Aachetre

02/10/2022

Catechesi N. 436

A - Questa Santa che festeggiamo oggi non molto conosciuta nella Chiesa, è stata una grande. Nella sua autobiografia intitolata “Storia di un’anima”, che è appunto uno scritto autobiografico diretto a Madre Agnese di Gesù, nome religioso della sorella Paolina, riporta le confessioni più intime della sua esperienza spirituale e tanti ricordi che commuovono.
B - Due atteggiamenti colpiscono nei discepoli, la mancata comprensione delle parole di Gesù e la paura. Anche paura della morte che il Signore indica imminente per Lui, non è un annuncio che riguarda essi, ma lo stesso restano in uno stato di tensione, non tanto per mancanza di fiducia in Gesù, è l'annuncio stesso che li fa entrare in apprensione.
C - La prima lettura della Messa riporta il passo dell’Antico Testamento nel quale il Signore, su istanza di Mosè, che non si sentiva capace di portare da solo il peso di tutto il popolo, prese parte dello “spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani”.
D - Abbiamo visto che chi lavora seriamente per Gesù lo fa sempre nell’umiltà e con grande spirito di servizio.
Questo amore presente nella vita e nelle opere soprattutto dei Sacerdoti fervorosi, si può notare quando celebrano la Santa Messa, nell’omelia, nei consigli elargiti nella Confessione, nell’ansia apostolica di voler salvare le anime.
 
Dal Lunedì al Sabato ore 9,30 Santa Messa 
Lunedì sera ore 20,30 Preghiere di Liberazione
Tutti i Venerdì sera ore 20,30 Messa di Guarigione e Liberazione 
Domenica due Messe ore 10,30 e ore 17
 
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Aachetere1 
 
+ VANGELO (Lc 10,1-12) 
La vostra pace scenderà su di lui. 
A - Questa Santa che festeggiamo oggi non molto conosciuta nella Chiesa, è stata una grande. Nella sua autobiografia intitolata “Storia di un’anima”, che è appunto uno scritto autobiografico diretto a Madre Agnese di Gesù, nome religioso della sorella Paolina, riporta le confessioni più intime della sua esperienza spirituale e tanti ricordi che commuovono.
Oggi leggiamo qualcosa da questa opera che tanto bene ha fatto a milioni di credenti. Chiediamole di aiutarci a diventare piccoli.
«Quasi subito dopo il mio ingresso nell’Abbazia, ero stata ricevuta nell’Associazione dei Santi Angeli; mi piacevano molto le pratiche di devozione che essa imponeva, poiché provavo un’attrattiva particolare a pregare gli Spiriti Beati del Cielo e soprattutto quello che il buon Dio mi ha dato come compagno nel mio esilio. 
Qualche tempo dopo la mia prima Comunione, il nastro d’aspirante alle Figlie di Maria sostituì quello dei Santi Angeli, ma io lasciai l’Abbazia quando ancora non ero stata accolta nell’associazione della Santa Vergine. Essendo uscita prima di aver compiuto i miei studi, non avevo il permesso di entrare come ex allieva; confesso che questo privilegio non eccitava il mio desiderio, ma pensando che tutte le mie sorelle erano state “Figlie di Maria”, temetti di essere meno di loro figlia della mia Madre dei Cieli, e andai molto umilmente (benché mi costasse), a chiedere di essere ricevuta nell’associazione della Santa Vergine all’Abbazia. 
La prima maestra non volle rifiutarmi, ma mise come condizione che io rientrassi due giorni per settimana nel pomeriggio per dimostrare se ero degna di essere ammessa. Ben lungi dal farmi piacere, questo permesso mi costò moltissimo; non avevo come le altre ex allieve, una maestra amica con la quale passare varie ore; così mi contentavo di andare a salutare la maestra, poi lavoravo in silenzio per tutta la lezione di cucito o ricamo. 
Nessuno faceva attenzione a me, e così salivo alla tribuna della cappella, e rimanevo davanti al Santissimo fino al momento in cui Papà veniva a prendermi; era la sola consolazione: Gesù non era forse il mio unico amico? 
Non sapevo parlare che a Lui, le conversazioni con le creature, perfino le conversazioni pie, mi stancavano l’anima. 
Sentivo che è meglio parlare a Dio che di Dio, perché si mescola tanto amor proprio nelle conversazioni spirituali! 
Ah, proprio per la Santa Vergine soltanto venivo all’Abbazia... talvolta mi sentivo sola, molto sola, come nei giorni della mia vita di collegio quando passeggiavo triste e malata nel cortile grande, ripetevo le parole che mi facevano sempre rinascere nel cuore la pace e la forza: “La vita è la tua nave e non la tua dimora”. 
Già da piccolissima ritrovavo coraggio in questo verso; ancora oggi, nonostante gli anni che cancellano tante impressioni di pietà infantile, l’immagine della nave affascina l’anima mia e l’aiuta a sopportare l’esilio. 
Anche la Sapienza dice che: “La vita è come la nave che rompe le acque agitate e non lascia dietro sé traccia del proprio passaggio”. 
Quando penso a queste cose, l’anima mia s’immerge nell’infinito, mi sembra già di toccare la riva eterna. Mi pare di ricevere l’abbraccio di Gesù, di vedere la mia Madre del Cielo venirmi incontro con Papà... Mamma... i quattro Angeli... Credo di godere finalmente e per sempre della vera, dell’eterna vita in famiglia...
Prima di veder la famiglia riunita al focolare paterno dei Cieli, dovevo passare attraverso tante separazioni! L’anno nel quale fui accolta tra le Figlie della Vergine Santa, mi rapì la mia cara Maria, l’unico sostegno della mia anima... 
Era Maria che mi guidava, mi consolava, mi aiutava a praticare la virtù; era il mio solo oracolo. 
Senza dubbio, Paolina m’era rimasta bene addentro nel cuore, ma Paolina era lontana, così lontana da me! Avevo sofferto il martirio per assuefarmi a vivere senza lei, per accettare tra lei e me dei muri impenetrabili; ma finalmente avevo riconosciuto la triste realtà. 
Paolina era perduta per me, quasi allo stesso modo come se fosse morta. Mi amava ancora, pregava per me, ma, agli occhi miei, la mia Paolina cara era divenuta una Santa, la quale non doveva più capire le cose della terra; e le miserie della povera Teresa, se lei le avesse conosciute, avrebbero dovuto farla stupire e impedirle di amar tanto la sorellina. 
D’altra parte, quand’anche avessi voluto confidarle i miei pensieri come ai Buissonnets, non avrei potuto farlo, i “parlatori” erano riservati a Maria. Celina ed io avevamo il permesso di venire alla fine, appena in tempo per sentirci stringere il cuore... 
Così avevo realmente Maria sola, ella mi era indispensabile, dicevo i miei scrupoli unicamente a lei, ed ero tanto obbediente che il mio confessore non ha conosciuto mai la mia brutta malattia; gli dicevo soltanto il numero di peccati che Maria mi aveva permesso di confessare, non uno di più, e in tal modo avrei potuto passare per l’anima meno scrupolosa della terra, nonostante che lo fossi all’ultimo grado. 
Maria sapeva dunque tutto ciò che accadeva nell’anima mia, conosceva anche il desiderio di entrare nel Carmelo, e io l’amavo tanto che non potevo vivere senza lei. Ci sarebbe da scrivere ancora tanto ma mi fermo qui. Buona preghiera a tutti.
 
Aateres
 
+VANGELO    (Lc 9,43-45)
Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato. Avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
 
B - Due atteggiamenti colpiscono nei discepoli, la mancata comprensione delle parole di Gesù e la paura. Anche paura della morte che il Signore indica imminente per Lui, non è un annuncio che riguarda essi, ma lo stesso restano in uno stato di tensione, non tanto per mancanza di fiducia in Gesù, è l'annuncio stesso che li fa entrare in apprensione.
I discepoli non comprendono gli insegnamenti del loro Maestro anche per loro formazione ebraica, e risulta quasi impossibile sostituire in poco tempo una dottrina millenaria con un'altra che ancora non si comprende neanche bene.
Inizio dall'incomprensione degli insegnamenti. Pressoché impossibile era per i discepoli la comprensione delle parole di Gesù, non tanto perché nuove e rivoluzionarie, ma per la profonda spiritualità e di difficile intendimento.
Vi ho già spiegato che Gesù intenzionalmente parlava in parabole dinanzi a determinate persone anche per evitare di rendere più pesanti le loro colpe. Gesù questo lo cita quando ricorda le parole di Isaia: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto" (Mt 11,17).
Oggi ai cristiani si può dare la responsabilità di non voler comprendere il Vangelo Storico, per i discepoli che si trovavano vicini a Gesù ed ascoltavano, rimaneva molto difficile. Sembra un paradosso, ma la comprensione dei cristiani di oggi è stata facilitata da duemila anni di spiegazioni e commenti della Parola di Dio, senza dimenticare che la Risurrezione del Signore è l'evento che spiega tutto, ma i discepoli non potevano ancora comprenderlo.
Quando Gesù anticipava la sua morte imminente, causava paura e un fortissimo scombussolamento nei discepoli, ma in realtà li preparava ad eventi incomprensibili per la mente umana, soprattutto per la cultura ebraica. Non possiamo vedere con sorpresa la mancata comprensione dei discepoli attorno a Gesù se oggi sono centinaia di milioni i cristiani che non hanno compreso nulla del Vangelo.
Come non hanno compreso nulla quei Consacrati che tradiscono la Parola con manipolazioni e modernismi vari, per volgersi a quanto arriva dagli uomini. È inevitabile innamorarsi della Parola di Dio quando c'è il vivo desiderio di conoscerla, comprenderla e incarnarla nel cuore.
I laici hanno maggiori giustificazioni davanti a Dio quando non viene spiegata la sua Parola eterna. È veramente eterna e immutabile, lo afferma Gesù: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno"
(Mt 24,35).
Ogni parrocchia è un luogo di santificazione, ma questo molti lo hanno dimenticato. È un luogo di formazione, ma c'è molta distrazione ed è più facile operare nel sociale dove lo sforzo è minimo e i consensi sono garantiti.
Gesù chiede di preoccuparci principalmente dell'anima propria, delle anime per condurle verso la salvezza. Un invito che riguarda ogni genitore cristiano, esso ha il dovere di preoccuparsi dell'anima dei figli più di ogni cosa.
Parlare di anima oggi richiede anche coerenza e coraggio per non temere i risolini dei sapienti del mondo e di quanti vogliono smantellare la Parola di Dio. Noi abbiamo e avremo sempre il coraggio di testimoniare la Parola come la Chiesa l'ha insegnata in questi duemila anni.
Poi, troviamo la paura nei discepoli, è l'imponderabile che li assale e indebolisce un po’ la fiducia negli insegnamenti di Gesù. Troviamo la migliore spiegazione addirittura nelle domande di due Apostoli, poste la sera prima della crocifissione di Gesù e dopo tre anni di vita comune. Questo non giustifica nessun cristiano, oggi noi abbiamo duemila anni di spiegazioni Tommaso e Filippo pongono due domande prive dello Spirito di Dio e qui si vede che la Pentecoste deve ancora avvenire.
«Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Gli disse Gesù: "Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora Lo conoscete e Lo avete veduto".
Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che Io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: Io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse"» (Gv 14,5-11). Buona preghiera a tutti.
 
Aappagab
 
+ VANGELO (Mc 9,38-43.45.47-48) 
Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala. 
 
C - La prima lettura della Messa riporta il passo dell’Antico Testamento nel quale il Signore, su istanza di Mosè, che non si sentiva capace di portare da solo il peso di tutto il popolo, prese parte dello “spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani”.
Non appena lo spirito si posò su di essi, cominciarono a profetizzare.
Due di essi però non erano andati nella tenda dove erano riuniti gli altri e rimasero nell’accampamento. Questo atteggiamento urtò Giosuè e lo riferì a Mosè: “Mosè, mio signore, impediscili!”, indicando i due come indegni di ricevere lo spirito profetico. La risposta di Mosè fu sorprendente:
“Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”.
Il Vangelo della Messa ci riporta un fatto per certi versi simile. Giovanni si avvicinò a Gesù per dirgli che avevano visto uno che “scacciava i demoni” nel suo Nome. Dato che non apparteneva al gruppo che accompagnava il Maestro, glielo avevano proibito.
Gesù rispose ai suoi: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio Nome e subito possa parlare male di me”.
Gesù mette in guardia i discepoli contro ogni esclusivismo e spirito di fazione, e allarga loro l’orizzonte e il cuore in vista di un apostolato universale, vario e diverso. Noi cristiani non abbiamo la mentalità da “partito unico”, che porterebbe a rifiutare forme apostoliche differenti da quelle che ciascuno, per sua formazione e modo di essere, si sente chiamato a realizzare.
L’unica condizione entro la grande varietà di modi di condurre anime a Gesù è l’unità nell’essenziale, in ciò che appartiene alla Sana Dottrina della Chiesa. Il segno di autenticità e di vera spiritualità da rilevare in un gruppo o in una persona, è di capire se realmente si mantiene la comunione con la Sana Dottrina della Chiesa.
Se non c’è il vivo desiderio di santificarsi con la pratica delle virtù, di sicuro con difficoltà e cadendo anche spesso, non esiste il vero amore a Gesù. Molti credenti puntano sull’attività, sulle iniziative parrocchiali, dell’Associazione e su tante forme organizzative, dimenticando la cosa centrale, essenziale, vitale: l’adorazione di Gesù Eucaristia e la conoscenza della sua Persona!
È evidente che il lavoro, i periodi di riposo, le visite ad amici, lo sport, possono essere occasione per portare persone a Dio, tali devono essere anche le difficoltà che incontriamo in un ambiente più o meno apertamente contrario alla Fede.
Forse ci daranno modo di esercitare la carità, stimando o trattando bene anche coloro che non ci capiscono o ci trattano male.
Non reagiremo mai con durezza, non renderemo male per male. Quando sarà opportuno ci difenderemo, ma rispettando le persone. E cercheremo di insegnare, con tutti i mezzi possibili, che il motore che muove la nostra vita è la carità di Gesù. 
Ogni apostolato compiuto all’ombra della Croce è sempre fecondo. Buona preghiera a tutti.
 
Aache1an
 
+ VANGELO (Lc 9,46-50) 
Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande. 
 
D - Abbiamo visto che chi lavora seriamente per Gesù lo fa sempre nell’umiltà e con grande spirito di servizio.
Questo amore presente nella vita e nelle opere soprattutto dei Sacerdoti fervorosi, si può notare quando celebrano la Santa Messa, nell’omelia, nei consigli elargiti nella Confessione, nell’ansia apostolica di voler salvare le anime.
I fedeli non devono giudicare il Sacerdote che celebra la Messa in modo superficiale, semmai devono intervenire se succedono fatti non in linea con la Sacra Liturgia, se si diffondono eresie, se il Sacro viene intenzionalmente eliminato…
Bisogna parlarne con il Sacerdote e avvisare subito il suo Vescovo per aiutarlo e ripristinare la Sana Dottrina.
Qualche tempo fa ho letto una breve, ma intensa dichiarazione del Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti. In questa intervista condanna severamente le celebrazioni spettacolo e le liturgie modificate per compiacere i fedeli più mondani che spirituali.
Questa la sua espressione più tenera: “Basta con l’intrattenimento nelle liturgie, così non c’è più posto per Dio”.
«Il Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, nel corso di un intervento sull’Osservatore Romano, si è espresso in maniera dura nei confronti delle modifiche liturgiche che in molte Chiese vengono introdotte dai Sacerdoti.
“Su questi punti –scrive- l’insegnamento del Concilio Vaticano II è stato spesso distorto”. In particolare, Sarah ha affermato che “il celebrante non è il conduttore di uno spettacolo” riprendendo il pensiero di papa Francesco. 
“Non deve cercare il sostegno dell’assemblea, stando di fronte a loro come se le persone dovessero primariamente entrare in dialogo con lui. Al contrario, entrare nello spirito del Concilio significa stare nel nascondimento, rinunciare alle luci della ribalta”.
Il Cardinale Sarah chiede che si torni ad uno stile liturgico più tradizionale, in cui il Prete, invece di rivolgersi all’assemblea, si rivolga verso est, “ad orientem”, la direzione da cui Cristo arriverà durante la sua seconda venuta. 
“Contrariamente a quanto dicono alcuni talvolta, è in piena conformità con la costituzione conciliare che tutti, Prete ed assemblea, si girino insieme verso est durante il rito penitenziale, il canto del Gloria, le orazioni e la preghiera eucaristica, per esprimere il desiderio di partecipare all’opera di redenzione compiuta da Cristo. 
Questa pratica potrebbe essere reintrodotta innanzitutto nelle Cattedrali, dove la vita liturgica dovrebbe essere di esempio per tutti”. Inoltre, per Sarah, il secolarismo ha infettato la liturgia: “Una lettura troppo umana ha portato alla conclusione che il fedele deve essere costantemente occupato”.
Il Cardinale Sarah nota che troppo spesso il Sacerdote cerca di tenere alta l’attenzione dell’assemblea con modalità per nulla ortodosse. “Il modo di pensare occidentale, infarcito dalla tecnologia e deviato dai media, vorrebbe trasformare la liturgia in una vera e propria produzione da spettacolo. 
In questo spirito, molti hanno cercato di rendere le celebrazioni delle feste. A volte i Sacerdoti introducono nelle celebrazioni elementi di intrattenimento. Non abbiamo forse visto la proliferazione di testimonianze, scenette, applausi? 
Immaginano di allargare la partecipazione dei fedeli, mentre, nei fatti, riducono la liturgia ad una cosa del tutto umana. Corriamo il reale rischio di non lasciare spazio per Dio nelle nostre celebrazioni”.
Dai tempi antichi, la posizione del Prete e del popolo rifletteva questa comprensione della Messa, poiché la gente pregava, stava in piedi o in ginocchio nel posto che visibilmente corrispondeva al Corpo di Nostro Signore, mentre il Prete all’altare stava alla testa come la Testa (del Corpo).
Formavamo l’intero Cristo -Testa e membra- sia sacramentalmente tramite il Battesimo, sia con la nostra posizione e postura. Altrettanto importante: ciascuno, celebrante e congregazione, guardava la stessa direzione, poiché erano uniti con Cristo nell’offrire al Padre, l’unico, irripetibile ed accettabile Sacrificio di Cristo.
Quando studiamo le pratiche più antiche della Chiesa, troviamo che il Prete e la gente guardavano nella stessa direzione, di solito verso est, in attesa che quando Cristo tornerà, tornerà dall’Oriente. Alla Messa, la Chiesa teneva veglie in attesa di quel ritorno. Questa particolare posizione è chiamata “ad orientem”, che semplicemente significa “verso est”. Buona preghiera a tutti.
 
Aatesier
 
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