica esaltazione, ebbe l'impressione di trovarsi in un prato sfavillante di luce con gran tripudio di colori e vide l'anima del visitatore salire al Cielo lucente come un raggio di sole. Questi fatti furono autenticati con giuramento dai testimoni in un vero e proprio processo.
IL TORMENTO DEL RIMORSO
Parlando dei dannati, Gesù dice: "Il loro verme non muore" (Mc 9, 48). Questo "verme che non muore", spiega San Tommaso, è il rimorso, dal quale il dannato sarà in eterno tormentato. Mentre il dannato sta nel luogo dei tormenti pensa: "Mi sono perduto per niente, per godere appena piccole e false gioie nella vita terrena che è svanita in un lampo... Avrei potuto salvarmi con tanta facilità e invece mi sono dannato per niente, per sempre e per colpa mia!". Nel libro "Apparecchio alla morte" si legge che a Sant'Umberto apparve un defunto che si trovava all'inferno; questi affermò: "Il terribile dolore che continuamente mi rode è il pensiero del poco per cui mi sono dannato e del poco che avrei dovuto fare per andare in paradiso!". Nello stesso libro, Sant'Alfonso riporta anche l'episodio di Elisabetta, regina d'Inghilterra, che stoltamente arrivò a dire: "Dio, dammi quarant'anni di regno e io rinuncio al paradiso!". Ebbe effettivamente un regno di quarant'anni, ma dopo la morte fu vista di notte sulle sponde del Tamigi, mentre, circondata da fiamme, gridava: "Quarant'anni di regno e un'eternità di dolore!...".
LA PENA DEL SENSO
Oltre alla pena del danno che, come si è visto, consiste nel dolore atroce per la perdita di Dio, ai dannati è riservata nell'altra vita la pena del senso. Si legge nella Bibbia: "Con quelle stesse cose per cui uno pecca, con esse è poi castigato" (Sap 11, 10). Quanto più dunque uno avrà offeso Dio con un senso, tanto più, sarà tormentato in esso. E’ la legge del contrappasso, di cui si servì anche Dante Alighieri nella sua "Divina Commedia'; il poeta assegnò ai dannati pene diverse, in rapporto ai loro peccati. La più terribile pena del senso è quella del fuoco, di cui ci ha parlato più volte Gesù. Anche su questa terra la pena del fuoco è la maggiore tra le pene sensibili, ma c'è una grande differenza tra il fuoco terreno e quello dell'inferno. Dice Sant'Agostino: "A confronto del fuoco dell'inferno il fuoco che conosciamo noi è come se fosse dipinto". La ragione è che il fuoco terreno Dio l'ha voluto per il bene dell'uomo, quello dell'inferno, invece, l'ha creato per punire le sue colpe. II dannato è circondato dal fuoco, anzi, è immerso in esso più che il pesce nell'acqua; sente il tormento delle fiamme e come il ricco epulone della parabola evangelica urla: "Questa fiamma mi tortura!" (Lc 16, 24). Alcuni non possono sopportare il disagio di camminare per strada sotto un sole cocente e poi magari... non temono quel fuoco che dovrà divorarli in eterno! Parlando a chi vive incoscientemente nel peccato, senza porsi il problema della finale resa dei conti, San Pier Damiani scrive: "Continua, pazzo, ad accontentare la tua carne; verrà un giorno in cui i tuoi peccati diventeranno come pece nelle tue viscere che farà più tormentosa la fiamma che ti divorerà in eterno!". È illuminante l'episodio che San Giovanni Bosco narra nella biografia di Michele Magone, uno dei suoi migliori ragazzi. "Alcuni ragazzi commentavano una predica sull'inferno. Uno di essi osò dire scioccamente: 'Se andremo all'inferno almeno ci sarà il fuoco per riscaldarsi!'. A queste parole Michele Magone corse a prendere una candela, l'accese e accostò la fiammella alle mani del ragazzo spavaldo. Questi non si era accorto della cosa e, quando sentì il forte calore alle mani che teneva dietro la schiena, scattò subito e si arrabbiò. “Come - rispose Michele - non puoi sopportare per un momento la debole fiamma di una candela e arrivi a dire che staresti volentieri tra le fiamme dell'inferno?.” La pena del fuoco comporta anche la sete. Quale tormento la sete ardente in questo mondo! E quanto più grande sarà lo stesso tormento all'inferno, come testimonia il ricco epulone nella parabola narrata da Gesù! Una sete inestinguibile!!!
LA TESTIMONIANZA DI UNA SANTA
Santa Teresa d'Avita, che fu una delle principali scrittrici del suo secolo, ebbe da Dio, in visione, il privilegio di scendere all'inferno mentre era ancora in vita. Ecco come descrive, nella sua “Autobiografia” ciò che vide e provò negli abissi infernali. "Trovandomi un giorno in preghiera, improvvisamente fui trasportata in anima e corpo all'inferno. Compresi che Dio voleva farmi vedere il luogo preparatomi dai demoni e che avrei meritato per i peccati in cui sarei caduta se non avessi cambiato vita. Per quanti anni io abbia a vivere non potrò mai dimenticare l'orrore dell'inferno. L'ingresso di questo luogo di tormenti mi è sembrato simile a una specie di forno, basso e oscuro. Il suolo non era che orribile fango, pieno di rettili velenosi e c'era un odore insopportabile. Sentivo nell'anima mia un fuoco, del quale non vi sono parole che possano descrivere la natura e il mio corpo contemporaneamente in preda ai più atroci tormenti. I grandissimi dolori che avevo già sofferto nella mia vita sono nulla in confronto a quelli provati all'inferno. Inoltre, l'idea che le pene sarebbero state senza fine e senza alcun sollievo, completava il mio terrore. Ma queste torture del corpo non sono paragonabili a quelle dell'anima. Provavo un'angoscia, una stretta al cuore così sensibile e, nello stesso tempo, così disperata e così amaramente triste, che tenterei invano di descriverla. Dicendo che in ogni momento si soffrono le angosce della morte, direi poco. Non potrò mai trovare espressione adatta per dare un'idea di questo fuoco interiore e di questa disperazione, che costituiscono appunto la parte peggiore dell'inferno. Ogni speranza di consolazione è spenta in quell'orribile luogo; vi si respira un'aria pestilenziale: ci si sente soffocare. Nessun raggio di luce: non vi sono che tenebre e tuttavia, oh mistero, senza alcuna luce che rischiari, si vede quanto vi può essere di più ripugnante e penoso alla vista.
Posso assicurare che tutto quanto si può dire dell'inferno, quanto si legge nei libri di strazi e di supplizi diversi che i demoni fanno subire ai dannati, è un nulla in confronto alla realtà; c'è la stessa differenza che passa tra il ritratto di una persona e la persona stessa. Bruciare in questo mondo è pochissima cosa in confronto a quel fuoco che provai all'inferno. Sono ormai trascorsi circa sei anni da quella spaventosa visita all'inferno ed io, descrivendola, mi sento ancora presa da tale terrore che il sangue mi si gela nelle vene. In mezzo alle mie prove e ai dolori richiamo spesso tale ricordo ed allora quanto si può soffrire in questo mondo mi sembra cosa da ridere. Siate dunque eternamente benedetto, o mio Dio, perché mi avete fatto provare nel modo più reale l'inferno, ispirandomi così il più vivo timore per tutto ciò che può ad esso condurre."
INVIDIA DIABOLICA
I demoni precipitarono all'inferno per il loro odio verso Dio e per la loro invidia nei confronti dell'uomo. E per questo odio e per questa invidia fanno di tutto per riempire gli abissi infernali. Col desiderio che si guadagnino il premio eterno, Dio ha voluto che gli uomini sulla terra fossero sottoposti a una prova: ha dato loro due grandi comandamenti: amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi. Essendo dotato di libertà, ognuno decide se obbedire al Creatore o ribellarsi a Lui. La libertà è un dono, ma guai ad abusarne! I demoni non possono violentare la libertà dell'uomo fino al punto di sopprimerla, possono però fortemente condizionarla. Lo scrivente, nel 1934, faceva gli esorcismi ad una bambina ossessa. Riporto un breve colloquio tenuto col demonio.
- Perché ti trovi in questa bambina? - Per tormentarla.
- E prima di essere qui, dov'eri? - Andavo lungo le vie.
- Che cosa fai quando vai in giro?
- Cerco di far commettere peccati alla gente. - E cosa ci guadagni?
- La soddisfazione di farvi venire all'inferno con me... Non aggiungo il resto del colloquio.
Dunque, per tentare le persone al peccato i demoni vanno in giro, in modo invisibile, ma reale. Ce lo ricorda San Pietro: "Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede." (1 Pt 5, 8-9). II pericolo c'è, è reale e grave, non va sottovalutato, ma c'è anche la possibilità e il dovere di difendersi. La vigilanza, cioè la prudenza, una vita spirituale intensa coltivata con la preghiera, con qualche rinuncia, con buone letture, con buone amicizie, la fuga dalle cattive occasioni e dalle cattive compagnie. Se non si attua questa strategia, non riusciamo più a dominare i nostri pensieri, gli sguardi, le parole, le azioni e... ine¬sorabilmente, nella nostra vita spirituale tutto franerà.
PARLA LUCIFERO
Nel libro 'Invito all'amore' è descritto un colloquio tra il principe delle tenebre, Lucifero e alcuni demoni. La Menendez così lo racconta.
"Mentre ero discesa all'inferno, udii Lucifero dire ai suoi satelliti: 'Voi dovete tentare e prendere gli uomini ognuno per il suo verso: chi per la superbia, chi per l'avarizia, chi per l'ira, chi per la gola, chi per l'invidia, altri per l'accidia, altri ancora per la lus-suria... Andate e impegnatevi più che potete! Spingeteli all'amore come lo intendiamo noi! Fate bene il vostro lavoro, senza tregua e senza pietà. Bisogna rovinare il mondo e far in modo che le anime non ci sfuggano'. Gli ascoltatori rispondevano: `Siamo tuoi schiavi! Lavoreremo senza riposo. Molti ci combattono, ma noi lavoreremo giorno e notte... Riconosciamo la tua potenza'. Sentii in lontananza come un rumore di coppe e di bicchieri. Lucifero gridò: 'Lasciateli gozzovigliare; dopo, tutto ci sarà più facile. Visto che amano ancora godere, finiscano il loro banchetto! Quella è la porta per cui entreranno'. Aggiunse poi cose orribili che non si possono dire né scrivere. Satana gridava rabbiosamente per un'anima che gli stava sfuggendo: 'Istigatela al timore! Spingetela alla disperazione, perché se si affida alla misericordia di quel... (e bestemmiava Nostro Signore) siamo perduti. Riempitela di timore, non lasciatela un solo istante e soprattutto fatela disperare'." Così dicono e purtroppo così fanno i demoni; la loro potenza, anche se dopo la venuta di Gesù è più limitata, è ancora spaventosa.