14/12/2024
Catechesi N. 507
A - Fratelli e sorelle, il Vangelo di oggi ci aiuta a rivedere il rapporto con i beni materiali e presenta due temi di diversa portata: il nostro rapporto con il denaro (Mt 6,24) e il nostro rapporto con la Provvidenza Divina (Mt 6,25-34).
B - Fratelli e sorelle eccoci all’evento più straordinario, la festa del Corpus Domini, cioè del Corpo e Sangue del Signore: attraverso questo sacramento, Gesù si rende presente in mezzo a noi, anzi, viene persino dentro di noi per unirci a sé e darci la sua vita divina!
C - Fratelli e sorelle, il giudizio nasce spontaneo in ogni persona, solo i cristiani comprendono che si può correggere ed evitare questo infelice atteggiamento che arreca danni spirituali e spesso non solo a chi pronuncia il giudizio, anche a chi lo subisce.
Dal Lunedì al Sabato ore 9,30 Santa Messa
Tutti i Lunedì sera ore 21 Preghiere di Intercessione e Sollievo delle Sofferenze.
Tutti i Venerdì sera ore 20,30 Santa Messa di Liberazione.
Domenica 5 Gennaio 2025 ore 15 la Catechesi, ore 16 Messa di Liberazione.
Ritiro Spirituale a Paestum in provincia di Salerno presso il Santuario Getsemani dal 10, 11 e 12 Gennaio con don Francesco e don Marcello
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+ VANGELO (Mt 6,24-34)
Non preoccupatevi del domani.
A - Fratelli e sorelle, il Vangelo di oggi ci aiuta a rivedere il rapporto con i beni materiali e presenta due temi di diversa portata: il nostro rapporto con il denaro (Mt 6,24) e il nostro rapporto con la Provvidenza Divina (Mt 6,25-34). I consigli dati da Gesù suscitano varie domande di difficile risposta. Per esempio, come capire oggi l'affermazione: "Non potete servire Dio e mammona" (Mt 6,24)? Come capire la raccomandazione di non preoccuparsi del cibo, della bevanda e del vestito (Mt 6,25)?
Matteo 6,24: Non potete servire Dio e mammona. Gesù è molto chiaro nella sua affermazione: "Nessuno può servire due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire Dio e mammona." Ognuno dovrà fare la propria scelta. Dovrà chiedersi: "Chi pongo al primo posto nella mia vita, Dio o il denaro?" Da questa scelta dipenderà la comprensione dei consigli che seguono sulla Provvidenza Divina (Mt 6,25-34). Non si tratta di una scelta fatta solo con la testa, bensì di una scelta di vita ben concreta che ha a che fare anche con gli atteggiamenti.
Matteo 6,25: Gesù critica la preoccupazione eccessiva per il mangiare e il bere. Questa critica di Gesù causa fino ai nostri giorni molto spavento nella gente, perché la grande preoccupazione di tutti i genitori è come procurarsi cibo e vestiti per i figli. Il motivo della critica è che la vita vale più del cibo e il corpo vale più del vestito. Per chiarire la sua critica, Gesù presenta due parabole: i passeri e i fiori.
Matteo 6,26-27: La parabola degli uccelli: la vita vale più del cibo. Gesù ordina di guardare gli uccelli. Non seminano, non raccolgono, ma hanno sempre da mangiare perché il Padre del cielo li alimenta. "Non contate voi, forse, più di loro!" Gesù critica il fatto che la preoccupazione per il cibo occupi tutto l'orizzonte della vita delle persone, senza lasciare spazio a sperimentare e gustare la gratuità della fraternità e dell'appartenenza al Padre. Per questo, il sistema neo-liberale è criminale perché obbliga la gran maggioranza delle persone a vivere 24 ore al giorno, preoccupandosi solo del cibo e del vestito, e produce ad una minoranza ricca assai limitata l'ansia di comprare e consumare fino al punto da non lasciare spazio a null'altro. Gesù dice che la vita vale più dei beni di consumo! Il sistema neoliberale impedisce di vivere il Regno.
Matteo 6,28-30: La parabola dei gigli: il corpo vale più del vestito. Gesù chiede di guardare i fiori, i gigli del campo. Con che eleganza e bellezza Dio li veste! "Ora, se Dio veste così l'erba del campo, non farà assai più per voi, gente di poca fede!" Gesù dice di guardare le cose della natura, perché così vedendo i fiori e il campo, la gente ricordi la missione che abbiamo: lottare per il Regno e creare una convivenza nuova che possa garantire il cibo e il vestito per tutti.
Matteo 6,31-32: Non essere come i pagani. Gesù riprende e critica la preoccupazione eccessiva per il cibo, la bevanda e il vestito. E conclude: "Di queste cose si preoccupano i pagani!" Ci deve essere una differenza nella vita di coloro che hanno fede in Gesù e di coloro che non hanno fede in Gesù. Coloro che hanno fede in Gesù condividono con Lui l'esperienza della gratuità di Dio Padre, Abba. Questa esperienza di paternità deve rivoluzionare la convivenza. Deve generare una vita comunitaria che sia fraterna, seme di una nuova società.
Matteo 6,33-34: Il Regno al primo posto. Gesù indica due criteri: "Cercare prima il Regno di Dio" e "Non preoccuparsi per il domani". Cercare in primo luogo il Regno e la sua giustizia significa cercare di fare la volontà di Dio e lasciare regnare Dio nella nostra vita. La ricerca di Dio si traduce, concretamente, nella ricerca di una convivenza fraterna e giusta. Dove c'è questa preoccupazione per il Regno, nasce una vita comunitaria in cui tutti vivono da fratelli e sorelle e a nessuno manca nulla. Lì non ci si preoccuperà del domani, cioè non ci si preoccuperà di accumulare.
Cercare prima il Regno di Dio e la sua giustizia. Il Regno di Dio deve stare al centro di tutte le nostre preoccupazioni. Il Regno richiede una convivenza, dove non ci sia accumulo, ma condivisione in modo che tutti abbiano il necessario per vivere. Il Regno è la nuova convivenza fraterna, in cui ogni persona si sente responsabile dell'altra. Questo modo di vedere il Regno aiuta a capire meglio le parabole degli uccelli e dei fiori, perché per Gesù la Provvidenza Divina passa attraverso l'organizzazione fraterna. Preoccuparsi del Regno e della sua giustizia è lo stesso che preoccuparsi di accettare Dio Padre ed essere fratello e sorella degli altri. Dinanzi all'impoverimento crescente causato dal neoliberalismo economico, la forma concreta che il Vangelo ci presenta e grazie alla quale i poveri potranno vivere è la solidarietà e l'organizzazione. Buona preghiera a tutti. Sia Lodato Gesù Cristo.
+ VANGELO Lc 9,11-17)
Tutti mangiarono a sazietà.
B - Fratelli e sorelle eccoci all’evento più straordinario, la festa del Corpus Domini, cioè del Corpo e Sangue del Signore: attraverso questo sacramento, Gesù si rende presente in mezzo a noi, anzi, viene persino dentro di noi per unirci a sé e darci la sua vita divina! Gesù stesso nell'ultima cena ha detto: questo è il mio Corpo! cioè, questo sono io; prendete e mangiatene tutti. Usa un imperativo d'amore: non dice se vuoi, se ti capita, se ti gira, ma prendete e mangiate: è Lui l'unico cibo della nostra anima!
L'Eucaristia è Dio fra noi! San Francesco d'Assisi nelle sue Ammonizioni scrisse: «O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori!». Quanti ignorano questo grandioso mistero; quante volte purtroppo l'Eucaristia è banalizzata dagli stessi cristiani: si entra in Chiesa distrattamente, dimenticando che il lumino acceso ci dice che lì nel Tabernacolo c'è Dio; non troviamo mai il tempo di passare a far visita a Gesù o fare un po' di adorazione, dove il Signore ci consola, risana le nostre anime con i raggi benefici del Suo amore e ci illumina sulle scelte da prendere.
Quante volte tanti, "illusi di credere", si vantano di non partecipare a Messa, membri dei "cattolici non praticanti"; quanti, cercando di colmare quel vuoto che si portano dentro, o cercando "soluzioni facili" alla morte si dimenticano dell'unico e vero "farmaco dell'Immortalità", che è Gesù: Chi mangia il mio corpo ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno! (Gv 6,54). O quanti ricevono l'Eucaristia in stato di peccato mortale, come se nulla fosse, vivendo abitualmente nell'ingiustizia, nell'ipocrisia, nella corruzione, nella sregolatezza delle passioni, nella divisione, con una vita totalmente incoerente, al punto che il Signore più che entrare in un cuore, per dirla con Santa Gemma, deve entrare in un "letamaio! " Oh se potessimo comprendere chi è quel Dio che riceviamo nella Comunione, quale purezza di cuore gli porteremmo! Esclamava Santa Maria Maddalena de' Pazzi!
E cosa ci rende capaci di fare l'Eucaristia? Di amare, di dare la vita come Gesù, diventando una cosa sola con Lui e tra di noi: «L'Eucaristia è istituita perché diventiamo fratelli; viene celebrata perché, da estranei ed indifferenti gli uni gli altri, diventiamo uniti, uguali ed amici; è data perché, da massa apatica e tra se divisa, se non avversaria, diventiamo un popolo che ha un cuor solo ed un'anima sola» (San Giovanni Paolo II).
Nel Vangelo Gesù ha predicato e guarito per tutta la giornata, perciò la sera i discepoli lo invitano a mandare tutti a casa: è tardi, vadano a procurarsi da mangiare; alla fine loro la cenetta l'avevano; era striminzita, ma per loro sarebbe bastata... Ma Gesù risponde loro dicendo: date voi stessi da mangiare! Un "fulmine" a ciel sereno! Sembra un comando contro il buon senso: scusa, ma che gli diamo a 5000 persone? Dategli voi stessi da mangiare.
Innanzitutto significa: dategli voi da mangiare, cioè non dite: sbrigatevela da soli. Sentitevi responsabili della loro vita. Iniziate voi a fare qualcosa! Gesù non rimane impassibile davanti ai bisogni delle persone, e così chiede di fare a noi, suoi discepoli, troppo spesso preoccupati solo di soddisfare noi stessi e al limite la nostra "famiglia". Ma abbiamo poco, è la risposta di tanti discepoli di oggi come di allora! A parte il fatto che spesso non abbiamo "così poco", ma a ben vedere, abbiamo belle case, auto, ipad, cellulari, mobili di classe... ma l'attaccamento al benessere ci benda spesso gli occhi... e comunque il Signore non ci chiede di risolvere da soli tutti i problemi sociali, o di sostituirci allo Stato, ma di porre in atto piccoli segni che hanno in sé una forza immensa: i segni dell'amore e della condivisione.
«Soltanto se si accetta questo coinvolgimento si può parlare di Vangelo! Questo significa che devono cambiare le relazioni fra te e gli altri, fra te e le cose. Tu sei responsabile dell'altro e perciò sei personalmente coinvolto nel suo bisogno. E le cose che possiedi - fossero soltanto cinque pani e due pesci - sono doni di Dio da godere con gli altri». Ma non solo; questa frase può anche significare: «date voi stessi da mangiare», cioè non date solo delle cose, ma date voi stessi, date il vostro amore, fate della vostra vita un dono per gli altri! Tuo figlio/a non ha bisogno di giocattoli, ha bisogno di te, del tuo tempo, del tuo affetto e del tuo amore! Tua moglie o tuo marito non ha bisogno della rosa per il compleanno, ha bisogno di te, del tuo ascolto, del dialogo; un malato ha bisogno del tuo tempo, di sentirsi pensato e voluto bene...
Insomma, non pensare solo a consumare la vita e a riempirti: tanti hanno fame d'amore, dunque fatti cibo per loro! Questa è la verità della tua vita: la vita è un dono che va donato! Se la tieni per te marcisce! La tua prima vocazione è amare! Gesù davanti alla nostra sofferenza non è rimasto inerme, ma si è sacrificato al punto da dare tutto se stesso, arrivando persino a farsi pane pur di stare con noi. Non importa se abbiamo poco, se sappiamo fare poco o se sappiamo poche cose; quello che interessa a Gesù è se vuoi mettere a disposizione ciò che hai e ciò che sei, per il bene degli altri! Buona preghiera a tutti. Sia Lodato Gesù Cristo.
+ VANGELO (Mt 7,1-5)
Togli prima la trave dal tuo occhio.
C - Fratelli e sorelle, il giudizio nasce spontaneo in ogni persona, solo i cristiani comprendono che si può correggere ed evitare questo infelice atteggiamento che arreca danni spirituali e spesso non solo a chi pronuncia il giudizio, anche a chi lo subisce.
“Non giudicate, per non essere giudicati”. Gesù si riferisce al giudizio cattivo, prevenuto, temerario e mette in guardia da questo velenoso peccato. A tutti piace non essere giudicati, quindi, come regola morale non bisogna mai permettersi di giudicare gli altri.
Molti sono abituati a giudicare con facilità e senza alcuna prova morale e questo si chiama giudizio temerario che equivale al peccato mortale.
A nessuno piace ricevere giudizi falsi e diffamatori, divulgati da persone cattive che presentano quasi sempre la componente della frustrazione dell’insuccesso personale, della delusione e di una insoddisfazione che brucia dentro.
Se queste persone incontrassero Gesù tutto cambierebbe nella loro vita, soprattutto con l’aiuto di un bravo Padre spirituale.
Uno dei più gravi problemi di questa società è il giudizio sempre pronto e un modo di sentenziare con il piacere di dire qualcosa su qualcuno. Anche inventandola. È come un gioco per tante persone pettegole, sempre pronte a non considerare gli errori che commettono esse.
È una debolezza quando si giudica con spontaneità e senza la volontà di distruggere la buona reputazione degli altri, in questi casi il cristiano comprende l’errore, comincia a controllare le sue parole e si astiene dai giudizi temerari, imprudenti, azzardati, non provati.
Il cristiano che si sforza di migliorare il suo cammino per restare vicino al Signore, è consapevole che giudicare gli altri è un atteggiamento sbagliato, causa danni innanzitutto alla sua vita spirituale e disonora persone probabilmente innocenti. Inoltre, non è il giudizio a rendere migliore la persona che sbaglia, semmai la preghiera umile e i Sacramenti.
Oggi mi soffermo sul giudizio temerario per la sua pericolosità.
Questo giudizio non viene emanato solitamente dai cristiani che pregano e non hanno un cuore cattivo, sia per la vicinanza a Gesù Eucaristia sia per la buona spiritualità raggiunta. Anche dinanzi a motivi validi non si avventurano più come in passato nel rilasciare valutazioni inventate, quindi non provate.
Si consideri sempre che ogni cristiano è in cammino verso la perfezione e non bisogna mai abbattersi se si cade nel giudizio, l’importante è rendersene conto dell’errore e cercare di rimediare. L’immediato rimedio è il perdono interiore da chiedere a Gesù per quanto detto di sbagliato, poi occorre riparare il giudizio scusandosi o chiedendo perdono alla persona colpita.
Infine, si cercherà di trovare il tempo per ricorrere alla Confessione e ricominciare in modo nuovo questo meraviglioso cammino di Fede.
Questo atteggiamento dei cristiani impegnati rallegra molto Gesù, mentre causano molta amarezza quanti amano distruggere la dignità altrui con calunnie e diffamazioni.
Quindi, il giudizio temerario viene emesso con facilità da quanti vivono lontani da Gesù e hanno un cuore duro, che hanno vissuto una vita amara, sono purtroppo aspri per natura. Sono persone che trasformano in acido e amaro tutto quello che ricevono e mutano il giudizio che emettono in assenzio! Essi riescono a giudicare il prossimo solo con micidiale asprezza.
Non condanno queste persone e spero che non se ne trovano tra voi Associati altrimenti non seguireste queste mie Catechesi fin troppo dirette ed intense. Tra voi conosco moltissimi lettori pieni di grande zelo e di sicura Fede. Spero di poter incontrare qui in Associazione quelli che ci conoscono tramite il sito, facebook e Youtube per conoscerci e dialogare con l’amore fraterno che ci ha indicato Gesù.
Però non dimentichiamo mai che il giudizio si sviluppa dalla facoltà di giudicare, di valutare, di distinguere persone o cose. Esiste un giudizio inteso come valutazione di qualcosa che esiste, e in modo estensivo si indica come senno, prudenza.
Un giudizio può anche implicare una presa di posizione distinta, un’opinione propria e non c’è alcuna relazione con la volontà di parlare male di qualcuno. Si ripetono spesso parole che indicano “il mio giudizio”, “secondo il suo giudizio”. Avviene quando ci si forma un’opinione che non intacca altre persone.
Formarsi un’opinione avviene spontaneamente, ma l’attenzione va posta sul preconcetto, normalmente formulato in base a pregiudizi.
È opportuno chiudere questa Catechesi con una spiegazione perfetta sulla coscienza morale e ricorro come sempre all’infallibile Catechismo di San Giovanni Paolo II del 1992.
«La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l'uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto.
È attraverso il giudizio della propria coscienza che l'uomo percepisce e riconosce i precetti della Legge divina.
La coscienza è una legge del nostro spirito, ma che lo supera, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e dovere, timore e speranza.
Essa è la messaggera di Colui che, nel mondo della natura come in quello della Grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo» (1778). Buona preghiera a tutti. Sia Lodato Gesù Cristo.